Ganna-Pogacar, 35 minuti di dolore per battere lo sloveno e rompere il digiuno
La Castiglione delle Stiviere-Desenzano del Garda, 14ª tappa del Giro 107, è stata un dialogo tra due giganti: Ganna e Pogacar. Lo sloveno ha tenuto il ritmo di Ganna che ha 20 chili in più di lui
Sul van che ospita le conferenze stampa post tappa dei vincitori del Giro d’Italia, al centro del tavolo e di fronte a una piccola folla di cronisti, Pippo Ganna racconta con gli occhi umidi quanto lavoro, quanto dolore e fatica gli sia costato tornare alla vittoria dopo 256 giorni di digiuno e per di più nella sua cronometro in un ciclismo sempre più ferocemente competitivo. A bordo tavola, di fronte a una gamella di riso condita di una improbabile salsa rosa come la sua maglia, Tadej Pogacar rumina indifferente un paio di etti di carboidrati per recuperare le forze.
Ci sono corse ciclistiche che meritano un racconto corale, la Castiglione delle Stiviere-Desenzano del Garda, 14ª frazione del Giro 107, è stata un dialogo tra due giganti che ha oscurato le altre 150 spalle. Ingannando il tempo sul palco in attesa della maglia rosa con il sodale olimpionico Jonathan Milan, Pippo Ganna ha descritto 35 minuti di dolore in gara (a 53,4 km all’ora) e due ore di sofferenza prima di poter gioire, quelle che l’hanno separato all’arrivo del Marziano. Pogacar non «sarà andato a tutta nel finale, per economizzare le forze» come giura, ma al primo intertempo si era permesso di rubare 4” al nostro corazziere cedendogli poi 14” nella seconda parte e altri 18’’ nella terza.
Alla fine lo sloveno ha incassato 29” dal piemontese, tutti gli altri ben oltre il minuto: Thomas a 1’14”, Tiberi (bravo) a 1’19”, O’Connor a 1’25”, Martinez più lontano, a 1’45”, costretto a cedere il terzo posto in classifica generale al gallese della Ineos. Il lavoro di Pogacar sulla cronometro lo scorso inverno (il suo unico punto debole verso la divina perfezione ciclistica) «è stato lungo, pieno di piccoli aggiustamenti progressivi e non ancora terminato» per arrivare, come lo sloveno dichiara ormai apertamente, a raggiungere l’apice al prossimo Tour de France onde vendicarsi della doppia sconfitta subita da Vingegaard prima che il danese si facesse molto male nei Paesi Baschi.Il risultato è straordinario: sfruttando le ondulazioni iniziali a lui favorevoli, il fuscello sloveno ha tenuto il ritmo di Ganna che conta su 20 chili e di muscoli e 80 watt in più di lui.
Non potendo stravolgere un fisico esile (sarebbe errore dagli esiti drammatici per un grimpeur), Poga ha lavorato enormemente sulla posizione in bici, abbassando la testa, chiudendo i gomiti e accorciando il tempo di rivoluzione della pedaliera, guadagnando così molti watt a parità di cilindrata e struttura tanto da meritarsi l’applauso a scena aperta di Ganna che ha voluto «ringraziare chi mi ha costretto a spingere così avanti i miei limiti per poterlo battere».
La classifica del Giro appare segnata come non lo era dal 1990 del magico Gianni Bugno (Thomas a 3’41”, Martinez a 3’56”, O’Connor a 4’35” e Tiberi a 5’17”) e oggi la carovana per digerire l’overdose di acido lattico affronterà una delle tappe più dure e lunghe degli ultimi anni: 222 chilometri da Manerba del Garda verso il Mottolino di Livigno (siamo a 2.385 metri, rampe finali al 19%) ma superando prima Colle San Zeno, il leggendario Mortirolo dal fronte più morbido (eufemismo) di Monno e tanto per gradire anche il lunghissimo Foscagno.
Per arrivare al riposo di domani a Livigno bisognerà sciropparsi quasi 5.ooo metri di dislivello, freddo e fatica estrema. Il gruppo implora Poga di evitare colpi di matto che mettano tutti a rischio di fuori tempo massimo, lo sloveno prova a rassicurare i colleghi spiegando che per il «pugno del ko bisognerà aspettare il Monte Grappa di sabato, l’ultima epica salita». Nessuno chiaramente si fida e stamattina negli alberghi gardesani oltre che di carboidrati tutti abbonderanno anche di preghiere.