Torino, il prof accusato di molestie: «Un equivoco, colpa del mio carattere del Sud: sono espansivo»
Il docente si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma si è detto «profondamente dispiaciuto che alcuni medici in formazione si siano sentiti offesi da atteggiamenti ritenuti invasivi della loro sfera personale»
Parla di un grande «equivoco» e ribadisce di «non aver mai voluto violare la sfera intima» degli specializzandi. Rivendica di essersi sempre rapportato con loro con «rispetto», che c’è stato un fraintendimento e che tutta questa brutta storia è colpa del suo carattere espansivo e «coinvolgente tipico delle origini del Sud». Il professore è barese. Insomma, voleva «solo creare una squadra di lavoro affiata». Il professor Giancarlo Di Vella, finito ai domiciliari con le accuse di falso, stalking, minacce e violenza sessuale, si difende durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Irene Gallesio.
Il docente ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, ma ha comunque reso dichiarazioni spontanee per provare a riequilibrare la narrazione che emerge dagli atti del pm Giulia Rizzo. Il fascicolo d'inchiesta si compone di più filoni investigativi, tra cui quello che racconta le presunte molestie sessuali nei confronti di cinque specializzande del corso di Medicina legale di cui lui era responsabile. Dal racconto delle studentesse (nessuna ha sporto querela) emergerebbero attenzioni e approcci fisici per nulla graditi: sguardi lascivi, mani che si allungavano a cingere i fianchi o indugiavano su quelle «parti del corpo lasciate scoperte dal camice».
Atteggiamenti che avrebbero spinto le giovani dottoresse, non solo quelle che avrebbero subito le attenzioni del docente, a mettere in atto piccoli stratagemmi per evitare di «rimanere da sole con il professore». Accuse di cui Di Vella ha preso contezza dagli atti. Come sottolinea il suo legale, Marino Careglio, il docente si è detto «profondamente dispiaciuto che alcuni medici in formazione si siano sentiti offesi da atteggiamenti ritenuti invasivi della loro sfera personale». Non solo, il medico legale ha preso consapevolezza che «alla luce del ruolo rivestito, alcuni comportamenti fossero da evitare».
Insomma, Di Vella è pentito e profondamente amareggiato per il ritratto che trapela dalle dichiarazioni degli ex studenti, non solo per le molestie ma anche per quelle presunte ritorsioni che avrebbe riservato agli specializzandi che ora lo accusano di aver messo in pericolo il loro percorso di studi, estromettendoli dai corsi. «Tutti i medici in formazione che hanno frequentato la scuola di specializzazione, istituto di eccellenza nel panorama nazionale - precisa l’avvocato Careglio -, hanno brillantemente superato i concorsi pubblici cui hanno partecipato».
Nella difesa di Di Vella c'è spazio anche per il capitolo dedicato alla procedura di accreditamento della scuola: al docente, infatti, è contestato il falso per induzione per aver certificato un numero di autopsie maggiore rispetto a quelle realmente eseguite. «Ho sempre operato in buona fede - spiega -, tenuto conto delle numerose attività (tra cui autopsie, riscontri diagnostici e visite necroscopiche) svolte presso Città della Salute, struttura di cui fanno parte ben quattro presidi ospedalieri». Il docente sottolinea di aver lavorato «in modo trasversale» nei vari dipartimenti. Inoltre, sottolinea ancora Careglio che «la procedura di accreditamento può essere soggetta a differenti interpretazioni». Da qui la precisazione di Di Vella: «Laddove ci siano stati alcuni errori, gli stessi sono stati in ogni caso compiuti in assoluta buona fede».
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