Taiwan, sfida a tre. Ecco perché il voto di domani influirà sul mondo
TAIPEI - Una poltrona per tre. Una prima volta per la piccola Taiwan che domani (sabato 13 gennaio) va alle urne per eleggere un nuovo presidente e un nuovo Parlamento. Oltre alla tradizionale corsa tra il Partito democratico-progressista (Dpp), al governo dell’isola da otto anni, e il Kuomintang (Kmt), lo storico partito che fu del Generalissimo Chiang Kai-shek più incline al dialogo con la Cina, c’è un terzo incomodo quest’anno che prova a sparigliare le carte: il Partito popolare (Tpp) che cerca di capitalizzare il voto dei più giovani. Elezioni cruciali, ora più che mai, per capire che direzione prenderanno i rapporti tra le due sponde dello Stretto e quali ripercussioni avranno per le due superpotenze globali, Cina e Stati Uniti: Pechino - che da oltre 70 anni rivendica l’isola, “provincia ribelle” da unificare alla madrepatria con le buone o con le cattive - e Washington, “garante” della vecchia Formosa a cui continua a vendere armi per migliorare le proprie difese. Ecco chi sono i candidati, le loro ricette e le implicazioni geopolitiche globali.
Lai Ching-te, la bestia nera di Pechino
Sessantaquattro anni, ex medico, studi ad Harvard, prima di diventare vicepresidente dell’isola nel 2020 è stato deputato e sindaco per due mandati di Tainan, città nel Sud. In passato si definiva un sostenitore dell'indipendenza, ora ha smussato le sue posizioni più radicali e dice di essere disposto a dialogare con Pechino, a patto che le condizioni siano adeguate. “Siamo già una nazione sovrana e non c’è bisogno di dichiarare una formale indipendenza. Vogliamo mantenere lo status quo: è interesse del mondo intero”. Pechino definisce il candidato del Dpp un “grave pericolo”. Se eletto, Lai si affiderà all'America per rafforzare la fragile sovranità di Taiwan. Ha promesso di ridurre la sua dipendenza economica dalla Cina: spera che l’isola possa firmare più accordi commerciali con l'estero e stringere più "partnership con le democrazie di tutto il mondo". Ma afferma di essere ancora aperto al dialogo con la grande potenza al di là dello Stretto. Dialogo che tra Pechino e il Dpp non esiste da otto anni.
Hou Yu-ih, l’ex super-poliziotto
I sondaggi mostrano che Lai è in vantaggio sul candidato del Kmt Hou You-ih tra i 3 e gli 11 punti percentuali. Ma le ultime rilevazioni ammesse dalle regole elettorali risalgono a dieci giorni fa e c'è dunque ancora la possibilità di qualche sorpresa. Figlio di un venditore di carne di maiale nella contea di Chiayi, sulla costa occidentale, il 66enne Hou è stato capo della polizia dell’isola e attualmente sindaco in aspettativa, molto popolare, di Nuova Taipei. Candidato dal Kuomintang, il partito più incline al dialogo con la Cina, che pur vuole mantenere lo status quo. Kuomintang che ha ripetuto in questa campagna la narrativa di Pechino: un voto per il Dpp porta alla guerra. L’ex super-poliziotto che sogna di diventare presidente presenta la sua strategia delle tre D: deterrenza, dialogo e de-escalation. Si dice contrario ad una dichiarazione formale di indipendenza, rifiuta la formula di Pechino "un Paese, due sistemi”, la stessa di Hong Kong. “Ma con la Cina però bisogna parlare, e noi siamo gli unici in grado di farlo”. Dice che la salvaguardia della Repubblica di Cina, lo Stato che il Kmt ha portato a Taiwan nel 1949 dopo la sconfitta dei nazionalisti nella guerra civile cinese (e che è ancora il nome ufficiale dell’isola), sarà il suo impegno costante. Pur essendo esperto di governance locale e questioni di sicurezza, Hou ha molta meno esperienza sulla scena internazionale. Pechino preferirebbe di gran lunga una vittoria del Kuomintang.
Ko Wen-je, il chirurgo amato dai giovani
Terzo incomodo è Ko Wen-je. Ex sindaco della capitale Taipei, prima di entrare in politica dieci anni fa faceva il chirurgo. Dopo aver oscillato tra i due principali partiti, nel 2019 ha fondato il Tpp, partito centrista dalle ricette populiste. Che sta guadagnando terreno tra i più giovani. Mentre il Dpp inquadra il voto come una scelta tra "democrazia e autocrazia" e il Kmt dice che è una questione di "guerra o pace", Ko afferma che le elezioni sono una competizione tra "nuova e vecchia politica”. La tradizionale base di sostegno di Ko è nel nord del Paese, grazie al periodo in cui è stato un popolare sindaco indipendente di Taipei per otto anni. La sua popolarità (ha oltre un milione di follower su Instagram) resiste nonostante le sue frequenti gaffe. A ottobre dello scorso anno ha paragonato le relazioni tra le due sponde dello Stretto al cancro alla prostata: metafora sulla necessità di coesistere con i propri nemici. Ed è stato criticato in passato per diversi commenti misogini.
