Più poveri (e più bassi): un Regno rimpicciolito da 14 anni di governi Tory

diLuigi Ippolito

Il debito pubblico è passato dal passato dal 70 al 90% del Pil, ma il lascito più grave è la Brexit

«La Gran Bretagna è un posto migliore dove vivere rispetto al 2010», quando i conservatori andarono al potere: lo ha detto domenica scorsa Rishi Sunak, ma chiaramente era rimasto solo lui a crederci, visto lo schiaffone che gli hanno mollato gli elettori. Perché la verità è che 14 anni di governo Tory hanno portato Londra sull’orlo della bancarotta: in senso letterale, ma anche, e peggio, in senso morale.

 Il partito che era stato di Churchill e Thatcher era tornato alla guida del Paese dopo la lunga stagione del New Labour: ma, come sogghignarono i laburisti imboccando la porta di uscita, «non c’era più rimasto un soldo». E allora l’esecutivo guidato da David Cameron, per far fronte alle devastanti conseguenze della crisi finanziaria globale del 2007-08, si lanciò in un programma di austerità selvaggia per riportare ordine nei conti pubblici. I risultati si soffrono ancora oggi: se allora erano 40 mila le persone costrette a ricorrere alla distribuzione di cibo, ora sono oltre tre milioni. 

A causa delle privazioni, l’aspettativa di vita si è accorciata di sei mesi e perfino i bambini sono diventati un po’ più bassi rispetto a quelli di altri Paesi. I tagli al welfare hanno spinto sotto la soglia di povertà le famiglie con più di due figli, che si sono viste negate gli assegni sociali. E si potrebbe continuare. Ma a essere demolito è stato in primo luogo il settore pubblico. Il sistema sanitario, che per gli inglesi è il surrogato della religione, è praticamente al collasso: le liste di attesa negli ospedali sono infinite, la gente muore nei pronto soccorso e provare a prenotare una visita con un medico di base equivale a giocare alla lotteria. Le scuole cadono letteralmente a pezzi sulle teste degli allievi, mentre le carceri sono così sovraffollate che si vedono costretti a mettere i detenuti in libertà in anticipo. Nessuno ripara le strade e a farsi il bagno al mare o al lago si rischia di morire, tanto le acque sono inquinate. 

Anche l’economia ne ha risentito: dopo la crisi finanziaria la crescita britannica è stata catatonica a causa della bassa produttività, frutto degli scarsi investimenti. E così il debito pubblico, sotto l’occhio dei conservatori, è passato dal 70 al 90% del Pil. 

Le paghe ristagnano e tutti ricorrono agli scioperi a raffica: dagli insegnanti ai medici, dai conducenti di treni e metropolitana fino agli avvocati. 

Però, dal punto di vista politico, il lascito più gravido di conseguenze è ovviamente la Brexit. Cameron indisse il referendum nel 2016, convinto di vincerlo e di mettere così a tacere gli euroscettici del suo partito: un boomerang che gli è tornato in piena faccia e dalla cui mazzata sono ancora tutti tramortiti. Una rivoluzione che ha divorato i suoi figli, perché dopo l’uscita dalla Ue il partito conservatore ha imboccato la strada dell’autodistruzione. 

Sparito di scena Cameron, l’inetta Theresa May è stata disfatta dalla sua incapacità a portare a casa un accordo con Bruxelles. Il suo successore Boris Johnson ci è riuscito, ma è stato travolto dalla sua impossibilità a essere qualcosa di più che un intrattenitore geniale. Boris ha trascinato i conservatori e la nazione tutta nel discredito: un mentitore seriale, uno spregiatore delle istituzioni che caracollava da uno scandalo all’altro. 

Ma chi è venuta dopo di lui, ossia Liz Truss, ha compiuto l’impresa di fare pure peggio: i suoi tagli alle tasse senza coperture hanno portato la Gran Bretagna per qualche giorno sull’orlo dell’insolvenza finanziaria. 

Sunak è riuscito a recuperare la credibilità dei mercati, ma non ha potuto sollevarsi oltre la caratura del giovane sottosegretario ambizioso. 

Nulla da ricordare, dunque, di questi 14 anni? Non proprio. Cameron ha introdotto i matrimoni gay (cosa notevole, per un governo di destra); Johnson durante il Covid ha attuato il più rapido e ampio programma di vaccinazione al mondo fra i grandi Paesi e soprattutto è stato il paladino del sostegno internazionale all’Ucraina (una scelta che veniva da lontano: già 10 anni fa Londra aveva cominciato ad armare e addestrare le forze di Kiev, una mossa che si è rivelata provvidenziale per negare il successo alla prima offensiva russa); gli studenti britannici continuano ad avere ottimi risultati nei test internazionali; la svolta verde è una realtà, con più della metà dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili già nel 2017; la disoccupazione si è dimezzata, con circa 4 milioni di persone in più portate nel mercato del lavoro. Ma dopo quasi tre lustri, la Gran Bretagna esce rimpicciolita dal lungo regno dei Tory.

4 luglio 2024

- Leggi e commenta