Auto, il governo corteggia Tesla come «secondo produttore in Italia» (dopo il no a Musk in Germania)
di Redazione Economia
In attesa di trovare un secondo costruttore di auto, l’Italia potrebbe presto avere un altro produttore di chip da affiancare a Stm. Secondo indiscrezioni, il governo sta per chiudere un accordo con Silicon Box, startup con sede a Singapore, per l’apertura di un sito produttivo nel Paese. L’investimento dovrebbe aggirarsi intorno ai 4-5 miliardi di euro, in parte sostenuto da contributi pubblici.
A metà febbraio il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha sottolineato che il governo italiano è pronto «a mettere a disposizione 4,75 miliardi di euro di incentivi su più anni per le multinazionali che vorranno insediarsi nel Paese e sviluppare progetti industriali legati alla microelettronica». L’entità dei sussidi e i contorni di questo progetto saranno più chiari lunedì, quando presenterà «un nuovo investimento in Italia di un’azienda leader nella microelettronica». Silicon Box, appunto.
di Redazione Economia
Non è detto che in quella sede sarà precisata anche la collocazione geografica della nuova fabbrica di chip. In lizza ci sono Piemonte, Lombardia e Veneto, le stesse località che in passato erano pronte a ospitare l’investimento, poi sfumato, dell’americana Intel. Al momento, stando alle voci che circolano fra gli addetti ai lavori, il Piemonte sarebbe in vantaggio sulle altre Regioni. Lo stabilimento di Silicon Box potrebbe sorgere nell’area di Novara che presenta diversi vantaggi dal punto di vista industriale e logistico. Sotto il primo profilo, la zona è densa di aziende della microelettronica e offre dunque un terreno fertile dal punto di vista professionale e tecnologico. Sotto il secondo aspetto, il novarese si trova al centro di uno snodo ferroviario dove — perlomeno sulla carta e nel lungo termine — dovrebbero incrociarsi i corridoi Genova-Rotterdam, Palermo-Berlino e Lisbona-Kiev.
La fabbrica di Silicon Box sorgerebbe infatti in Italia ma con l’obiettivo di servire clienti in tutta Europa. La startup è specializzata nell’assemblaggio dei « chiplet», minuscoli componenti (più piccoli di un virus) che svolgono ciascuno una funzione specifica e possono essere assemblati come mattoncini di Lego per assolvere compiti complessi. I chiplet sono la frontiera dell’innovazione e promettono un incremento della capacità computazionale, un minor consumo di energia e una maggior adattabilità alle esigenze delle aziende clienti.
di Massimo Sideri
I chiplet trovano applicazione in diversi settori industriali e per tecnologie quali l’intelligenza artificiale, i data center, i veicoli elettrici, gli smartphone e dispositivi elettronici indossabili. Sul loro sviluppo sono al lavoro tutti i giganti del settore come Apple, Intel, Amd, Nvidia e arrembanti startup come, appunto, Silicon Box. Fondata nel 2021 da veterani dell’industria dei chip, l’azienda dispone già di un impianto nella natìa Singapore che, dopo un investimento da 2 miliardi di dollari, ha avviato la produzione a ottobre dell’anno scorso. A gennaio la startup ha ricevuto 200 milioni di dollari di capitali da un gruppo di attori internazionali che comprende la britannica Presidium Capital, l’hedge fund americano Maverick, il colosso giapponese dell’elettronica Tdk e l’indiana Tata. F. Ber.
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