Chi usa ChatGpt per i compiti scolastici ha meno memoria e voti peggiori: che cosa fare?

Lo ha dimostrato un ampio studio pubblicato sull'«International Journal of Educational Technology». Come agire di conseguenza secondo gli autori

Gli studenti che usano ChatGpt hanno meno memoria e peggiori risultati scolastici

Demandare alla tecnologia determinati procedimenti mentali fa sì che il cervello, alla lunga, riduca sensibilmente la propria capacità di portarli a termine nei modi e nei tempi che ci si attenderebbe. A giungere a tale conclusione, quanto mai d'attualità ai tempi dell'intelligenza artificiale, è stata un'ampia rilevazione pubblicata a febbraio sull’International Journal of Educational Technology. Curata da un gruppo di studiosi provenienti dalla FAST School of Management di Islamabad, dall'Università di Haripur e dall'Università di Malaya di Kuala Lumpur, la rilevazione si è concentrata in particolare sulle conseguenze derivanti dall'impiego di ChatGpt da parte degli studenti, effettivamente tra le categorie più avvezze all'uso del popolare sistema targato OpenAI.

Studio in due parti

Ben 165 gli universitari (tutti iscritti ad atenei pakistani) che sono stati oggetto dell'indagine: in una prima fase gli autori hanno li hanno interrogati in merito al loro grado di dipendenza dal chatbot nella loro routine quotidiana, dopodiché hanno ampliato il campione di riferimento a 494 individui per raccogliere dati di confronto al fine di valutare «gli effetti dell'uso di ChatGPT sui livelli di procrastinazione, sulla perdita di memoria e sul rendimento scolastico». Ebbene: se da un lato è (prevedibilmente) emerso che «quando gli studenti dovevano affrontare un carico di lavoro più elevato ed erano sottoposti a scadenze più stringenti erano più propensi a utilizzare ChatGPT», dall'altro tale abitudine è risultata associata alla «tendenza alla procrastinazione e alla perdita di memoria» e al «peggioramento del rendimento scolastico» degli interessati.

Le conclusioni

Stando così le cose, appare chiaro come ricorrere a tale strumento sia tutto fuorché conveniente dal punto di vista accademico: ChatGpt farà anche risparmiare del tempo, ma alla fine è probabile che presenti un conto salato ai suoi utilizzatori più assidui. Per questo, secondo i ricercatori, i ragazzi dovrebbero essere incoraggiati a vederlo «non come uno strumento per completare compiti universitari senza sforzi mentali, bensì come una risorsa complementare per l'apprendimento». Il segreto, in questo senso, potrebbe consistere nel dare forma a «programmi di studio e strategie di insegnamento che coinvolgano la naturale curiosità e la passione degli studenti per l'apprendimento». Perché «sebbene la facilità d'uso di ChatGpt possa essere allettante, promuovere un ambiente in cui gli studenti traggano soddisfazione dal padroneggiare concetti impegnativi in modo indipendente può attenuare il loro eccessivo affidamento a tecnologie di questo tipo». Un consiglio da seguire: ne va della qualità – anche cognitiva – dei professionisti del futuro. 

2 aprile 2024 ( modifica il 2 aprile 2024 | 15:34)

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