Miriam Tommasone: «Io sul ring contro Khelif, ricordo la paura. Ma ci tornerei e poi l’abbraccerei»

diMarco Bonarrigo

La pugile napoletana che perse nel 2022 a Sofia perse ai punti contro l'algerina: «Ha più testosterone, è una colpa? Ora una boxe giusta per tutte»

PARIGI «Ricordo bene quel pomeriggio: Sofia, Bulgaria, 24 febbraio 2022. Avevo 19 anni, partecipavo per la prima volta a un torneo internazionale in maglia azzurra. Della mia avversaria, l’algerina Imane Khelif tutti parlavano come una picchiatrice. Tre anni e sei centimetri più di me, assai più esperta, Imane tirava colpi tremendi. Mai preso così tante botte. Anche io come Angela Carini ho avuto paura, anche io ho chiesto al mio allenatore di gettare la spugna. Ma sono rimasta sul ring e in piedi fino alla fine del terzo round. Quei pugni li prenderei altre centomila volte».

Napoletana, 21, studentessa di Scienze infermieristiche e a tempo perso modella, Miriam Tommasone boxa da quando aveva 5 anni e combatte dai 14 come genitori, nonni, zii e fratelli, tutti contagiati dalla feroce passione napoletana per il pugilato. Due medaglie di bronzo europee, allenata a Fuorigrotta da Gennaro Marcone, Miriam è l’unica italiana ad aver combattuto contro Imane Khelif assieme ad Alessia Mesiano (2021) e ovviamente ad Angela Carini.

Come ha vissuto il match Carini-Khelif e quello che è successo dopo?
«Soffrendo per Angela, per me sorella e maestra, ma anche per Imane, atleta straordinaria che merita l’oro olimpico».

Cosa le piace di Khelif?
«Ha coraggio e dignità, una boxe aggressiva ma lucida ed elegante e riesce a rimanere fredda in giorni in cui subisce aggressioni violente e ingiuste. Viene da una realtà familiare ed economica difficile. Ha fame, è pronta a tutto».

E di Carini?
«È l’opposto di come viene dipinta da certi odiatori del web. Angela è una che non abbandonerebbe mai il ring. Mai. Adesso è una leonessa ferita».

Perché ha lasciato dopo 46 secondi?
«Bisogna essere pugile per capirlo. Sono state scritte cose enormi prima dell’incontro, potrebbero averla destabilizzata. Aveva male ai denti, ha preso subito un pugno in pieno volto. È vittima della situazione come Imane. Ma non ci pensa a ritirarsi: tornerà più forte di prima».

Perché lei invece restò sul ring?
«Forse perché avevo meno pressioni, di sicuro perché oltre a prendere botte da orbi ebbi il tempo di piazzare anche qualche bel pugno. Khelif è forte ma non imbattibile. Per me quel match fu una svolta».

Perché?
«Era la prima volta che incassavo colpi così forti, così dolorosi. Rivedendo il video capii molti errori, imparai a correggerli. Le sconfitte fanno bene».

Ebbe paura di Khelif?
«Molta, anche solo guardandola. Era una guerriera e lo si capiva benissimo. Poi arrivarono i primi colpi, di una violenza che non avevo mai provato».

La «forza di un uomo», come ha detto Angela?
«Quella della donna più forte che io abbia mai incontrato».

La questione dei vantaggi delle donne Dsd resta un tema delicato.
«Lo è. Come laureanda in Scienze infermieristiche ho approfondito il tema. Chiariamo: Khelif è una donna che ha più testosterone in circolo della media. È una condizione naturale non una colpa da imputarle. Quando in allenamento combatto contro un uomo mi rendo conto che la sfida è impari. Quanto lei sia uomo io non lo so».

I limiti tra inclusione ed equità?
«Non li conosco, forse non li conosce nessuno. Far combattere le atlete Dsd tra di loro? Non sarebbe un ghetto? Mettere dei limiti ai livelli di testosterone? Chi li stabilisce e come? È una vicenda che va oltre le mie possibilità di comprensione. Io vorrei una boxe giusta per Angela, per Khelif e tutte noi. Spero che la scienza ci aiuti».

Il suo futuro?
«Voglio le Olimpiadi. E se dovessi incontrare Imane, mi batterei con lei e poi l’abbraccerei».

3 agosto 2024 ( modifica il 3 agosto 2024 | 21:49)

- Leggi e commenta