

Più che un rientro in porto, sembra un lento corteo funebre. Mesto e arrabbiato come l’equipaggio a bordo di Nadir che si dirige verso Lampedusa e stamattina ha commentato solo: “La fortezza Europa uccide”.
Le ultime vittime alle porte di Lampedusa sono dieci. Li ha trovati l’equipaggio del veliero dell’ong Resqship, che ha raggiunto un barchino in difficoltà segnalato da Alarm phone. In cinquantaquattro sono stati soccorsi e portati a bordo, incluso due ragazzi in condizioni gravissime. Per dieci era già troppo tardi.
Sono tutti uomini sembra, ma al momento non se ha certezza. Non si può. Raggiungerli è impossibile. Sono pressati nella pancia di uno scafo a doppio ponte, ma piccolissimo, un sette metri o poco più.È pieno d’acqua salata, benzina, liquami. Una miscela terribile che ustiona e corrode la pelle, mentre i fumi stordiscono, intossicano, fanno perdere i sensi.
L’unica certezza la darà l’autopsia, ma è probabile che uno dopo l’altro abbiano perso i sensi e siano affogati in una decina di centimetri d’acqua. Quasi un amaro paradosso. O almeno questo stanno ipotizzando i medici di Lampedusa, dove d’urgenza sono stati trasportati i due naufraghi trovati lì in mezzo e salvati per miracolo.
Inizialmente i soccorritori pensavano fossero morti anche loro. Dopo aver trasbordato i primi 52 naufraghi, fra cui una donna, sono saliti a bordo a controllare che non ci fosse nessuno. E hanno visto quasi una catasta di corpi pressati in quella specie di stiva. Immediatamente i medici di bordo, con estrema difficoltà hanno iniziato a controllare il polso di ognuno, nella speranza di trovare ancora battito. Solo in due casi non sono state vane.
Tirarli fuori non è stato per nulla semplice. Il team ha dovuto spaccare lo scafo con un’ascia per creare un’apertura sufficientemente grande per portarli fuori a braccia. Erano entrambi privi di sensi, uno dei due è stato rianimato sul ponte di Nadir. “La sua temperatura corporea non superava i trentadue gradi”
Rapidamente è arrivata una motovedetta che ha trasportato loro e i superstiti a Lampedusa. Spauriti, smarriti, stravolti uno dopo l’altro i naufraghi che ancora si reggevano in piedi si sono incolonnati sul molo Favaloro, incapaci persino di dire se fra quei corpi accatastati rimasti a bordo ci fossero mariti, fratelli, fidanzati, amici. I due ragazzi privi di sensi e una donna sono stati subito portati in Poliambulatorio.
Il fattore tempo – lo hanno imparato i medici che lavorano sull’isola – è fondamentale. Da anni ormai, i casi di intossicazione di idrocarburi si accompagnano a un’intossicazione da metaemoglobina. Non è reazione tipica e a cosa si debba, si sta studianto. Forse un particolare tipo di carburante, forse il mix tossico con acqua di mare in ambienti chiusi e senza ricambio d’aria. Di certo, si è capito quale sia l’antidoto: il blu di metilene. E ce n’è voluto per convincere l’Asp a darne una dotazione stabile al poliambulatorio di Lampedusa, generalmente viene fornito solo alle farmacie ospedaliere. “La pianificazione è fondamentale, ma permette di salvare vite”, dice il direttore Francesco D’Arca.
È stato somministrato ad entrambi i naufraghi. E in un caso, la risposta e il miglioramento sono stati immediati. L’altro ragazzo invece è stato intubato e continua a lottare per la vita. Entrambi sono stati trasferiti in elisoccorso a Palermo, per nessuno dei due allo stato viene sciolta la prognosi.
Nadir nel frattempo continua la sua triste traversata verso Lampedusa. Dietro, naviga il barchino come un surreale carro funebre. Il team ha provato a tirare fuori i corpi, raccogliere tutti gli elementi necessari per dare loro almeno dignità di un nome, ma sarebbe stato necessario spaccare ancora e ancora quello scafo già malridotto. Il rischio sarebbe stato di vederlo affondare, diventando eterna bara di quei naufraghi.
Lo si sta trainando, lentamente, perché il mare non infierisca ancora su quel barchino malridotto. Sul molo, ad attendere il veliero, una lunga fila di bare. L’ennesima.