
L’ultimo picnic sulla spiaggia con le mie figlie Ruba e Bisan prima che dicano addio a Gaza
KHAN YUNIS OVEST — Le mie figlie, spero, se ne andranno presto: il loro visto egiziano e passaggio fino al Cairo è stato già pagato grazie all’aiuto di tanti amici fuori di qui che hanno partecipato con generosità a una colletta online. Aspettiamo solo che il loro nome compaia su una delle liste redatte due volte alla settimana. Mi auguro sia questione di pochi giorni. Voglio però che lascino Gaza, il luogo dove sono nate, con memorie migliori di quelle di questi ultimi mesi di guerra. E dunque ho dato fondo ai risparmi e organizzato per loro un picnic con amici e parenti nella tendopoli che abbiamo costruito a ovest di Khan Yunis, il posto dove già parte di noi si è rifugiata nel timore che l’esercito inizi le operazioni di terra anche al Sud. Mentre per ora io e le ragazze restiamo a dormire a Rafah allo scopo di essere più vicini al confine nel momento in cui potranno spostarsi.
Lo ammetto, è stato un picnic surreale. Sono riuscito a procurarmi dell’agnello da un macellaio che di solito vende solo carne di gallina ma a quanto pare, e a caro prezzo, ha ancora degli animali nascosti da qualche parte. Lo abbiamo arrostito all’aperto per poi offrire agli ospiti una carne che qui nessuno mangiava più da quasi cinque mesi, mentre un amico ha improvvisato un forno con fango e argilla dove abbiamo cotto il pane. C’era il sole e davanti a noi il mare: era quasi bello, se non fosse stato per l’eco delle bombe che in lontananza abbiamo sentito almeno cinque volte, a ricordarci che la guerra è qui ed è vicinissima. Potevamo morire, anche in quel momento. Il pasto è stato però abbastanza lieto, ritmato dai racconti di ciascuno. Ricordi dei tempi ormai andati, persone e luoghi che non ci sono più, feste che a pensarci ora sembrano favole. Abbiamo pianto, abbiamo riso, ci siamo abbracciati.

Ruba e Bisan, le mie ragazze che sognano di venire in Europa e studiare per diventare un giorno giornaliste — mestiere che qui a Gaza è diventato improvvisamente ambitissimo: tutti ne hanno compreso l’importanza — mi sono sembrate rasserenate da questo pomeriggio di “pace”. A fine giornata ho voluto fare una foto di noi tre insieme col tramonto alle spalle. Forse l’ultima per un bel po’ e per questo ancor più importante, per me e per loro. Cessati i bombardamenti in lontananza, mentre ancora mangiavamo abbiamo visto arrivare nuovi aerei, senza insegne.

Per qualche istante è stato il panico: abbiamo avuto molta paura pensando che stessero per paracadutarsi prima dell’invasione. Dei paracadute, in effetti, si sono aperti. Ma a cadere dal cielo sono state casse pieni di aiuti, che la Giordania ha deciso di far arrivare in questo modo nella zona più affollata di profughi qui a Khan Yunis Ovest. Dentro ogni cassa, infatti, c’erano decine di buste nere: ciascuna conteneva un pasto completo da tre portate per una persona. Chi è riuscito a prenderli ha davvero fatto festa. Ma accaparrarsele non è stato certo facile. A decine si sono precipitati e ci sono state anche liti, spintoni, forse anche peggio.

Purtroppo, il problema è che far entrare aiuti qui nella Striscia sta diventando sempre più difficile. Da giorni non si vede più un solo poliziotto in giro: gli uomini in uniforme blu sono spariti dalla strada da quando diverse delle loro pattuglie in divisa sono state prese di mira da raid di Israele che accusa la polizia locale di essere parte del braccio armato di Hamas e anche di rubare e gestire in maniera mafiosa gli aiuti. In realtà la scomparsa dell’ultima parvenza d’ordine ha un impatto rilevante sulla vita quotidiana: i camion carichi di aiuti sono infatti più esposti agli attacchi della folla affamata. E non essendo più scortati fino ai luoghi dove sono più necessari, anche la distribuzione è saltata. Egitto e Giordania hanno tentato di negoziare con l’esercito israeliano un possibile ritorno della polizia palestinese in strada. Ma né gli agenti né Israele hanno accettato. E dunque, per tentare di sfamare almeno i più disperati, certi aiuti, ora, piovono dal cielo. Ma chi se li procura — i più giovani e forti, capaci di farsi largo nella mischia che quei lanci provocano — ha di che andare avanti soltanto per un’altra giornata.