Il consigliere di Thatcher: «Starmer è un manager, non ispira come Blair. La Brexit ha distrutto il partito conservatore»

diLuigi Ippolito

Lord Powell, storico consigliere di Margareth Thatcher: «I laburisti arrivano al potere in un momento difficile»

«Starmer èun manager, non ispira come Blair. La Brexit ha distrutto  il partito conservatore»

Keir Starmer è il segretario del partito laburista dal 2020 (Getty)

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — Lui è uno degli ultimi Grandi Vecchi della politica britannica: consigliere più stretto di Margaret Thatcher negli anni Ottanta, oggi Lord Charles Powell siede da indipendente nella Camera Alta del Parlamento britannico e dal suo punto privilegiato di osservazione ripercorre quattro decenni di tumultuose vicende d’Oltremanica.

Sembra che a Londra stiamo attraversando dei cicli di lungo periodo: da quello thatcheriano al New Labour di Tony Blair, dai successivi 14 anni conservatori all’avvento dei laburisti di Keir Starmer. Siamo all’inizio di un nuovo ciclo che plasmerà la Gran Bretagna o è tutto diventato molto più volatile?
«Sono incline a pensare che siamo all’inizio di un nuovo ciclo in seguito al disfacimento del ciclo precedente. Per questo andamento ci sono ragioni interne alla politica britannica (e non solo): quando un nuovo governo viene eletto arriva con nuove idee, nuove energie, cose che vogliono fare. Ma su un periodo di 12-14 anni perdi quella spinta, hai fatto le cose prioritarie, la vita diventa più una gestione quotidiana, cominci a perdere le prime file e ricorri alle seconde, se non alle terze, come è avvenuto ai Tory: così le cose diventano meno prevedibili, meno facili da gestire, con gente non così qualificata, e sospetto che sia ciò a cui abbiamo appena assistito. A tutto questo si sono aggiunti fattori destabilizzanti, come la Brexit e l’alta immigrazione».

Come possiamo paragonare il ciclo conservatore che ora giunge al termine col ciclo thatcheriano?
«L’attuale ciclo non è stato caratterizzato da un focus intenso sui principi conservatori come libero mercato, diritti individuali, privatizzazioni, riduzione delle tasse. L’obiettivo della Lady di Ferro era rinnovare la società: non descriverei gli ultimi 14 anni come neppure lontanamente animati da una forte motivazione come quella, sono stati più manageriali e hanno perso impeto. L’idea di avere in Gran Bretagna 5 premier in 14 anni è inaudito, non soltanto per l’epoca della Thatcher. Questo suggerisce una disintegrazione all’interno del partito conservatore, gran parte della quale è stata provocata dalla Brexit».

Non solo i conservatori sono stati distrutti dalla Brexit, ma quel che resterà di loro rischia di trasformarsi in un partito di destra radicale. Che ne pensa?
«No, non credo che diventeranno un partito di destra dura. È qualcosa che non esiste in questo Paese: il populismo sì, ma non una destra come quella di Salvini o della AfD. Nel carattere britannico c’è una specie di meccanismo di difesa contro le visioni estreme. Farage è estremo? No, è populista, ma non lo chiamerei estremista. Il partito conservatore ha una storia così lunga e ha mostrato una tale capacità di conquistare il potere che tornerà a ciò: però avrà bisogno di purgarsi e restaurare il concetto di leadership come lo abbiamo visto in epoche precedenti. Ma ci vorrà una nuova generazione».

Quali saranno da domani le sfide per il Labour?
«Non c’è dubbio che il nuovo governo arriva al potere in un momento molto difficile. Non solo sul piano interno, in termini di crescita e produttività, ma anche sul piano internazionale, con l’emergere di una coalizione fra Russia, Cina, Iran, Nord Corea intenta a seminare instabilità nel mondo, oltre alla possibilità di una rielezione di Trump che cambierebbe i rapporti fra Stati Uniti ed Europa ma avrebbe effetti anche su Londra».

È la grande differenza fra l’arrivo al potere di Blair e quello di Starmer?
«Sì, Blair aveva ereditato una situazione economica molto buona, aveva Clinton alla Casa Bianca: per lui la vita era una festa!»

Come si comporterà allora Starmer, a differenza di Blair?
«Dobbiamo considerare alcune differenze, anzitutto di personalità. Blair era un leader che ispirava, un grande comunicatore, uno che aveva fatto un buon lavoro nel trasformare il Labour in un partito socialdemocratico. A voler essere generosi con Starmer, possiamo dire che la sua sarà una gestione più manageriale, o piuttosto da manager di medio livello, non sarà un governo di grandi ispirazioni o invenzioni: sono stati così cauti in campagna elettorale che è difficile capire cosa faranno. Sappiamo che ripareranno le buche nelle strade, ma non è una cosa che ispira più di tanto. Vogliono la crescita, ma abbiamo poche evidenze su come l’otterranno».
Anche perché non hanno grande spazio di manovra in termini di bilancio.
«Esattamente. In un certo modo simpatizzo con la loro situazione: hanno ereditato un quadro difficile, parte del quale è colpa dei loro predecessori e parte del quale è frutto degli eventi, dalla pandemia in poi. Sono tempi duri, ma il compito di un governo è affrontare i tempi duri. Pensiamo a cosa aveva ereditato Margaret Thatcher: una situazione ancora più difficile di quella attuale, scioperi, immondizia per strada. Ma dimostrò leadership, ossia la capacità di avere idee forti e la spietatezza nell’attuarle».

4 luglio 2024 ( modifica il 4 luglio 2024 | 10:52)

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