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Così i vertici di Hamas si nascondono dalle forze israeliane (usando lo stesso metodo di Osama bin Laden)
Nascosti a Gaza i responsabili del movimento sono diventati il principale bersaglio delle forze israeliane, cercati con la ricognizione elettronica, i droni, gli informatori, le offerte di taglie. Ma fino ad oggi sono riusciti a sottrarsi alla cattura con regole di sicurezza strette, buoni rifugi nei tunnel (cos� dicono), cautela. Le gallerie sono dotate di linee telefoniche fisse, aggiornate nel corso degli anni dai tecnici palestinesi, una rete che ha subito qualche danno ma � rimasta comunque attiva. In alcune occasioni i militanti si sono serviti di apparati criptati, per� il metodo preferito � quello di ordini portati a mano da uomini di fiducia. Un metodo impiegato per restare �collegati� ai comandanti delle Brigate impegnate nelle varie aree della Striscia e, poi, con la dirigenza in esilio, impegnata sul fronte diplomatico.
L’avanzata dell’esercito israeliano, unita ai bombardamenti intesi, ha creato qualche problema. In alcune occasioni – hanno scritto i media – la catena di comunicazione si � interrotta, specie con i mujaheddin schierati a nord. Altre difficolt� sono emerse nel mantenere il �filo� tra Yahya Sinwar e i suoi colleghi all’estero. Sono stati i mediatori qatarini a sostenere che per ottenere una risposta era necessario aspettare anche 48 ore. Un ritardo imposto dalle operazioni belliche a Gaza e dalla scelta del numero uno di evitare il ricorso al telefono. Sono ricostruzioni attendibili ma che possono anche fare parte della �nebbia di guerra�, una cortina per confondere.
Un modus operandi analogo venne adottato da Osama bin Laden, rimasto in �silenzio radio� per anni. Quando gli americani lanciarono un grande rastrellamento nella regione di Tora Bora, al confine tra Afghanistan e Pakistan, si disse che il capo di al Qaeda avesse consegnato il suo satellitare ad un mujahed marocchino, la �lepre� che doveva farsi inseguire dai �battitori�, un depistaggio elettronico. Poi, una volta stabilitosi nella cittadina pachistana di Abbottabad il terrorista ha mantenuto un’estrema prudenza, scrivendo testi e documenti poi consegnati ad un paio di messaggeri.
L’avanzata dell’esercito israeliano, unita ai bombardamenti intesi, ha creato qualche problema. In alcune occasioni – hanno scritto i media – la catena di comunicazione si � interrotta, specie con i mujaheddin schierati a nord. Altre difficolt� sono emerse nel mantenere il �filo� tra Yahya Sinwar e i suoi colleghi all’estero. Sono stati i mediatori qatarini a sostenere che per ottenere una risposta era necessario aspettare anche 48 ore. Un ritardo imposto dalle operazioni belliche a Gaza e dalla scelta del numero uno di evitare il ricorso al telefono. Sono ricostruzioni attendibili ma che possono anche fare parte della �nebbia di guerra�, una cortina per confondere.
Un modus operandi analogo venne adottato da Osama bin Laden, rimasto in �silenzio radio� per anni. Quando gli americani lanciarono un grande rastrellamento nella regione di Tora Bora, al confine tra Afghanistan e Pakistan, si disse che il capo di al Qaeda avesse consegnato il suo satellitare ad un mujahed marocchino, la �lepre� che doveva farsi inseguire dai �battitori�, un depistaggio elettronico. Poi, una volta stabilitosi nella cittadina pachistana di Abbottabad il terrorista ha mantenuto un’estrema prudenza, scrivendo testi e documenti poi consegnati ad un paio di messaggeri.