Комментарии 0
...комментариев пока нет
La nuova invasione cinese è cominciata (e si basa sull’economia che chiamiamo «verde»)
Il sorpasso della casa automobilistica cinese BYD sulla Tesla, nelle vendite mondiali di auto elettriche, � solo la punta dell’iceberg. La supremazia della Cina in tutto ci� che definiamo �verde� — auto e batterie elettriche, pannelli solari, pale eoliche — si sta rafforzando. Ma non solo.
In realt� � ripartita un’invasione generalizzata di prodotti �made in China� sui nostri mercati, nessun settore e nessun paese � al riparo. La spiegazione, paradossalmente, � la debolezza dell’economia cinese. Il crollo dell’immobiliare e la stagnazione dei consumi interni spingono Xi Jinping a cercare la via d’uscita pi� tradizionale: �Esportare la crisi�, cio� farsi trainare dal resto del mondo aumentando le vendite sui mercati esteri. E mentre Pechino denuncia l’aumento delle misure protezionistiche in Occidente, il suo mercato diventa sempre pi� chiuso ai nostri prodotti.
L’exploit BYD ha scosso perfino un eterno ottimista come Elon Musk. Alla fine del 2023 l’azienda cinese — che fino al 2007 produceva solo batterie — ha superato per la prima volta le vendite mondiali della Tesla. Quello compiuto ai danni della celebre marca americana non � l’unico sorpasso clamoroso, in Germania BYD � vicina a superare le vendite del gruppo Volkswagen-Audi. Per assecondare questa espansione mondiale, il colosso cinese sta costruendo nuove fabbriche ovunque: Ungheria e Brasile, Uzbekistan e Thailandia.
Il prossimo passo per BYD potrebbe essere la costruzione di una fabbrica in Messico, per esportare da l� negli Stati Uniti aggirando i dazi. La protezione dei dazi per quanto robusta non basta pi�. Le importazioni di auto elettriche cinesi furono colpite con una tassa doganale del 27,5% introdotta nel 2018 dall’Amministrazione Trump; oggi l’Amministrazione Biden discute se aumentare quel dazio. Lo stesso Musk, pur essendo un liberista estremo, ormai invoca apertamente il protezionismo. �Se non ci difendiamo con delle barriere – ha dichiarato il numero uno della Tesla – i cinesi distruggeranno ogni azienda di auto elettriche nel resto del mondo�.
Tra le giustificazioni dietro il protezionismo, c’� la concorrenza sleale dei cinesi: aiuti di Stato, credito agevolato, donazioni gratuite di terreni da parte degli enti locali per costruire fabbriche, energia a basso costo, fanno parte della panoplia di strumenti dispiegati da Pechino per aiutare i propri campioni nazionali. La stessa BYD ammette ufficialmente di aver ricevuto l’equivalente di 2,6 miliardi di dollari di aiuti statali dal 2008 al 2022, e questa valutazione � sicuramente sottostimata.
Oltre agli Stati Uniti anche l’Unione europea ormai sostiene di avere prove sostanziali su questa concorrenza sleale, ed ha annunciato il varo dei suoi dazi contro le auto elettriche �made in China�. Per� BYD si prepara ad aggirare l’ostacolo fabbricando in Ungheria, un paese membro dell’Unione europea. In quanto alle barriere Usa, se BYD dovesse costruire una fabbrica in Messico (come hanno gi� fatto molti gruppi cinesi nella componentistica per auto) le sue esportazioni sul mercato nordamericano sarebbero colpite solo da una tassa del 2,5%. Un’altra strategia adottata dalle aziende cinesi di ogni settore per aggirare i dazi Usa, consiste nell’assemblare i propri prodotti in paesi asiatici come Vietnam e Malesia che non sono colpiti da misure protezionistiche.
