Berlino sulla bocciatura del Mes: “Decisione deplorevole, ma l'Italia si è fatta male da sola"
“Il governo Meloni non ancora ha capito come si negozia in Europa”. Un’autorevole fonte tedesca si dice “poco impressionata”, dalla bocciatura del Mes. E oggi, in effetti, sui giornali tedeschi non c’è una riga sul voto di ieri: le prime pagine sono piene ancora dell’accordo sul Patto di stabilità, nessuno riporta il gesto di stizza arrivato ieri da Roma. Così come nessuno ha mai commentato il goffo tentativo di Giorgia Meloni di barattare il via libera al Patto con quello al Mes, nei mesi scorsi. Una pagliacciata accolta sempre con una scrollata di spalle. Già sul piano comunicativo, la baraonda di ieri per bastonare l’Europa che ha osato fare un accordo senza cedere ai ricatti italiani, è un’operazione fallita.
Il motivo è molto semplice. “La decisione è deplorevole, ovviamente. Perché impedisce all’Europa intera di dotarsi anche di un paracadute importante per le banche. Ma alla Germania il Mes non serve. Mentre l’Italia è il Paese che potrebbe averne più bisogno. E non tanto sul piano del debito, ma su quello delle banche”. Meloni, per fare un dispetto a Francia e Germania, si è appena messa un cappio al collo, questo il senso del ragionamento della fonte vicina al ministro delle Finanze Christian Lindner.
La storia, come sempre, offre una lezione importante per riflettere sulla stupidità della bocciatura di ieri. Nel 2008, quando a Wall Street scoppiò la più grande crisi finanziaria dal 1929 e cominciò a lambire le banche europee, Sarkozy e Merkel si incontrarono a Parigi e la cancelliera tedesca citò Goethe - “ognuno spazza davanti alla propria porta” - per spiegare al presidente francese che la Germania avrebbe risolto ogni problema per conto suo.
Berlino varò un maxi fondo anti-crisi e iniettò negli anni successivi oltre 280 miliardi di euro nel suo disastrato sistema bancario, persino nazionalizzando parzialmente il secondo colosso del credito tedesco, Commerzbank. Certo, in quegli anni l’Europa decise anche di rafforzare il suo sistema creditizio con l’Unione bancaria, ossia con l’istituzione di una Vigilanza comune e un fondo, alimentato dalle banche, che avrebbe salvato anche il resto del continente da eventuali disastri bancari.
Con il suo consueto approccio moralista e piuttosto ipocrita, l’allora ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, impose infine una regola assurda ai partner europei, il cosiddetto “bail in”, che avrebbe fissato dei mostruosi paletti a ogni tentativo futuro di uno Stato di salvare i propri istituti di credito. Ma oggi Berlino è la prima ad ammettere che sarebbe pronta a buttare a mare quelle regole, nel caso di un’emergenza.
“Se dovesse saltare una banca grossa che mettesse in pericolo la tenuta del Paese - spiega la fonte - è ovvio che noi la salveremmo, anche contravvenendo al bail in”. La Germania può farlo: ha un debito e un deficit basso. E dunque enormi margini finanziari per intervenire nella sua economia, come ha dimostrato in questi ultimi anni. E questa è la sostanziale differenza con l’Italia.
Il salva-Stati serve da paracadute a quei Paesi, come l’Italia, che non hanno le risorse per salvare le proprie banche. In più, ricordano da Berlino, gli istituti di credito italiani sono zeppi di titoli di Stato italiani. “Se dovesse esserci una nuova crisi di fiducia dei mercati verso l’Italia, le banche sarebbero le prime a essere a rischio”. In altre parole, se ci fosse una nuova “crisi dello spread”, se i rendimenti dei titoli italiani dovessero schizzare alle stelle, terremoterebbero anzitutto il sistema del credito. E in una situazione così pericolosa, si chiede la fonte, “l’Italia avrebbe i soldi, dato il debito pubblico alle stelle, per salvare le sue banche? Non sarebbe importante poter contare sul paracadute europeo del Mes?”.
Al di là del fastidio, insomma, per una bocciatura che mette l’Italia contro tutti e mostra anche una scarsa solidarietà verso quei Paesi che potrebbero aver bisogno di un “backstop” europeo per le banche, la Germania pensa che Meloni abbia arrecato dei danni anzitutto al proprio Paese. La Grecia, infatti, che ha un debito più alto del nostro e che viene citata sempre ad esempio da Fratelli d’Italia e i Cinquestelle per ricordare la distruttiva austerità imposta ad Atene dal vecchio Mes, ha sottoscritto la riforma del fondo salva-Stati senza battere ciglio.