La posta in gioco: i rapporti con la Cina ma non soltanto
Le elezioni determineranno il livello delle tensioni nello Stretto negli anni a venire. Se il Dpp dovesse rimanere al potere, Pechino continuerà a fare pressioni con esercitazioni militari ed economiche. Una vittoria di uno dei due sfidanti potrebbe attenuare le tensioni con Pechino, almeno per un po’. Nonostante Pechino mostri i muscoli, qualsiasi azione militare esplicita avrebbe un costo enorme però per la Cina stessa. Lo Stretto di Taiwan gioca un ruolo fondamentale negli scambi commerciali della Cina con il mondo. Bloomberg Economics ha calcolato in 10mila miliardi di dollari il costo potenziale per l'economia mondiale. E Taiwan ha un'enorme importanza strategica come centro di produzione di alcuni dei semiconduttori più avanzati al mondo.
Per gli elettori taiwanesi non c’è solo la questione Cina in agenda: ma il rallentamento dell’economia, il costo delle case, i salari, l’educazione. La priorità per le questioni economiche è molto forte tra gli elettori sotto i 40 anni.
Il triangolo Taipei-Pechino-Washington
Una vittoria di Lai potrebbe anche aggravare gli attriti tra Cina e Stati Uniti per il sostegno di Washington a Taiwan. Pechino ha ripetutamente accusato l'amministrazione Biden di "connivenza e sostegno alle forze separatiste 'indipendentiste di Taiwan’". Questo metterebbe a dura prova la fragile distensione delle tensioni bilaterali che il presidente Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping hanno mediato nel loro incontro a San Francisco a novembre. Un'eventuale intensificazione dell'intimidazione militare cinese attraverso lo Stretto di Taiwan potrebbe alimentare le richieste di Capitol Hill per un maggiore sostegno militare degli Stati Uniti a Taiwan. La questione di come gestire i rapporti con la Cina sta dominando l'ultimo tratto della campagna elettorale. Sebbene Taiwan abbia vissuto a lungo sotto la minaccia di un'invasione cinese, le tensioni sono aumentate negli ultimi anni.
Come funzionano le elezioni?
I seggi sono aperti dalle 8 alle 16 (ora locale). Per le elezioni presidenziali, al vincitore basta una maggioranza semplice per vincere. Non è previsto il ballottaggio. Per il Parlamento, lo Yuan legislativo, ogni elettore ha due schede, una per il candidato del proprio distretto locale e l'altra per un partito. Ci sono in totale 113 seggi nello Yuan legislativo. La soglia di sbarramento per entrare in Parlamento è del 5%. Circa 19,5 milioni di cittadini di Taiwan hanno diritto al voto su una popolazione di oltre 23 milioni. Gli elettori devono avere almeno 20 anni. Durante le ultime elezioni presidenziali e parlamentari del 2020, l'affluenza alle urne si è attestata intorno al 75%. Il nuovo presidente entrerà in carica il 20 maggio. Il mandato presidenziale è di quattro anni e un presidente può esercitare un massimo di due mandati consecutivi. Il presidente di Taiwan è il comandante in capo delle forze armate e nomina il premier.
Il nodo legislative
Le elezioni parlamentari, che si terranno lo stesso giorno, potrebbero concludersi senza che nessun partito ottenga la maggioranza. Ciò minaccerebbe uno stallo su grandi questioni molto polarizzanti come la spesa per la difesa e il commercio tra le due sponde dello Stretto.
Il contesto storico: di chi è Taiwan?
Nell’isola che non c’è, la vecchia Formosa come la battezzarono i portoghesi nel XVI secolo, nel 1949 - dopo la guerra civile combattuta tra comunisti e nazionalisti - le truppe sconfitte del Generalissimo Chiang Kai-shek trovarono riparo. Una ritirata che doveva essere soltanto temporanea, per poi riorganizzarsi e andare a rovesciare la Repubblica popolare cinese la cui nascita Mao proclamò dal balcone della Porta della Pace Celeste a Tienanmen il primo ottobre del 1949. Non andò così. L’isola scivola verso l’autoritarismo fascista del leader del Kuomintang. E nel 1971 perde il suo posto al Consiglio di sicurezza dell’Onu: la diplomazia del ping pong tra Usa e Cina aveva fatto effetto e da allora sono i comunisti ad essere riconosciuti come gli unici legittimi rappresentanti della Cina.
L’ambiguità strategica degli Usa
Nel 1979 gli Usa approvano comunque il Taiwan Relations Act, che accorda a Taipei un trattamento alla pari, sostanzialmente, di qualsiasi altro Stato pur in assenza di relazioni diplomatiche formali. È la politica dell’ambiguità strategica che permette a Washington di mantenere lo status quo tra i due vicini e porsi come “garante” dell’isola continuando a vendere armamenti all’esercito taiwanese, senza però far scattare nessun automatismo di un eventuale intervento militare americano in caso di aggressione dell’isola da parte dell’Esercito di liberazione popolare cinese. Tutto ciò fa di Taiwan uno dei maggiori punti di rottura nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina.