Toti-pm, il duello nelle carte del verbale: finanziamenti illeciti o interesse pubblico?
Nell'interrogatorio il governatore conferma i passaggi dei magistrati ma rifiuta la tesi della corruzione. Clima cordiale e pausa pranzo con focaccia mangiata tutti insieme
Nel lungo interrogatorio di giovedì le squadre in campo hanno uno schema diverso solo in una strategia determinante. Da una parte la Procura che accusa Giovanni Toti di aver accettato le richieste dell’imprenditore Aldo Spinelli, di avergli chiesto finanziamenti, di aver brigato e fatto pressioni per lui incassando i suoi soldi (74 mila euro in tre anni). Dall’altra parte il governatore ai domiciliari per corruzione che conferma i passaggi tranne uno: faceva per Spinelli ciò che era nell’interesse generale della Liguria e non per i fondi che l’imprenditore versava, come altri, rispettando le regole.
Otto ore di domande in un clima cordiale. Pausa pranzo con focaccia tutti insieme: i pm Federico Manotti, Luca Monteverde ed l’aggiunto Ranieri Miniati, l’indagato Toti e il suo legale, l’avvocato Stefano Savi. La prima delle 167 domande dei magistrati (alle quali il governatore risponde anche con dei «non ricordo») è sulla promessa di 400 voti per le Regionali 2022 fatta in nome della comunità dei genovesi provenienti da Riesi (Caltanissetta) al capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, in cambio di qualche posto di lavoro dai fratelli Arturo Angelo e Italo Maurizio Testa. Chiedono i pm perché chiese a Cozzani di mettersi in contatto con il deputato di FI Alessandro Sorte. I riesini «erano stati segnalati — risponde — dagli onorevoli Sorte e Benigni (Stefano, FI, ndr) (...) ne parlai con Ilaria Cavo (oggi deputata di Italia al centro, ndr)».«Cavo mi disse che si era incontrata con i Testa (…) e che non le erano piaciuti». Infatti, nelle intercettazioni prende le distanze da loro. Toti conferma di aver chiesto ai Testa i voti per la sua lista durante una cena elettorale, ma «non ho mai immaginato un collegamento diretto tra voti e posti di lavoro».
Si passa alla privatizzazione (mai avvenuta) della spiaggia di Punta dell’Olmo a Varazze (Savona) che Spinelli sognava per valorizzare un suo complesso residenziale. I pm chiedono di un incontro con lui nel 2020 durante il quale Toti telefonò all’assessore regionale per risolvere la questione. Il governatore conferma, ma lo fece perché la sua «politica è di agevolare le richieste» delle imprese. Non fu un ordine, solo un «mero indirizzo».
Il presidente dell’Autorità portuale di Genova Paolo Signorini, uomo di Toti, ha avuto un ruolo decisivo nella proroga di 30 anni della concessione del terminal Rinfuse per la quale Spinelli avrebbe versato 40 mila euro ai comitati di Toti. A settembre 2021 Toti chiamò Signorini, che aveva bloccato l’iter della pratica, esortandolo, sottolinea l’accusa, a chiuderla «il prima possibile». Lo ha fatto, spiega ai magistrati, perché «è doveroso per la pubblica amministrazione evadere le richieste velocemente». Non furono pressioni nemmeno quelle che, dice la Procura, esercitò su Giorgio Carozzi, rappresentante della città di Genova nell’Autorità, che si opponeva alla proroga. Toti, su richiesta di Spinelli, chiamò il sindaco Marco Bucci per chiedergli di «raddrizzare» Carozzi. E nessuna forzatura nemmeno c’è stata nei confronti di Andrea La Mattina, componente dell’ Authority per la Regione: «Gli dissi come fosse interesse preminente di tutti gli enti territoriali, Regione compresa, portare avanti questi progetti».
Quando gli viene contestata la telefonata in cui dice a La Mattina che su quella questione «era tutto allineato» con Signorini e Bucci, spiega che intendeva dire che si trattava di «un piano concordato dagli enti territoriali e non era giusto che si opponesse a quanto deciso a livello politico». Aveva compreso che la proroga fece aumentare enormemente il valore di Rinfuse che Spinelli intendeva vendere?, chiedono i pm. «No, perché non sapevo ci fosse una trattativa di vendita», risponde. Anche in quell’occasione chiese un finanziamento: «Non ricordo, ma è possibile. Il gruppo Spinelli sostiene i miei comitati dal 2015», ammette senza difficoltà il governatore, ma tra il suo intervento e i fondi «non c’era alcuna correlazione». Era dicembre 2021, ai comitati arrivarono i 40 mila euro.
C’è anche l’accusa di corruzione per gli spot pagati da Esselunga, ma usati per la campagna elettorale a sindaco di Bucci, che sono costati la stessa imputazione all’ex amministratore della catena di supermercati Francesco Moncada, che avrebbe voluto facilitare le pratiche edilizie di due punti vendita. Con Moncada nessun accordo corruttivo. «Per noi un obiettivo politico preminente» era «favorire l’ingresso di nuovi soggetti nel mondo della distribuzione», argomenta Giovanni Toti. «Avevamo chiesto un aiuto a Esselunga per la campagna elettorale. Non so come di concreto si è estrinsecato». Una delle ultime domande si riferisce all’intercettazione con Bucci in cui dice che «bisogna fare il giro di tutti i grandi del porto». Per chiedere soldi?, domandano i pm. Toti risponde: «Per ragionare dei piani di sviluppo, non per parlare dei finanziamenti».
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