Paolo Signorini resta in carcere. I giudici: «No ai domiciliari a casa del fratello, l'abitazione non è sicura»
Inchiesta Genova, l'ex presidente del Porto è l'unico degli indagati finito in cella. Rigettata l'istanza proposta dagli avvocati: «Rischio di inquinamento probatorio». L'ipotesi di indicare ora l'appartamento dell'ex moglie
L'ex presidente del porto di Genova e di Savona ed ex amministratore delegato di Iren, Paolo Emilio Signorini, resta in carcere. Lo ha deciso il tribunale del Riesame, rigettando l'istanza degli avvocati Enrico e Mario Scopesi. Signorini è recluso a Marassi dal 7 maggio, dopo l'arresto nell'ambito dell'inchiesta della procura di Genova su corruzione e voto di scambio.
Il tribunale del Riesame ha rigettato l'istanza presentata dagli avvocati perché le soluzioni individuate per i domiciliari - un'abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure ad Aosta dal fratello - non sono apparse ai giudici sufficientemente tranquillizzanti circa il rischio di inquinamento probatorio.
Signorini è l'unico tra gli arrestati ad essere finito in carcere mentre i principali co-indagati, tra cui il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, erano finiti da subito ai domiciliari. Secondo quanto emerge dal provvedimento tuttavia, se Signorini troverà un'altra soluzione abitativa potrà uscire. La strada che percorreranno i legali sarà dunque quella di presentare una nuova istanza alla giudice Paola Faggioni e nel caso di nuovo al tribunale del Riesame per trovare una soluzione alternativa, probabilmente quella di proporre i domiciliari nell'abitazione di Signorini a Roma, dove vive l'ex moglie.
(in aggiornamento...)