Il fondatore della Neuralink italiana: «Ora la sfida è capire se l'impianto è sicuro. Il punto forte di Musk? Non è la tecnologia»

Secondo Luca Berdondini, dell'Istituto Italiano di Tecnologia, ci sono buone possibilità che Telepathy funzioni con successo senza danni collaterali. «Il secondo passaggio sarà il più importante: dalla trasmissione dati alla creazione di stimoli»

(LaPresse) Si chiama Noland Arbaugh, ha 29 anni ed è diventato tetraplegico a causa di un incidente stradale. Su di lui è stato posizionato il primo impianto cerebrale di Neuralink, azienda statunitense fondata da Elon Musk. Questo gli permette di giocare a scacchi o a Civilization, il suo videogioco preferito, ma anche di prendere lezioni di giapponese e francese e di controllare il mouse di un computer da solo.
"Adoro giocare a scacchi e questa è una delle cose che mi avete permesso di fare e per cui non ero in grado negli ultimi anni. Dovevo usare un bastone per la bocca ma adesso posso farlo con il mio cervello", ha raccontato il ragazzo in un video pubblicato su YouTube da Neuralink. Assieme a lui c'era anche l'ingegnere Bliss Chapman. "Potete vedere il cursore muoversi nello schermo. Lo faccio io, è figo". "Una delle prime volte che mi avete dato completo controllo sono stato sveglio fino alle 6 del mattino, giocando a Civilization 6". "Ora sono telecinetico, è figo, è davvero figo, io e i miei amici siamo entusiasti", ha detto ancora il 29enne. "C'è ancora molto lavoro da fare ma ha già cambiato la mia vita. E credo che le persone che stanno pensando di prendere parte alle sperimentazioni sull'uomo o di trovare un modo di aiutare, di fare la propria parte...questa è la ragione per cui ho deciso di partecipare. Perché volevo solo aiutare, volevo essere parte di qualcosa che sento cambierà il mondo". 

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A circa due mesi dall'operazione, il primo essere umano a cui è stato impiantato nel cervello il chip Telepathy sta bene e sorride mentre dimostra come ora, grazie a questo piccolissimo impianto installato nei suoi tessuti celebrali, è in grado di giocare a scacchi o di controllare un computer con la «forza della mente», come la definisce lui. Neuralink, l'azienda fondata nel 2016 da Elon Musk, ha pubblicato un video su X che ha fatto il giro del mondo. Contribuendo ancora una volta a raccontare al grande pubblico le potenzialità di una tecnologia su cui in realtà stanno lavorando tante startup, aziende e poli di ricerca in giro per il mondo. Tra queste c'è l'italiana l'italiana Corticale, nata all'interno dell'Istituto Italiano di Tecnologia. Tra i suoi cofondatori c'è l'ingegnere, che lavora nelle neuroscienze da oltre vent'anni, Luca Berdondini, che osserva i progressi dei colleghi americani di Neuralink e vi vede molte cose positive, ma anche qualche rischio: «Musk ha portato luce su un settore che fino a poco tempo fa era sconosciuto al grande pubblico. E se oggi si parla con un venture capitalist o con un ente regolamentatorio, sa di cosa parla. E soprattutto in Italia, dove mancano persone competenti in questo settore specifico al di fuori della ricerca, è molto importante. Poi quando si ha a che fare con Musk, non sappiamo mai bene dove si va a finire. Per cui il rischio è che possa travolgere un settore intero e portarlo verso un'immagine negativa». 

Il fondatore di Corticale, la Neuralink italiana: «Ora la sfida è capire se l'impianto è stabile e sicuro. Il punto forte di Musk? Non è la tecnologia»

Luca Berdondini, neuroscienziato dell'Istituto Italiano di Tecnologia e cofondatore di Corticale

A che punto sono le sperimentazioni di Neuralink

La prima dimostrazione pubblica del funzionamento del chip Telepathy impiantato nel cervello di un essere umano - Noland Arbaugh, 29enne paralizzato dalle spalle in giù da 8 anni - arriva dopo un lungo periodo di ricerche che ha visto prima la sperimentazione su animali, poi l'iter per l'approvazione della Food and Droug Administration americana sui test su esseri umani. Arbaugh è il primo paziente, il primo volontario, ad aver subito l'operazione ed è un passaggio molto importante: «Quello che si sta facendo ora - spiega Berdondini - è cercare di capire come funziona il dispositivo, ma soprattutto se il dispositivo ha degli effetti avversi. Ci si sta concentrando in particolare sulla risposta dei tessuti e sulla stabilità dell'impianto nel tempo». Bisogna insomma capire se Telepathy, una volta installato nel cervello umano, è sicuro e utile. «Gli elettrodi, che sono dei piccoli fili molto flessibili, sono stati inseriti nel tessuto, il quale è stato dunque danneggiato. Questo può dar luogo a infiammazioni locali: quanto sono estese e quanto nel tempo potrebbe danneggiare altre cellule celebrali, o ridurre la possibilità di misurarne l’attività, è ciò che stanno verificando. Gli elettrodi di Telepathy hanno delle proprietà che riducono tantissimo la risposta del tessuto e dunque c'è una buona probabilità che tutto andrà bene. Poi ci sono altre limitazioni allo studio, come la durata della batteria o la tecnologia di trasmissione dei dati». 

