Dentro la war room ucraina nella regione di Kharkiv: la sfida dei droni nella notte

diLorenzo Cremonesi

La 92sima Brigata di fanteria lavora a pochi chilometri dalle prime linee russe per fermare l'offensiva iniziata il 10 maggio: il reportage

DAL NOSTRO INVIATO 
FRONTE NORD DI KHARKIV - Ore 22, l’ultima luce muore all’orizzonte e il Novator, un gigantesco veicolo blindato ricavato da un camion Ford trasformato dagli ucraini in centralina di ascolto e «jamming»  per la guerra tra droni, ci trasporta alla base «Villa». S’intravvedono nella notte villaggi dove non c’è alcun edificio risparmiato dai bombardamenti. Quando può, l’autista spegne i fari o utilizza l’alone rossastro delle luci da camuffamento. Transitiamo in un tratto a meno di cinque chilometri dalle prime linee russe nel settore di Lyptsi sempre accompagnati dal timore di essere intercettati dal cielo. Infine, dopo circa mezz’ora, ecco una macchia d’alberi e le scale di accesso alle cantine di una piccola fattoria danneggiata dove stanno acquartierati gli uomini della «Achille», l’unità scelta di dronisti inquadrata nella 92esima Brigata di fanteria accorsa il 10 maggio per fermare l’offensiva russa verso Kharkiv. 

Ore 22,43: suona l’allarme. Un drone d’avvistamento segnala fanterie russe in avvicinamento circa 3 chilometri di fronte a noi. Andreii, il comandante 37enne che sino a due anni fa lavorava come ingegnere elettronico in un’azienda privata, ordina di far decollare subito un drone kamikaze armato con una bomba anti-tank di fabbricazione sovietica. Vola per meno di cinque minuti, quindi, il contrordine. «Non sono soldati russi, bensì cinghiali. Un errore. Ma il vostro drone è già in aria, proseguite pure, d’ora in poi è free hunting».

Dicono proprio così dai comandi di brigata, free hunting in inglese, che in pratica significa che adesso l’iniziativa passa ai dronisti sul campo: hanno l’autorizzazione ad attaccare ciò che vogliono. Non c’è molto tempo, il drone trasporta una carica di esplosivo che pesa 900 grammi e può volare per 35 chilometri, ma la batteria non è carica al massimo. Nella piccola stanza regna un silenzio teso. Il puntatore dotato di visore come fosse un videogioco suda copiosamente. A un certo punto sullo schermo del portatile appare un tank. Ci siamo! Il drone sta per lanciarsi in picchiata. Ma proprio il quel momento viene intercettato dal puntatore nemico, che a sua volta interferisce sulle lunghezze d’onda ucraine: il teleschermo si fa grigio chiaro, quindi blu. «Dannazione! Perduto. Questo round l’hanno vinto i russi», esclama con parole strozzate Andrii.  

Ore 0,15: nuova azione. Da una postazione avanzata tra le case di Lyptsi avvisano di essere stati attaccati. Si alza il drone d’osservazione. In meno di 8 minuti inquadra la scena. Nel buio funzionano i sensori termici e i visori infrarossi. Sullo schermo si distinguono chiare le figure dei soldati che si sparano tra le case e le macchie di cespugli: sembra un fumetto, ci sono soldati a terra, altri combattono corpo a corpo, si vedono piccole esplosioni, forse bombe a mano. Alcuni cercano di scappare in quello che pare un canale, strisciano, poi restano immobili. È il caos della battaglia, quelle figure stilizzate in bianco e nero sono uomini veri che stanno uccidendosi. Ma la missione è abortita. «Impossibile intervenire, non si distinguono gli ucraini dai russi, rischierammo di sparare sui nostri», dice il puntatore, che richiama il drone. 

Ore 0,45: un attimo di calma, risaliamo in superfice per incontrare il soldato Dima, 32 anni, che ha attrezzato il suo laboratorio tra i resti di una stalla. Da tre scatoloni di cartone estrae droni commerciali di fabbricazione cinese. «In meno di dieci minuti a drone riesco a cambiare la batteria, le telecamere e attaccare una bomba col relativo sistema di sganciamento», spiega felice di mostrare il suo lavoro. Con lui usciamo in un prato con divieto assoluto di accendere la lampada frontale. Poco lontano scoppiano alcune granate di cannone. Dima neppure alza la testa, collega la batteria, quindi fa decollare un drone armato e il ronzio subito si disperde nella notte stellata. 

Ore 1,25: nuovo ordine di attacco. I comandi centrali vogliono che si torni a colpire un centro di droni nel villaggio di Strilecha, che si trova a un chilometro dal confine con la Russia. «Lo abbiamo già bombardato l’altro ieri, ma sembra che non sia stato sufficiente, ci dicono che sta ancora funzionando», spiega Andrii. Sono previsti tre droni kamikaze nell’arco di pochi minuti uno dall’altro. Sembra che i russi in questo settore non abbiano i dispositivi dello jamming, si può volare indisturbati. Il primo drone arriva nel cielo di Strilecha poco prima delle due. La visibilità è ottima, rade nubi alte e nessuna nebbia. L’azione ci arriva dal visore direttamente dalla telecamera fissata vicina alla testata della bomba sul drone. Si leggono i metri dal suolo: 300, 250…100, 50, a circa 40 giunge il segnale «low battery». Ma non serve, pochi secondi e il drone si schianta preciso nella zona della porta. Seguono poco dopo il secondo e il terzo. 

Conseguenze? Non sappiamo, occorrerà mandare un altro drone per riprendere l’edificio. Ma sono già le 3. Il bagliore che precede l’alba s’affaccia da est. «Questo è il momento migliore per tornare nelle retrovie», spiega l’autista del Novator. «Le ronde notturne dei droni russi hanno appena finito il turno e non si sono ancora alzate quelle della mattina», aggiunge. Prima delle 4 siamo in aree più sicure. Nella cantina comando «Villa», stanno già preparando i blitz del nuovo giorno. 

11 luglio 2024 ( modifica il 11 luglio 2024 | 12:32)

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