Meloni a Washington conferma il sostegno all'Ucraina: «Sì agli aiuti, ma mirati ed efficaci»

diMarco Galluzzo

La premier: «Il 2% del Pil di spesa è un obiettivo, insieme a un’industria della difesa innovativa»

La premier Giorgia Meloni durante la cerimonia  del summit per i 75 anni della Nato al Mellon Auditorium a Washington, 9 luglio 2024
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Giorgia Meloni, 47 anni

DAL NOSTRO INVIATO
WASHINGTON - «La Nato si conferma l’Alleanza più affidabile e coesa della storia, capace di assicurare libertà e sicurezza, obiettivi e valori sui quali possiamo permetterci solo passi in avanti. Senza la difesa di questi principi e dell’Ucraina vivremmo tutti nel caos. Continueremo ad investire nella Nato e nella nostra Difesa, e a puntare ad un’attenzione maggiore verso il fronte Sud della nostra alleanza». Giorgia Meloni esprime questi concetti nel suo primo discorso al vertice della Nato. Un intervento nel quale la presidente del consiglio ha detto che il sostegno dell’Italia all’Ucraina «continuerà, ma deve essere mirato ed efficace, allo stesso tempo evitando duplicazioni, perché 96 cittadini dell’Unione Europea su 100 sono anche cittadini di una nazione della Nato e il bilancio nazionale al quale attingiamo è sempre lo stesso». 

Per poi aggiungere che l’Italia «oggi è in grado di annunciare che la traiettoria della spesa per la difesa nel 2024 è in aumento. Il 2% è tra i nostri obiettivi, ma non è l’unico. Dobbiamo anche lavorare a un’industria della difesa innovativa e competitiva, che tragga vantaggio dalla complementarità tra Nato e Ue». Meloni, infine, saluta come una «buona notizia» ma anche come un «punto di partenza» la «designazione di un Rappresentante Speciale per il Sud, perché non possiamo essere lasciati soli su quel fronte», aggiungendo che l’Italia «continuerà a lavorare affinché, nell’interesse di tutti, le nostre priorità siano adeguate a un mondo che sta cambiando» nel contesto di una «minaccia ibrida e globale». 

Ma al di là delle parole della premier e dei singoli temi trattati, verso l’Italia al vertice Nato si respira un atteggiamento generalmente positivo: «Ci viene riconosciuto che siamo alleati di primo piano, tutti sanno che abbiamo addirittura sguarnito alcune delle nostre difese minime, pur di mandare una seconda batteria Samp-T». Fonti di governo riassumono in questo modo lo sforzo fatto dal governo Meloni. Ci sarà anche Matteo Salvini che insieme ad Orbán e ad una fetta di Europa politica non vuole più armi a Kiev, ma quando Biden al G7 ha accolto l’amica Giorgia con un complimento inaspettato («Ho capito che ormai sei la leader più forte in Europa») c’era anche il riflesso di tutte le volte che Washington ha chiesto qualcosa all’Italia e l’Italia non si è sottratta. 

Nei saloni del St Regis, l’hotel che ospita la delegazione italiana, non ne fanno mistero, anche se ufficialmente non possono che dire «no comment, è materia sensibile, sono cose secretate», eppure nel bilancio degli aiuti a Kiev affiora anche il trasferimento di missili per l’aviazione ucraina, non sistemi anti-missile. No, qui c’è ancora l’eco delle parole del ministro della Difesa britannico, quando inserì anche l’Italia nella lista di chi mandava i micidiali Storm Shadow all’Ucraina

Ora che la Casa Bianca ha ringraziato ufficialmente Roma e Meloni per il secondo sistema anti missile, nelle conversazioni fra militari, diplomatici e funzionari della Nato si discute anche di quanto in Italia è rimasto strettamente secretato. L’Italia aveva 200 missili Storm Shadow prima della guerra, missili capaci di colpire anche a 500 km di distanza, che si montano sui caccia. Oggi la dotazione sta per essere ricostituita perché Leonardo e altre aziende hanno alzato la produzione, ma una quota di quei 200 è andata a finire dalle parti del Mar Nero

«Per stare in modo dignitoso dentro la Nato quando arriva una richiesta non puoi dire di no, non siamo un condominio con le quote, ma una lega e ci si deve aiutare a vicenda», conferma una fonte militare. Del resto, viene aggiunto, anche in questo caso ci siamo privati di sistemi minimi di difesa del nostro Paese, siamo scesi sotto la quota di sicurezza standard, «ma ce lo hanno chiesto gli altri membri della lega». Insomma restiamo il 12esimo Paese per contributi militari, superati da Stati anche più piccoli, ma ci viene riconosciuto lo sforzo fatto in tutti questi mesi.

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11 luglio 2024 ( modifica il 11 luglio 2024 | 00:10)

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