Dalla registrazione allo stimolo

Non stiamo infatti parlando di telecinesi, ma di un controllo di dispositivi esterni che deriva dalla decodifica delle aree motorie della corteccia cerebrale. Continua Berdondini: «L'attività di queste aree genera i segnali di controllo che in modo natuale usiamo quando attiviamo i nostri muscoli. Questo chip permette di cogliere questi segnali e trasmetterli wireless all'esterno, dove vengono elaborati per attivare il cursore. Nel mondo scientifico è noto che questo si può fare, è già stato dimostrato, ma è notevole vedere il livello di integrazione raggiunto». Fin qui abbiamo parlato di tecnologia di registrazione: captare gli impulsi nervosi che provengono dal cervello e sfruttarli per ottenere un output, in questo caso il movimento del mouse sul computer. Ma il dispositivo di Neuralink è predisposto anche per poter rilasciare stimoli, ovvero per poter portare informazioni al cervello che una «periferica» del corpo non è più in grado di ricevere. In Neuralink, la sperimentazione clinica su questo ancora non è stata avviata, ma è un secondo importante passaggio: «Pensiamo al sistema visivo. Una persona cieca potrebbe beneficiare di una stimolazione controllata che codifica ciò che una camera digitale osserva». In altre parole, parliamo di ridare una qualche parvenza di stimolo visivo a qualcuno che non è più in grado di osservare il mondo attraverso i suoi occhi. Oppure si potrà usare per «creare ponti tra lesioni e questa è una grande sfida: portare questa tecnologia a un livello in grado di monitorare l'attività celebrale, decodificare l'intenzione di movimento e poi costruire ponti per le zone lese». Ovvero, permettere a una persona paralizzata di tornare a camminare, come è già dimostrato da una sperimentazione condotta dal Politecnico di Losanna e dal Policlinico Universitario di Losanna.

Il fondatore di Corticale, la Neuralink italiana: «Ora la sfida è capire se l'impianto è stabile e sicuro. Il punto forte di Musk? Non è la tecnologia»

Il chip Telepathy di Neuralink

I punti forti di Neuralink

Neuralink, grazie alle capacità e ai mezzi a dimostrazione del suo fondatore Elon Musk, può certamente contare su una vetrina pubblica di tutto rispetto. Che nessuna altra aziende nel settore è in grado di avere. «Ma ci sono altre aziende che sono in fase di test clinico, anche in Europa. Un esempio è la spagnola InBrain», puntualizza Berdondini. Poi c'è l'aspetto finanziario, che è fondamentale. Ma è un altro, secondo l'ingegnere italiano, il vero punto forte di Neuralink: «Se guardiamo alla tecnologia, non vedo, ad oggi, nessuna rivoluzione rispetto a ciò che conosco dal mondo della ricerca. Ci sono tanti laboratori nel mondo che fanno le stesse cose, ma lo fanno a pezzi. La forza di Neuralink è che ha saputo riunire tutte le competenze necessarie, mediche, ingegneristiche e normative». E, a proposito della normativa, Berdondini smentisce che negli Stati Uniti sia più facile il percorso di approvazione da parte delle autorità: «Le regolamentazioni sono diverse ma dure in entrambi i continenti. Ciò che cambia è l'ecosistema, un approccio di esposizione al rischio che negli Usa permette di trovare più facilmente investitori che scommettono su queste tecnologie. Noi in Europa siamo più lenti e spesso non riuscamo a sostenere questi sviluppi di innovazione, così le nostre aziende finiscono negli Usa. Ma non è una questione di regole, è l'insieme delle cose». 

Una tecnologia «consumer»?

Ad oggi, a Neuralink, ci si sta focalizzando sull'utilizzo di questa tecnologia per aiutare pazienti affetti da una forma di paralisi. Ma il motto che si legge sul sito dell'azienda è «Creare un'interfaccia cerebrale generalizzata per restituire l'autonomia alle persone con esigenze mediche insoddisfatte oggi e sbloccare il potenziale umano domani». Oggi sui pazienti, domani sulle persone, insomma. Una frase che lascia presagire che gli obiettivi di Musk siano molto più ambiziosi: «Faccio molta fatica a capire come questa tecnologia possa arrivare su uomini e donne sane perché necessita di una operazione chirugica e dunque di una autorizzazione regolamentatoria - spiega il neuroscienziato - Una prospettiva può essere di giustificare l'impianto in un contesto di prevenzione». Altre possibilità sono invece, al momento, solo fantascienza. «Se fossero sicure e non ci fossero pericoli non possiamo però escludere che ci potranno essere persone a dire "perché no?"». 

Il fondatore di Corticale, la Neuralink italiana: «Ora la sfida è capire se l'impianto è stabile e sicuro. Il punto forte di Musk? Non è la tecnologia»

Questione di elettrodi

C'è comunque una questione etica molto importante sulla destinazione d'uso di tecnologie come Telepathy. Lo statuto di Corticale, la startup di Berdondini, per esempio dichiara in modo fermo che gli impianti che si stanno sviluppando sono da usare esclusivamente in campo medico: «Noi abbiamo una tecnologia ancora in studio a livello di sperimentazione animale che stiamo cercando di portare sull’uomo. Sviluppiamo applicazioni simili legate al controllo motorio ma non facciamo competizione a Neuralink perché la tecnologia è molto diversa perlomeno in questo primo prototipo. Neuralink ha 64 impianti per 1024 elettrodi. Il nostro permette di installare 1024 elettrodi con un singolo impianto. La scorsa settimana ero a una conferenza americana e gli stessi colleghi di Neuralink riconoscono il livello avanzato della nostra tecnologia». Ma c'è quella autolimitazione a livello applicativo, data dalla forte etica che guida questa azienda, da ricordare: «Il nostro obiettivo sono solo ed esclusivamente i pazienti», conclude Berdondini.

23 marzo 2024 ( modifica il 23 marzo 2024 | 15:04)

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