L’invasione di auto elettriche, batterie e pannelli solari cinesi era in atto gi� da tempo. Ora sta accelerando ed � solo un aspetto di un fenomeno ancora pi� vasto: un ritorno massiccio del �made in China� sui mercati mondiali. Non che i prodotti cinesi fossero scomparsi. La potenza manifatturiera della Repubblica Popolare non ha eguali nel mondo: come ricorda Keith Bradsher sul New York Times citando dati dell’Unctad-Onu, la produzione industriale di questo paese supera quella di Stati Uniti, Giappone, Germania e Corea del Sud messi assieme. Ed ora l’invasione dei mercati mondiali da parte del �made in China� � ripartita con forza.
In molti settori la Repupplica Popolare soffre di una capacit� produttiva in eccesso, che i suoi consumatori non possono e non vogliono assorbire in questa fase di incertezza e stagnazione dei redditi (la crisi immobiliare impoverisce il risparmio delle famiglie; la disoccupazione giovanile supera il 20% nelle stime ufficiali). La risposta � classica: nel gennaio-febbraio di quest’anno l’export cinese verso il resto del mondo � aumentato del 7%. L’esplosione delle vendite all’estero � perfino maggiore: poich� i prezzi del �made in China� stanno calando (la deflazione conferma le difficolt� interne), l’aumento delle esportazioni in volume � ancora superiore. Tutti gli altri paesi sono preoccupati.
L’America di Biden rincara la dose sul protezionismo di Trump. L’Europa oltre a preparare i dazi sulle auto elettriche lavora a una misura di protezionismo �verde� che colpir� le importazioni da paesi che emettono molta CO2 e la Cina sar� il bersaglio principale (due terzi della sua elettricit� viene generata in centrali a carbone). Delle misure protezionistiche vengono dibattute anche in molti paesi emergenti, tra cui India e Turchia, tutti danneggiati da questa nuova invasione del �made in China�. Di recente i vertici del partito comunista cinese hanno denunciato l’escalation del protezionismo ai loro danni. Il ministro del Commercio, Wang Wentao, ha citato uno studio del Fondo monetario internazionale secondo il quale le barriere al commercio internazionale sono quasi triplicate negli ultimi quattro anni. Pechino per� gioca allo stesso gioco: invocando esigenze di sicurezza nazionale, il governo cinese a sua volta ha preso misure restrittive contro molte produzioni occidentali. Di qui il calo delle sue importazioni, che contribuisce al boom dell’attivo commerciale verso il resto del mondo.
In realt� � ripartita un’invasione generalizzata di prodotti �made in China� sui nostri mercati, nessun settore e nessun paese � al riparo. La spiegazione, paradossalmente, � la debolezza dell’economia cinese. Il crollo dell’immobiliare e la stagnazione dei consumi interni spingono Xi Jinping a cercare la via d’uscita pi� tradizionale: �Esportare la crisi�, cio� farsi trainare dal resto del mondo aumentando le vendite sui mercati esteri. E mentre Pechino denuncia l’aumento delle misure protezionistiche in Occidente, il suo mercato diventa sempre pi� chiuso ai nostri prodotti.
L’exploit BYD ha scosso perfino un eterno ottimista come Elon Musk. Alla fine del 2023 l’azienda cinese — che fino al 2007 produceva solo batterie — ha superato per la prima volta le vendite mondiali della Tesla. Quello compiuto ai danni della celebre marca americana non � l’unico sorpasso clamoroso, in Germania BYD � vicina a superare le vendite del gruppo Volkswagen-Audi. Per assecondare questa espansione mondiale, il colosso cinese sta costruendo nuove fabbriche ovunque: Ungheria e Brasile, Uzbekistan e Thailandia.
Il prossimo passo per BYD potrebbe essere la costruzione di una fabbrica in Messico, per esportare da l� negli Stati Uniti aggirando i dazi. La protezione dei dazi per quanto robusta non basta pi�. Le importazioni di auto elettriche cinesi furono colpite con una tassa doganale del 27,5% introdotta nel 2018 dall’Amministrazione Trump; oggi l’Amministrazione Biden discute se aumentare quel dazio. Lo stesso Musk, pur essendo un liberista estremo, ormai invoca apertamente il protezionismo. �Se non ci difendiamo con delle barriere – ha dichiarato il numero uno della Tesla – i cinesi distruggeranno ogni azienda di auto elettriche nel resto del mondo�.
