LE RAGIONI Perché Israele ha deciso di rispondere all'Iran: quali sono le ragioni dell’attacco di oggi
Le ragioni dell'attacco, su cui ancora non ci sono commenti ufficiali da parte delle autorità di Israele, sono legate a quanto avvenuto nella notte tra sabato e domenica scorsi, quando Teheran ha attaccato Israele con centinaia di droni e missili
Perché Israele ha attaccato l'Iran, all'alba di venerdì 19 aprile?
Israele non ha ancora ufficializzato l'attacco, che non sarebbe stato massiccio e non sarebbee avvenuto con missili, ma solo con un numero limitato di droni su una base militare, quella di Esfahan (qui le notizie in diretta).
Le autorità di Israele avevano però più volte, negli ultimi giorni, annunciato che avrebbero risposto all'attacco che l'Iran ha sferrato nella notte tra sabato e domenica scorsi, quando centinaia di missili e droni lanciati dall'Iran - ma anche dalla Siria e dallo Yemen - hanno colpito il territorio israeliano.
Si è trattato, in quel caso, della prima volta in cui Teheran ha attaccato il territorio israeliano: un attacco i cui danni sono stati limitati dalla capacità di Israele e dei suoi alleati di intercettare il 99 per cento delle armi scagliate dal regime degli Ayatollah, ma senza precedenti. Per questo si teme che questa catena di reazioni possa spingere il Medio Oriente in una guerra regionale: tanto che nei giorni scorsi le diplomazie internazionali si sono mosse per spingere il governo di Israele a non rispondere. Il premier israeliano Netanyahu ha però sempre ribadito che una risposta sarebbe stata «necessaria», e che Israele avrebbe scelto in autonomia tempi e obiettivi della risposta.
L'Iran aveva in quel caso affermato di aver agito, a sua volta, «in risposta» a un altro attacco, quello avvenuto il 1 aprile scorso: come raccontato qui da Andrea Nicastro, «un raid missilistico ha sbriciolato la sezione consolare dell’ambasciata iraniana a Damasco, la capitale siriana. Obiettivo la catena di alleanze che lega l’Iran al movimento libanese Hezbollah». Tra gli obiettivi uccisi, anche Mohamed Reza Zahedi, figura di spicco delle Guardie della rivoluzione iraniane. «Il colpo», continuava Nicastro, «è stato precisissimo e sembra aver avuto successo. La sezione consolare dell’ambasciata iraniana era chiusa tra due edifici, uno diplomatico iraniano e l’ambasciata canadese, a non più di dieci metri. Il consolato è stato perforato dall’ordigno e ha ucciso tutti i partecipanti alla riunione. Sbriciolata solo l’ala dove si svolgeva l’incontro. L’ambasciatore di Teheran e quello di Ottawa, a pochi metri, nei loro uffici, non hanno subito neppure un graffio. I due poliziotti che erano di guardia alla porta del consolato sono stati solo feriti».
Come spiegato da Guido Olimpio, si è trattato di un attacco pesantissimo: «È uno dei colpi più pesanti dall’inizio di una campagna che si protrae da anni, con obiettivi diversi, dalla distruzione di materiale bellico all’eliminazione di figure importanti con un crescendo di attacchi. Prima di Zahedi erano stati fatti fuori esponenti di primo livello. Sullo sfondo c’è l’azione tesa a contrastare l’ampia presenza politico-militare dell’Iran in Siria, in particolare i pasdaran della Divisione Qods. I tre alti ufficiali iraniani uccisi erano dirigenti che coordinavano aspetti operativi nell’area siriana, libanese e palestinese. Tutti sono sostituibili ma ovviamente la loro esperienza specifica pesa sul campo. Almeno nel periodo breve-medio».
L’attacco - di cui gli Usa hanno detto di non essere stati informati - non è mai stato rivendicato da Israele: ma - come spiegava ancora Nicastro, questo «non importa: la sua mano è evidente. Dal 7 ottobre lo Stato ebraico è impegnato a Sud nell’invasione della Striscia di Gaza, ma contemporaneamente deve anche tamponare a Nord la guerra a bassa intensità che Hezbollah le ha scatenato contro dal territorio libanese. Scopo dichiarato di Hezbollah è impegnare parte delle forze armate israeliane per impedirgli di usare l’intera forza su Gaza. Razzi, granate da mortaio, niente di sofisticato, ma sufficiente a far sfollare circa 70 mila israeliani in zone lontane dalle esplosioni. Per 5 mesi Israele ha risposto colpendo i lanciatori in Libano, le basi vicino al confine e anche in quel caso circa 80mila civili libanesi sono sfollati. Hezbollah non ha ancora impiegato i pezzi pregiati del suo arsenale. Si tratta di trentamila missili capaci, secondo gli esperti, di bucare la cupola di difesa israeliana di Iron Dome. Israele, invece, in queste ultime settimane ha alzato il livello dello scontro. Prima è andato a colpire basi Hezbollah lontane dal confine, sin nella Valle della Beqa’ o in aree del nord del Libano mai colpite neppure in altre guerre. Poi ha bombardato i valichi tra Iraq e Siria dove passano i convogli di armi che l’Iran invia agli alleati libanesi. Poi ha distrutto magazzini di armi Hezbollah in Iraq e Siria. Imponente l’esplosione all’aeroporto di Aleppo. Infine, ieri questo raid in un Paese non impegnato nel conflitto (la Siria) e contro un edificio diplomatico (per convenzione zona franca)».