Il tennista alto atesino dopo il successo a Rottedam è tornato a Sesto per stare in famiglia: «Poche ore e voglio godermele con loro»
Non gli amici, la fidanzata influencer o una sciata nella sua Val Pusteria. La priorità del tennista Jannik Sinner, appena salito sul terzo gradino del ranking mondiale dopo il trionfo di Rotterdam, è correre a casa per riabbracciare i genitori, papà Hanspeter e mamma Siglinde, che non vede da prima della partenza per l'Australia, e i suoi amati nonni. Il campione non smette di stupire per la semplicità delle sue esternazioni da "ragazzo della porta accanto" e per il basso profilo che continua a mantenere nonostante il delirio di fan, sponsor e riconoscimenti lo confermino ogni giorno come l'astro tricolore della racchetta mondiale.
L'unità in famiglia
«La vittoria arriva da lontano, da tutti i sacrifici che non vedete», ricorda il ventiduenne altoatesino di San Candido. E in quel silenzioso «dietro le quinte» ci sono le sue radici, la sua terra, una famiglia umile che attorno a lui ha stretto un cinturone di affetto incondizionato che è diventato la sua forza anche in campo. Per questo le poche ore - trentasei per l'esattezza - che lo separano dal rientro alla quotidianità fatta di allenamenti e sacrifici, a Montecarlo, prima della nuova partenza alla volta di Indian Wells e Miami, le trascorrerà a casa, in valle. «Ho solo una manciata di ore e penso che le passerò a riposarmi prima di ritornare a Monaco e rimettermi al lavoro - ha confermato subito dopo aver battuto De Minaur espugnando l'Atp, la sua 15° vittoria consecutiva -. Dopo Melbourne non ho ancora visto i miei genitori; starò lì un paio di giorni. Escludo che andrò a sciare quando tornerò a casa. Resterò solo poco tempo nel posto in cui sono nato e quindi preferisco andare a trovare i miei nonni che sono anziani».
Il dolore per Josef
Una consapevolezza rafforzata, lo scorso anno, dalla perdita del nonno paterno Josef, scomparso il 24 gennaio 2023 all'età di 91 anni. Un'importante figura di riferimento nella vita di Sinner che a più riprese, in passato, aveva parlato del rapporto speciale che li legava. Le passeggiate sui sentieri di Sesto Pusteria con il nonno erano un'abitudine che l'azzurro aveva portato avanti fin dalla tenera età e non aveva abbandonato fino a quando, appena 14enne, Jannik aveva scelto di trasferirsi a Bordighera in Liguria, alla scuola di Riccardo Piatti, lasciando il cuore all'ombra delle Dolomiti per inseguire la passione che proprio Josef aveva alimentato. Era lui che alle 7 di mattina, avanti e indietro in macchina tra Sesto e il circolo del tennis di Brunico, accompagnava il talentoso nipotino nel tentativo di non fargli "perdere colpi" né a scuola né nello sport. Ed era stato lui il primo ad approvare la sua scelta combattuta quando, giovanissimo, il futuro campione aveva preferito la racchetta allo sci. In questi giorni quindi Sinner starà insieme all'amata nonna Emma, la moglie di Josef.
La cotoletta viennese
I nonni ricorrono insomma nei suoi ricordi d’infanzia più piacevoli, come quelli che lo vedevano a tavola gustare la Wiener Schnitzel, la cotoletta alla viennese della nonna materna Maria nonché, ancora oggi, il "comfort food" dell'atleta. «Ho una famiglia normale, ognuno fa il suo lavoro. Il babbo faceva lo chef in un rifugio in Val Fiscalina: si svegliava alle 7 di mattina e non si sapeva mai a che ora tornava. La mamma faceva la cameriera ai tavoli e aiutava i nonni a pulire gli appartamenti. Dopo scuola andavo dai nonni a fare i compiti», ha confessato in passato il tennista, rivelando come l'etica del lavoro sia radicata in famiglia. Sempre al nonno Josef, Jannik tributa il suo interesse per le gesta sportive della sciatrice Lindsey Vonn. «Conoscerla e parlare con lei è stato un onore. Da bambino ogni sabato e domenica ero davanti alla tv con il nonno a guardare le sue gare. Mi alzavo prestissimo, andavo a sciare alle 7.30 e alle 11 ero sul divano con lui».
L'emozione
Per altro Josef è un nome che ricorre nella famiglia Sinner dato che anche il nonno materno (marito di Maria) si chiama così. Comprensibile, dunque, l'immenso dolore provato solo un anno fa di cui Jannik, di solito così riservato, non aveva fatto mistero in pubblico. «Quando è mancato il nonno ero in volo di ritorno dall'Australia. Sono atterrato a Milano alle 6, il nonno era morto alle 4 - aveva raccontato Sinner -. Ho trovato il mio babbo in aeroporto: è stato zitto ma ho visto subito che c’era qualcosa che non andava. Me l’ha detto per strada e mi sono trattenuto. Poi da solo, in cameretta, qualche lacrima è scesa». Emozioni di fronte alle quali, oggi, risultano ancora più chiare le sue prime parole da vincitore: «Mi sento una Formula 1... ma quanti sacrifici. Ora corro dai nonni».
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