Riccardo Illy, Polo del Gusto: «Investiamo 50 milioni su cioccolato, tè e biscotti»

Riccardo Illy, Polo del Gusto: «Contro la crisi investiamo 50 milioni su cioccolato, tè e biscotti»

Riccardo Illy, presidente e principale azionista del Polo del Gusto

Un investimento «di circa 50 milioni tra il 2022 e il 2025», principalmente sugli stabilimenti: una quindicina di milioni per Domori in Piemonte (cioccolato), 34 milioni su Dammann Frères in Francia (tè), un paio di milioni su Pintaudi nel Friuli Venezia Giulia (pasticceria). E nuove acquisizioni quest’anno: «Sul tavolo c’è il dossier di un’azienda che produce caramelle, nel centro nord Italia». Così Riccardo Illy vuole far crescere il Polo del Gusto, di cui è presidente e primo azionista con il 95% attraverso Exgi (il resto è per metà del gruppo Illy e per metà della famiglia Ponti).

Il «piano necessario»

Investire è anche un modo per contrastare le difficoltà contingenti. «È un anno difficile per l’agroalimentare — dice Illy —. Gli aumenti delle materie prime restano e si sommano ai problemi logistici dati dalla criticità dei trasporti sul canale di Panama e sul canale di Suez. Le ripercussioni delle due guerre, in Ucraina e in Israele, si sentono. Investire è più che mai necessario, nei momenti difficili bisogna reagire».

La rete distributiva e gli impianti

La strategia è rafforzare i marchi del Polo: oltre a Domori, Dammann Frères e Pintaudi anche Agrimontana, confetture e frutta candita; Achillea, succhi di frutta; Prestat e Rococò Chocolates (praline). Il mezzo è da un lato l’espansione della rete di negozi, sia monomarca per Domori e Damman Frères nella grandi città, sia con la nuova insegna Incantalia già avviata a Trieste, che comprende tutti i prodotti del Polo, nei centri medi. Dall’altro, l’apertura del capitale.

I nuovi negozi e l’apertura del capitale

«Vogliamo aprire con Incantalia in quattro anni una decina di negozi diretti e un centinaio in licenza», dice Illy che a proposito dell’azionariato annuncia: «Siamo aperti ad accogliere partner sia nelle società operative sia nella holding». L’esempio è Dammann dove lo scorso anno sono entrati con il 24,2% il fondo Idia Capital (Ambition Agri Agro Investissement) e con lo 0,80% Val de France Expansion, entrambe società del Crédit Agricole. Il Polo del Gusto oggi controlla Dammann al 71,13% (il resto è di due manager). «Abbiamo trovato un partner per questa società, è stato un aumento di capitale con parziale cessione di quote. Non escludo di replicare per altre controllate».

I monomarca di Dammann Frères

L’11 aprile verrà inaugurato a Torino il secondo monomarca italiano di Damman Frères, dopo quello di Milano in piazza XXV Aprile. È una boutique in piazza San Carlo 177, sorge al fianco della vetrina di Domori, marca di cui occupa uno spazio prima inutilizzato. «Aspettavamo l’occasione giusta — dice Riccardo Illy — . Damman Frères è la società del Polo più avanzata nel retail, con otto boutique dirette a Parigi, una in Italia e una ventina in licenza in Francia. L’amministratore delegato di Domori, Janluca de Waijer, ha avuto l’idea di realizzare una boutique Damman Frères a Torino al fianco di Domori, usando locali che avevamo già in affitto. È a gestione diretta attraverso Domori. Contiamo di aprirne altre in licenza». Il piano per Dammann è raddoppiare la produzione, con il nuovo stabilimento da 30 mila metri quadrati la cui costruzione è iniziata a fine marzo a Dreux, una settantina di chilometri a ovest di Parigi. «Prevediamo che l’impianto sia completato nel 2025 — dice Illy —, oggi produciamo poco più di mille tonnellate di tè all’anno, arriveranno a duemila. Potremo stoccare internamente i prodotti e avremo anche un negozio».

Il nuovo stabilimento di Domori

L’altro investimento industriale importante è su Domori, che il Polo del Gusto controlla al 97,5% (il resto è di Gianluca Franzoni). Due anni fa è iniziata la costruzione del nuovo impianto a None (Torino).
«I nuovi uffici sono già occupati da marzo — dice Illy —. Lo stabilimento sarà completato entro fine anno, traslocheremo nel 2025».
Quanto a Pintaudi, che il Polo controlla al 97,5% (il resto è del fondatore Giuseppe Pintaudi): «Serviva più spazio, abbiamo rilevato un capannone in febbraio a Trieste, nella zona delle Noghere. La produzione potrà quintuplicare».

I conti e le quote

Il 28 marzo il consiglio d’amministrazione del Polo del Gusto ha licenziato il bilancio 2023: ricavi aggregati dichiarati a 114,5 milioni (+4% dal 2022), consolidati a 79,3 milioni (+6%), con un utile netto «che c’è», dice Illy, ma ancora non viene reso pubblico. Nel 2015, a perimetro costante, i ricavi aggregati erano la metà, 61,7 milioni. Dammann contribuisce al fatturato della holding per la quota maggiore con 43,7 milioni di giro d’affari, un incremento dell’8% dal 2022% che ha compensato altre flessioni. Segue con 31,2 milioni (+7%) Agrimontana, di cui il Polo ha il 40% (socia la famiglia del cofondatore Enrico Bardini); quindi Domori con 26,5 milioni di ’arretramento è spiegato da un lato con il rincaro del cacao, il cui prezzo è «quadruplicato in un anno e mezzo», dall’altro con la sostituzione dello champagne Taittinger, che la società distribuiva fino al 2022, con il nuovo Barone de Rotschild, e con un ricambio della clientela all’ingrosso.
Prestat dichiara ricavi per 8,9 milioni (-5%), Pintaudi per un milione (+1%), Achillea per tre milioni. Del Polo del Gusto fanno poi parte anche Fgel (marchio Bonetti, gelati), partecipata al 3,5% e Rrem, società di gestione e consulenza di attività retail (20%).
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