Tridico: “Troppi bulli al centro che non vogliono il patto Pd-5S”
ROMA — Pasquale Tridico, c’è ancora spazio secondo lei per costruire una alleanza forte tra Partito democratico e Movimento 5 stelle dopo le divisioni fortissime in Piemonte e le tensioni in Basilicata in vista delle regionali?
«Sì, assolutamente. Anche in passato, in altre occasioni simili, mi sono permesso di fare un appello al Movimento per costruire una alleanza contro le destre. Questa volta l’appello lo faccio ma al Pd e ad alcuni esponenti del centrosinistra, anche a livello locale, che mi sembrano stiano remando contro».
A cosa e a chi in particolare si riferisce?
«Mi riferisco certamente al Piemonte dove vedo che ci sono pezzi di Pd che lavorano contro. Nel caso della Basilicata invece mi riferisco a politici che stanno fuori dai dem, da Carlo Calenda ai fratelli Pittella a Matteo Renzi: forze esterne che lavorano più per distruggere e provare a disarticolare il dialogo tra il Pd e i 5 stelle che a dare un contributo costruttivo a un’alleanza. Anche perché quando riusciamo a lavorare in modo tranquillo siamo più competitivi e le cose vanno bene come in Sardegna. Gli altri invece non hanno niente da perdere. Ha fatto bene Conte a dire che ci sono stati in Basilicata impallinamenti e ricatti di chi voleva piegare la coalizione ai suoi scopi personali».
Quali sono i passi da fare per rendere facile il dialogo Pd e 5 stelle?
«Si deve partire dai temi. Ad esempio come abbiamo fatto con il salario minimo. Prima i temi, poi i nomi. Anche in Piemonte il Movimento non ha fatto nomi, prima ha chiesto di parlare di temi. Ma lì un pezzo del Pd, locale soprattutto, ha voluto fare una fuga in avanti. Non penso comunque sia questa la linea della segretaria Elly Schlein».
Ma a parte il salario minimo, quali altri temi possono vedere convergenze tra Pd e 5 stelle a livello nazionale quantomeno?
«Oltre alla questione del lavoro povero e dei salari, c’è la lotta alla precarietà: proprio ieri Repubblica riportando uno studio della Cgil, affermava che ci sono 11 milioni di lavoratori precari, una cosa enorme; c’è il tema del Sud abbandonato, che con l’autonomia differenziata, sprofonderebbe con divari ancora maggiori verso il Nord; c’è il tema della tutela della Costituzione, contro velleità di leader soli al comando, che umiliano il Parlamento e il Quirinale, come il premierato; c’è il tema del Pnrr, che fa fatica a decollare. E infine ci sono i giovani, ormai sempre più lontani dalla politica. Una proposta da realizzare con i dem è il voto a 16 anni e il riscatto della laurea gratuito ai fini della pensione».
Chi non vuole fare l’alleanza con il Movimento utilizza però un elemento concreto: le vostre difficoltà a raccogliere consensi in elezioni locali.
«Il Movimento si sta strutturando. Oggi abbiamo 260 gruppi territoriali in tutte le regioni e una scuola di formazione che anche io sto contribuendo ad alimentare, e di cui sono responsabile scientifico. Due volte a settimana ci sono duemila aderenti al Movimento che partecipano alle lezioni su economia, diritto, transizioni ecologica ed Europa. E ci insegnano molti docenti di area progressista, da Linda Laura Sabbadini a Mario Tozzi o Andrea Roventini. Tutti docenti di spirito progressista. Questo è esattamente il cuore del nuovo corso voluto da Conte».
Nel campo largo comunque lei tenterebbe ancora il dialogo con Renzi e Calenda?
«Non sta a me decidere. L’alleanza con un centro moderato è possibile. Ma penso che qui ci siano dei leader, in questo centro liberale, che non sono moderati ma estremisti e al limite del bullismo. Anche vedendo le dichiarazioni in queste ore di dirigenti ipoteticamente moderati. In teoria comunque il centro moderato può e deve far parte di un campo largo progressista: ma con questi leader, ripeto, mi sembra impossibile».