Tra le giustificazioni dietro il protezionismo, c’� la concorrenza sleale dei cinesi: aiuti di Stato, credito agevolato, donazioni gratuite di terreni da parte degli enti locali per costruire fabbriche, energia a basso costo, fanno parte della panoplia di strumenti dispiegati da Pechino per aiutare i propri campioni nazionali. La stessa BYD ammette ufficialmente di aver ricevuto l’equivalente di 2,6 miliardi di dollari di aiuti statali dal 2008 al 2022, e questa valutazione � sicuramente sottostimata.
Oltre agli Stati Uniti anche l’Unione europea ormai sostiene di avere prove sostanziali su questa concorrenza sleale, ed ha annunciato il varo dei suoi dazi contro le auto elettriche �made in China�. Per� BYD si prepara ad aggirare l’ostacolo fabbricando in Ungheria, un paese membro dell’Unione europea. In quanto alle barriere Usa, se BYD dovesse costruire una fabbrica in Messico (come hanno gi� fatto molti gruppi cinesi nella componentistica per auto) le sue esportazioni sul mercato nordamericano sarebbero colpite solo da una tassa del 2,5%. Un’altra strategia adottata dalle aziende cinesi di ogni settore per aggirare i dazi Usa, consiste nell’assemblare i propri prodotti in paesi asiatici come Vietnam e Malesia che non sono colpiti da misure protezionistiche.
L’invasione di auto elettriche, batterie e pannelli solari cinesi era in atto gi� da tempo. Ora sta accelerando ed � solo un aspetto di un fenomeno ancora pi� vasto: un ritorno massiccio del �made in China� sui mercati mondiali. Non che i prodotti cinesi fossero scomparsi. La potenza manifatturiera della Repubblica Popolare non ha eguali nel mondo: come ricorda Keith Bradsher sul New York Times citando dati dell’Unctad-Onu, la produzione industriale di questo paese supera quella di Stati Uniti, Giappone, Germania e Corea del Sud messi assieme. Ed ora l’invasione dei mercati mondiali da parte del �made in China� � ripartita con forza.
In molti settori la Repupplica Popolare soffre di una capacit� produttiva in eccesso, che i suoi consumatori non possono e non vogliono assorbire in questa fase di incertezza e stagnazione dei redditi (la crisi immobiliare impoverisce il risparmio delle famiglie; la disoccupazione giovanile supera il 20% nelle stime ufficiali). La risposta � classica: nel gennaio-febbraio di quest’anno l’export cinese verso il resto del mondo � aumentato del 7%. L’esplosione delle vendite all’estero � perfino maggiore: poich� i prezzi del �made in China� stanno calando (la deflazione conferma le difficolt� interne), l’aumento delle esportazioni in volume � ancora superiore. Tutti gli altri paesi sono preoccupati.
L’America di Biden rincara la dose sul protezionismo di Trump. L’Europa oltre a preparare i dazi sulle auto elettriche lavora a una misura di protezionismo �verde� che colpir� le importazioni da paesi che emettono molta CO2 e la Cina sar� il bersaglio principale (due terzi della sua elettricit� viene generata in centrali a carbone). Delle misure protezionistiche vengono dibattute anche in molti paesi emergenti, tra cui India e Turchia, tutti danneggiati da questa nuova invasione del �made in China�. Di recente i vertici del partito comunista cinese hanno denunciato l’escalation del protezionismo ai loro danni. Il ministro del Commercio, Wang Wentao, ha citato uno studio del Fondo monetario internazionale secondo il quale le barriere al commercio internazionale sono quasi triplicate negli ultimi quattro anni. Pechino per� gioca allo stesso gioco: invocando esigenze di sicurezza nazionale, il governo cinese a sua volta ha preso misure restrittive contro molte produzioni occidentali. Di qui il calo delle sue importazioni, che contribuisce al boom dell’attivo commerciale verso il resto del mondo.