Trattative per allungare la tregua: si punta allo scambio di soldati

TEL AVIV — La fase tre dei negoziati tra Israele e Hamas per mettere fine alla guerra entro breve dentro la Striscia di Gaza è ancora allo stato embrionale, è soltanto un’idea che non viene menzionata nelle dichiarazioni pubbliche, ma c’è.

La fase uno era il cessate il fuoco di quattro giorni cominciato venerdì scorso con la formula “sospensione dei bombardamenti più aiuti umanitari più liberazione degli ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi” e ha funzionato. Dopo è arrivata la fase due, quella che stiamo attraversando adesso e che dovrebbe finire oggi all’alba ma che si sta provando a estendere fino a domenica: un cessate il fuoco con la stessa formula per liberare tutti i bambini e le donne israeliane. In queste ore ci stanno lavorando a Doha i negoziatori di Usa, Egitto e Qatar. Se fallissero già oggi potrebbero riprendere le operazioni militari israeliane a Gaza.

D’altra parte la fase tre è ambiziosa e punta proprio a evitare una ripetizione di questi primi 54 giorni di guerra, e quindi che gli israeliani dopo avere preso Gaza City e il settore Nord della Striscia al prezzo di devastazioni enormi e più di 15mila morti muovano nel settore Sud dove si è concentrata la maggior parte della popolazione palestinese e diano battaglia a Khan Yunis. In cambio la leadership di Hamas dovrebbe liberare tutti i 124 ostaggi israeliani che ancora ha in mano e quindi anche le categorie tenute per ultime: le donne in età militare, gli uomini e i militari catturati. Poi restituire anche i corpi presi come merce di scambio durante i massacri del 7 ottobre. Infine deporre le armi e abbandonare la Striscia.

Il sito di Yediot Ahronot cita una fonte diplomatica di alto livello israeliana per dire che il prolungamento del cessate il fuoco anche oltre dieci giorni è fattibile, ma «nessuno dimentica lo scopo della guerra (distruggere Hamas) e se la proposta fosse il disarmo di Hamas gestito da una forza internazionale sarebbe risibile, sappiamo già come va a finire». La tv Channel 12 dice che il governo di Netanyahu si aspetta la richiesta palestinese di liberare tutti i prigionieri, anche quelli condannati per omicidio, e rifiuterà. Ma ci sono altri segnali: l’incontro a 4 a Doha tra il direttore della Cia William Burns, il capo del Mossad David Barnea, il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel e il premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani non può avere avuto come solo argomento di discussione il prolungamento di un cessate il fuoco già in vigore.

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, oggi arriva in Israele per spingere la proposta – per conto del presidente Biden stanco di perdere voti negli Usa a un anno dalle elezioni per colpa dei bombardamenti su Gaza. Abu Mazen, leader traballante dell’Anp, dopo avere detto che la Striscia deve passare sotto l’Autorità nazionale palestinese ieri ha lanciato la proposta di una conferenza di pace. Del resto, come scrive l’analista Zvi Bar’el su Haaretz, Israele deve pensare a qualcosa di nuovo, sul modello di quanto accadde nell’agosto 1982 a Beirut, quando la leadership dell’Olp assediata dagli israeliani si arrese in blocco e si trasferì in Tunisia.

Le dichiarazioni di generali e ministri israeliani vanno in senso opposto, anche solo per ragioni tattiche: la guerra sta per ricominciare, si sposterà nel Sud della Striscia e sarà ancora più intensa. Netanyahu, parlando con le comunità colpite nel Negev, ha detto: non lascerà che il capo di Hamas, Yahya Sinwar, emerga da un tunnel per fare con la v di vittoria, che è un riferimento esplicito a quando Arafat uscì dall’assedio di Beirut nel 1982 proprio facendo la v di vittoria.

Ieri Hamas ha liberato due donne russe, come omaggio extra alla posizione di Putin e soltanto dopo le undici di sera ha restituito 10 ostaggi, con un ritardo che ha definito «logistico». Tra loro c’era anche Amit Shani, 16 anni e tifoso della Juventus – domenica a Torino i suoi amici ne avevano chiesto la liberazione. C’era anche Raya Rotem, la madre Hila, la tredicenne liberata sabato senza mamma, scatenando l’indignazione in Israele. Tra le prigioniere palestinesi consegnate ieri sera c’era invece Ahed Tamimi, l’attivista diventata celebre nel 2017 dopo avere schiaffeggiato un soldato israeliano.

Difficile sapere se ieri sera c’erano davvero problemi logistici, perché spostare gli ostaggi dai nascondigli senza farsi individuare dagli israeliani non è banale, oppure se è stato un gioco psicologico per far innervosire i negoziatori in vista delle prossime trattative. Netanyahu ha detto che all’inizio Yahya Sinwar per 4 giorni di tregua aveva offerto non 50 ostaggi ma soltanto due israeliani più sette stranieri e questo rende l’idea dei mercanteggiamenti dietro le quinte.