Israele nella lista nera dell'Onu. E Gantz prepara l'addio al governo
Ira di Netanyahu per il rapporto che denuncia le violazioni sui bimbi. Blinken torna a Tel Aviv
DALLA NOSTRA INVIATA
TEL AVIV Israele in black list per le sue minacce alla sopravvivenza dei bambini. La decisione dell’Onu, allegata al rapporto annuale che sarà presentato dall’ufficio del Segretario generale Antonio Guterres a fine giugno e che documenta le violazioni dei diritti dei minori nei conflitti armati, arriva all’indomani del raid sulla scuola al-Sardi di Nuseirat. E mette il governo Netanyahu alla pari con la Russia, lo Stato Islamico, al Qaeda, Boko Haram, l’Afghanistan, l’Iraq, il Myanmar, la Somalia, lo Yemen e la Siria. Una prima volta, se si considera che nei precedenti rapporti dell’Onu erano stati sì inclusi capitoli che riguardavano il conflitto con i palestinesi con accuse a Israele di gravi violazioni dei diritti dei bambini. Ma mai prima d’ora lo Stato ebraico era stato inserito nell’annesso finale del rapporto, che riguarda appunto «le parti che non hanno messo in atto misure durante il periodo di riferimento per migliorare la protezione dei bambini».
L’atto di Guterres è stato accolto inevitabilmente male dal premier israeliano che ha replicato duro: «Oggi l’Onu si è messa sulla lista nera della storia quando si è unita ai sostenitori degli assassini di Hamas. L’Idf è l’esercito più morale del mondo e nessuna decisione delirante da parte delle Nazioni Unite potrà cambiare questa situazione». Parole che però non cancellano le testimonianze terribili che arrivano dai sopravvissuti del raid di due notti fa alla scuola Unrwa di Nuseirat, quando parlano corpi di bambini dilaniati dall’esplosione, mentre l’Idf fa sapere di aver colpito ieri un’altra scuola delle Nazioni Unite, questa volta a Shati, sempre con la motivazione che si trattasse di un covo di Hamas.
E poco importa che da fonti diplomatiche vicino al Palazzo di vetro si apprenda che anche Hamas e Jihad islamica saranno inserite nella lista nera, o che un’inchiesta dell’Associated Press parli di un calo delle vittime civili nella Striscia nelle ultime settimane, statistiche che lascerebbero pensare ad un cambio di strategia da parte dell’Idf e a forze militari più attente a non colpire donne e bambini. A protestare contro la decisione delle Nazioni Unite è anche il ministro del Gabinetto di Guerra Benny Gantz. «Mentre Israele conduce la guerra più giusta della sua storia contro mostri che hanno massacrato, violentato e rapito neonati, donne e bambini in nome di un’ideologia omicida, l’Onu traccia spudoratamente false equivalenze tra Israele e Isis», tuona il leader centrista. Parole ancora più pesanti di quelle pronunciate dal Mago, come viene soprannominato dai fedelissimi Netanyahu, cui proprio Gantz si appresta oggi a togliere l’appoggio dopo avergli imposto a metà maggio un ultimatum per la sigla della tregua con Hamas. Uno scenario dalle molte incognite che, sebbene veda il premier ancora garantito dalla maggioranza di destra, potrebbe portare all’uscita dal governo di unità nazionale, oltre che di Gantz considerato vicino a Washington, anche del ministro della Difesa Yoav Gallant, in disaccordo con Bibi sul futuro politico della Striscia.
Non va meglio neanche se si puntano gli occhi verso il valico di Rafah. Oltre a mantenerlo chiuso impendendo l’accesso agli aiuti umanitari e a rivendicare il pieno controllo del Corridoio Filadelfia che da Kerem Shalom corre fino al Mediterraneo, Israele — scrive Axios — ha fatto dietrofront sull’idea che l’Autorità nazionale palestinese possa occuparsi della gestione della parte palestinese. Uno dei pochi spiragli cui ci si aggrappava al Cairo e a Doha. E mentre gli Stati Uniti annunciano l’ennesima visita del segretario di Stato Antony Blinken atteso in Israele per lunedì e continuano a far pressione su Israele, dal Qatar invece — scrive la Cnn — si prova a premere su Hamas minacciando l’espulsione dei suoi membri da Doha in caso di rifiuto della tregua.