Quella degli Houthi � una strategia dei �mille tagli�, anche se su scala ridotta. Una sequenza di attacchi falliti o riusciti contro il traffico in Mar Rosso in modo da renderlo perennemente insicuro. Le compagnie hanno poche opzioni: circumnavigare l’Africa con costi aggiuntivi oppure correre il rischio di essere prese di mira davanti alle coste dello Yemen, a nord o a sud della �porta�, lo stretto di Bab el Mandeb.
Houthi, le armi e le tattiche dei ribelli-pirati che colpiscono nel Mar Rosso supportati dall’Iran
La milizia yemenita, forgiata negli anni della guerra civile, pu� colpire con un arsenale infinito. Teheran fornisce supporto con le sue navi-spia

La Rubymar, colpita da due missili degli Houthi il 19 febbraio e affondata il 2 marzo, sul fondale del mar Rosso (Ap)
I militanti si sono preparati ben prima dell’invasione israeliana di Gaza, presentata dai loro leader come la causa scatenante degli attacchi al naviglio. Durante il lungo conflitto civile hanno avuto modo di sperimentare tattiche in campo terrestre e marittimo contro avversari interni, sauditi, emiratini, mercenari stranieri. E hanno parallelamente irrobustito l’arsenale sfruttando l’apporto dell’Iran. Teheran nega il coinvolgimento ma l’importanza delle sue forniture � evidente, come ha confermato un episodio avvenuto nella notte dell’11 gennaio quando l’Us Navy ha abbordato un piccolo cargo con materiale bellico iraniano destinato alla milizia yemenita.
L’interrogatorio dell’equipaggio pachistano ha svelato il coordinamento da parte di elementi della Repubblica islamica, gli spostamenti tra lo scalo di Konarak e quello di Chabahar (usato dai guardiani della rivoluzione), le direttive, l’uso di telefoni satellitari, le istruzioni per un appuntamento davanti alla Somalia per un possibile trasbordo delle componenti su un secondo dhow.
I pasdaran hanno fatto arrivare sistemi offensivi, batterie antiaeree, tecnologia, munizionamento. E un nucleo di consiglieri ha aperto un centro di comando-controllo per migliorare la macchina bellica. Inoltre, Teheran ha lasciato in zona la nave-spia Behshad, accusata di svolgere compiti di intelligence: la tesi � che il finto mercantile favorisce le incursioni. Un disegno profondo, ben lontano nel tempo dalla questione palestinese. Gli iraniani avevano gi� un’unit� simile, la Saviz, a partire dal 2019, poi rientrata dopo aver subito un’azione di sabotaggio israeliana.
Gli Houthi possono colpire il nemico con un’infinit� di sistemi e su qualsiasi distanza, compreso il lungo raggio. Hanno missili balistici, droni-kamikaze, cruise con i quali bersagliare petroliere o il territorio israeliano. I velivoli senza pilota, dotati di cariche esplosive e Gps,�incrociano� fino a raggiungere l’obiettivo adottando manovre evasive. Costano poche migliaia di dollari, quasi nulla rispetto ai mezzi missilistici impiegati dalle Marine alleate per intercettarli. In alcuni casi — secondo gli esperti — i droni �piombano� in coppia a ordigni balistici: i primi costringono la nave a rallentare, i secondi servono a infliggere il colpo. Ad oggi gli strike hanno coinvolto decine di �scafi� e causato l’affondamento della Rubymar, piena di fertilizzanti. Incombe poi la minaccia subacquea, rappresentata da droni, mine ed eventuali incursori affiancati da barchini-suicidi.
La coalizione occidentale ha scelto il contenimento — con la tutela del naviglio — e l’intercettamento dei �proiettili�, scenario documentato dall’azione della Duilio; ha sferrato raid preventivi sulle basi ma evitato offensive massicce per evitare l’escalation. Gli Houthi sono consapevoli dei limiti per gli alleati e non sono affatto preoccupati se vedono andare in fumo qualche postazione. Gli armamenti, mimetizzati, sparpagliati, mobili, sono sufficienti per una lunga campagna.
Corriere della Sera � anche su Whatsapp. � sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.
4 marzo 2024 (modifica il 4 marzo 2024 | 07:15)
© RIPRODUZIONE RISERVATA