Antartide, scoperta una catena di vulcani sottomarini di 50 chilometri. Gli scienziati: “Ci rivelerà l’origine dell’isolamento climatico del Polo Sud”
A sud del 60° parallelo, in pieno Antartide, nei mari della Terra Vittoria Settentrionale, in una zona nota come Costa di Pennell, un team internazionale di scienziati guidati dall’Università di Genova ha appena scoperto una catena di vulcani sottomarini lunga oltre 50 chilometri. Il complesso, mai identificato prima si rivela strategico, dicono i geologi, per lo studio della calotta glaciale antartica e della sua formazione.
La catena è stata individuata dove le correnti circum-antartiche dell'Oceano Meridionale si incontrano con le acque vorticose del Mare di Ross e le sue cime, pur elevandosi di oltre 1500 m rispetto al fondo oceanico circostante, non affiorano in superficie e restano nascoste sotto il mare. Il punto più elevato del complesso vulcanico è a circa 600 m di profondità. Il team scientifico prevede di ottenere risultati utili alla comprensione dei cambiamenti globali che caratterizzano il sistema Terra, come l'apertura dei passaggi oceanici che favorirono l’isolamento climatico dell’Antartide con il conseguente raffreddamento e sviluppo della calotta di ghiaccio.
"L’area studiata dal progetto, per la sua posizione strategica, rappresenta una zona chiave per comprendere l’interazione tra i processi geologici legati ai movimenti delle placche litosferiche e l'evoluzione della calotta glaciale antartica – spiega Laura Crispini, docente dell'Università di Genova e responsabile scientifica del progetto – in passato, la zona è stata poco o per nulla investigata, soprattutto a causa della sua posizione geografica remota, spesso coperta da ghiaccio marino e caratterizzata da condizioni meteomarine estreme. Grazie alla combinazione di nuove opportunità logistiche, associate alla presenza di un esperto equipaggio tecnico e scientifico a bordo della nave rompighiaccio Laura Bassi e contingenti positive condizioni meteomarine, siamo riusciti a registrare un nuovo traguardo esplorativo per nuove e future ricerche".
"Le prime analisi rivelano l'esistenza di un complesso vulcanico principale, che occupa una superficie di oltre 500 chilometri quadrati, costituito da un insieme di coni allineati lungo una direttrice nord-sud, e una seconda dorsale, sempre di origine vulcanica, di dimensioni più ridotte, nella parte meridionale dell’area studio. Gli edifici vulcanici si presentano sia isolati che a formare rilievi allungati e in alcuni casi sono chiaramente visibili i crateri sommitali”, dice Dario Civile, ricercatore e responsabile dell'Unità di ricerca dell'Ogs, l’istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale che ha fornito la nave rompighiaccio italiana Laura Bassi a bordo della quale sono state compiute le analisi geologiche e geofisiche che hanno portato alla scoperta. E aggiunge: “Il vulcanismo sembrerebbe essere geologicamente molto recente, ma la sua origine ed età dovrà essere attentamente valutata. La scoperta di una catena così giovane e caratterizzata da risalita di lava e fluidi, ha numerose implicazioni rilevanti sia dal punto di vista geologico e geodinamico, che dal punto di vista fisico/chimico, nonché della composizione delle acque e delle interazioni con la biosfera".
La scoperta è avvenuta nell’ambito del progetto internazionale Boost (Bridging Onshore-Offshore STructures at the Pacific Coast of North Victoria Land, Antarctica: an integrated approach) che è finanziato dal Mur, nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra), che vede come capofila l’Università di Genova, coinvolge ricercatori dell’Ogs di Trieste, dell’Institute for Geosciences and Natural Resources (Bgr) di Hannover, dell'Università di Roma Tre e dell'Università di Trieste.