Gli Usa «pre-avvertiti» dell'attacco:«Ma non abbiamo dato alcun via libera». E ora si teme un'ulteriore risposta
Nella giornata di giovedì ci sono state due telefonate tra funzionari americani e israeliani. Gli Stati Uniti avevano più volte invitato Netanyahu alla «cautela»: e secondo alcuni analisti la risposta scelta da Israele potrebbe essere «un allentamento dell'escalation»
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – Gli Stati Uniti erano stati pre-avvertiti con diverse ore di anticipo dell’attacco israeliano, che - secondo le prime informazioni - sembra avere avuto come bersaglio una base militare iraniana a Isfahan.
«Non siamo sorpresi», ha detto una fonte dell’amministrazione Usa ai media americani.
Nel corso della giornata di giovedì 18 aprile c'erano state due occasioni di dialogo tra l’amministrazione Biden e gli israeliani: una telefonata tra il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan e alti funzionari israeliani, cui avevano partecipato anche funzionari del dipartimento di Stato Usa, e un’altra telefonata tra il capo del Pentagono Lloyd Austin e il suo omologo Yoav Gallant. Austin e Gallant avevano parlato delle «minacce regionali e le azioni destabilizzanti dell’Iran nella regione» oltre che di Gaza, ha detto un portavoce.
Secondo diverse fonti, quando Israele attaccò l’ambasciata iraniana a Damasco il 1° aprile, gli americani erano stati invece avvertiti solo pochi minuti prima. Due giorni dopo lo stesso Austin se ne sarebbe lamentato direttamente con Gallant, poiché l’attacco metteva le forze Usa nella regione e lo scarso preavviso non aveva dato loro la possibilità di rafforzare la difesa.
Non c’è stata nessuna conferma ufficiale della Casa Bianca sull'attacco, un segnale del fatto che questa è una operazione israeliana e non americana. Fonti della Casa Bianca sottolineano alla stampa che il fatto di essere stati informati non vuol dire che gli Stati Uniti abbiano dato «luce verde» né un endorsement all’attacco. Il presidente americano aveva consigliato a Netanyahu sabato scorso di «incassare la vittoria» della difesa aerea internazionale contro i droni e missili iraniani. Ma negli ultimi giorni gli israeliani avevano reso chiaro all'amministrazione Usa che avrebbero risposto, in modo limitato. Gli Stati Uniti avevano ammonito alla «cautela», poiché una escalation con l’Iran non serve né gli interessi Usa né quelli israeliani. La Casa Bianca ha ribadito più volte che, pur non intendendo partecipare ad una controffensiva, difenderanno Israele in caso diventi bersaglio di ulteriori attacchi.
Sembra che l'obiettivo non sia un sito nucleare, anche se a Isfahan è presente un sito di ricerca del programma atomico iraniano: se confermato, sarebbe un monito a non rispondere di nuovo, altrimenti lo Stato ebraico potrebbe facilmente colpire i siti nucleari.
Sembra esserci una certa simmetria nella risposta: gli iraniani volevano colpire una base aeronautica israeliana e non ci sono riusciti, questo attacco dimostra che le loro difese aeree a differenza di quelle israeliane non funzionano e ricordando la loro vulnerabilità potrebbe essere un invito a non continuare l'escalation.
Gli esperti americani suggeriscono che lo scenario migliore a questo punto è il ritorno ad una guerra ombra tra Israele e Iran, ma continuano a temere una ulteriore risposta iraniana.
Secondo altri - come Ian Bremmer - questo potrebbe essere invece un passo verso la de-escalation: «L'attacco israeliano contro l'Iran è un allentamento dell'escalation. Dovevano fare qualcosa ma l'azione è limitata rispetto all'attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi», ha scritto su X.