Il piano di Mosca per uccidere l’ad della più grande azienda di armi tedesca: «Nel mirino anche altri manager della difesa di tutta Europa»
Secondo lo Spiegel, agenti russi sarebbero entrati in Europa per assassinare Armin Papperger, ceo della Rheinmetall, oggi sotto scorta. Diversi ministri hanno denunciato una «guerra ibrida» condotta da Mosca su territorio tedesco. Si tratta della più forte escalation nella tensione tra Russia e Germania dall’inizio della guerra in Ucraina
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BERLINO - Complotto russo per uccidere il ceo del più grande produttore di armi tedesco. La notizia, data ieri pomeriggio dalla Cnn, trova di ora in ora conferme in Germania, dove ieri sera l’hanno sostanzialmente pubblicata tutti i grandi media. Si tratta della più forte escalation nella tensione tra i due Paesi dall’inizio della guerra in Ucraina. Da quel che è emerso finora, l’attentato contro Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmettal, era nelle fasi preparatorie. Rheinmetall, con sede a Düsseldorf, è la produttrice dei tank Leopard, ma è anche l’azienda che si è impegnata a fornire un milione di proietti d’artiglieria all’Ucraina nella fase più drammatica del conflitto, quando Kiev si è trovata a corto di munizioni (per il blocco dei repubblicani Usa), decisamente superata nelle forniture dai russi. L’azienda è anche il perno del sistema di difesa che Berlino ha messo a disposizione di Kiev.
Nelle prossime settimane, Rheinmetall dovrebbe aprire uno stabilimento per produrre munizioni direttamente in Ucraina, legando così l’artiglieria ucraina a quella Nato. Questo ne fa, agli occhi del Cremlino, uno dei più importanti asset occidentali. Anche i principali piani di riarmo tedeschi passano dall’azienda renana, destinataria di fondi speciali pubblici.
Sull’attentato in sé sono finora noti pochi dettagli. Secondo la Cnn, l’intelligence Usa ha avvertito nei mesi scorsi dei preparativi i servizi segreti tedeschi, che hanno messo sotto scorta Papperger. Il Financial Times, che ne ha scritto tra i primi, ha riferito che la sicurezza di Papperger è «ai massimi livelli», e che il manager gode di un dispositivo di protezione federale simile a quello del cancelliere Olaf Scholz. Lui, dal canto suo, non si è lasciato intimidire. Ieri pomeriggio ha rilasciato una dichiarazione alla Financial Times, dicendo che «la Cnn non sta a scrutare il cielo», lasciando intendere che i report che lo riguardano sono veri. E ha rincarato con una lunga intervista serale alla Faz, in cui afferma che non si può indietreggiare, che l’Europa credeva che contro la Russia bastasse lo scudo nucleare mentre palesemente servono le armi convenzionali. Ha affermato di non aver paura, anche se questo comporta rischi personali.
Sempre secondo la Cnn, Papperger non è l’unico manager nel mirino dei russi, ma si troverebbe su un «hitlist», una lista di obiettivi, insieme ad altri alti dirigenti della difesa europei. Inoltre, si possono un po’ contestualizzare i dettagli. L’azione sarebbe stata sventata nei mesi scorsi, quando ci sono stati diversi atti di sabotaggio e arresti in Germania. Due spie russo-tedesche sono state anche fermate in Baviera, accusate di preparare attentati contro le infrastrutture elettriche. Diversi ministri, da quella degli Interni Nancy Faeser a quella degli Esteri, Annalena Baerbock, hanno denunciato allora una «guerra ibrida» condotta da Mosca su territorio tedesco. Un altro particolare desta interesse. Secondo lo Spiegel, agenti russi sarebbero entrati in Europa allo scopo di assassinare Papperger. «Almeno uno è russo», dice lo Spiegel, il che lascia presupporre che gli altri non lo siano. Questo però è in linea con le ultime azioni dei russi in Germania, dove vengono arruolati agenti locali per portare avanti le azioni-pro Cremlino. È stato così anche per le spie arrestate in Baviera.
Per Mosca, questo tipo di azione in Germania è molto facile. Esistono almeno tre ondate migratorie russe, la prima dei cosidetti russi-tedeschi, deportati da Stalin in Russia dopo la fine della seconda guerra mondiale che sono tornati con i figli e i nipoti in patria negli anni Novanta; ci sono poi quelli arrivati per lavorare dopo la caduta nel muro di Berlino. Solo la terza ondata di rifugiati, quelli scappati per la guerra in Ucraina, è antiputiniana e navalniana. Le precedenti sono un potenziale bacino di reclutamento che la Russia usa senza tanti scrupoli. La Germania si è trovata di recente al centro di azioni di destabilizzazione. Il caso più celebre è l’omicidio del Tiergarten, dove un dissidente ceceno è stato ucciso nel centro di Berlino e il suo killer arrestato quasi in flagrante, mentre si toglieva i bassi e gettava la pistola nella Sprea. Si tratta di un agente del Gru, sulla cui liberazione in cambio di Navalny si stava apparentemente lavorando sull’asse Berlino-Washington—Mosca, proprio quando il più importante avversario di Putin è morto, a 47 anni, nella sua cella oltre il Circolo polare artico. Che però adesso in Germania siano nel mirino anche manager dell’industria tedesca è un fatto che alza ancora il livello di allerta.
Dei paragoni storici ci sono, ma bisogna risalire ai tempi della Guerra fredda, agli anni Ottanta. In quegli anni — hanno fatto notare gli analisti in queste ore — alcuni manager tedeschi, come Karl Heinz Beckurts e Ernst Zimmerman che collaboravano allo scudo spaziale voluto da Ronald Reagan, furono assassinati. La Raf, le «brigate rosse» tedesche rivendicarono quegli omicidi, ma si tratta di casi rimasti irrisolti. Anche per l’alta professionalità dimostrata dagli assassini.