Henry Kissinger, grazie a lui gli Usa scoprirono l’importanza del calcio

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di Lorenzo Nicolao

I Mondiali 1994 negli Stati Uniti furono merito del diplomatico di origini tedesche, quando oltre oceano il mondo del pallone era ancora ignorato. Simpatizzante della Juventus e amico di Gianni Agnelli, fu tra i primi a comprendere il valore dello sport nelle relazioni internazionali

Henry Kissinger, grazie a lui gli Usa scoprirono l’importanza del calcio

Henry Kissinger con Gianni Agnelli (Epa)

La maggior parte degli statunitensi ancora rimprovera chi distrattamente confonde quello che loro chiamano �football� (da noi meglio noto come football americano) con il calcio di origine inglese, da loro chiamato, spesso con toni dispregiativi, �soccer�. Eppure, se una pluridecennale distanza e diffidenza dal mondo del calcio, oggi superata anche dai tanti tifosi che frequentano gli stadi della Mls (la Major Soccer League), � stata definitivamente oltrepassata negli Stati Uniti, lo si deve in buona parte anche per merito dell’impegno di Henry Kissinger, appena scomparso all’et� di 100 anni nella sua casa in Connecticut. L’ex segretario di Stato dei presidenti Usa Richard Nixon e Gerald Ford ha contribuito alla politica estera americana degli ultimi 60 anni anche attraverso l’utilizzo di un potente strumento come il calcio. Di cui aveva intravisto l’importanza geopolitica prima di tanti altri. Oggi infatti il pallone � riconosciuto da tutti come un potente mezzo di soft power (la Cina e il Medio Oriente ne sanno qualcosa) ma Kissinger lo aveva capito fin dalla fine degli anni ‘80.

I Mondiali di calcio del 1994

Dopo essere stato protagonista della politica estera Usa per anni, alla fine degli anni Ottanta infatti, il gi� Premio Nobel per la Pace (riconoscimento che gli fu assegnato per i negoziati relativi alla fine della guerra del Vietnam) fu decisivo anche per l’assegnazione del primo Mondiale di calcio a stelle e strisce della storia. Kissinger comprese l’importanza del pallone per rinfrescare il protagonismo statunitense nello scenario internazionale, un po’ perch� tifoso e appassionato date le sue origini legate al Vecchio Continente (era cresciuto in una famiglia ebraico-tedesca e dal 1989 fino alla morte � stato del Bayern Monaco anche se non ne era mai stato tifoso), dove lo sport pi� diffuso del mondo spopolava da decenni, un po’ per la capacit� di interpretare fenomeni lontani dalla cultura americana, quella che da sempre aveva preferito il baseball, il football e il basket al calcio. Sul finire della Guerra Fredda del resto, la superpotenza aveva bisogno di altri mezzi per confermare la sua leadership e plasmare la globalizzazione, dopo tanti conflitti e controversie politiche che in passato avevano visto protagonista lo stesso ex segretario di Stato Usa. Che aveva capito l’importanza dello sport nella vita moderna che consisteva soprattutto nella capacit� di creare un punto di contatto tra Paesi e popoli segnati da culture, leggi e modi di pensare totalmente diversi, (sua del resto anche l’idea della cosiddetta �diplomazia del ping pong� che inaugur� una nuova stagione politica di distensione con la Cina). Per questo motivo, dettato in questo caso dalla volont� di riattrarre i Paesi europei verso la sponda atlantica, una volta indebolitesi le ragioni di vicinanza dovute al venir meno della necessit� di difesa comune generata dalla competizione con l’Unione Sovietica, che era sul punto di crollare, il calcio, come fattore collettivo, doveva essere per Kissinger lo strumento di una nuova positiva popolarit� degli Stati Uniti d’America per l’Europa e il resto del mondo. L’ex Segretario di Stato, nel ruolo di consigliere e sponsor �relazionale�, promosse attivamente la scommessa �Mondiale� degli Usa, affermando in pi� occasioni rivolto a chi dubitava dell’importanza delle partite di calcio, che �soltanto lo sbarco in diretta di un’astronave extraterrestre carica di omini verdi avrebbe potuto convincere tanta gente a raccogliersi contemporaneamente davanti a un televisore per due ore�.

La mediazione con la Fifa

Dopo le Olimpiadi (ma quelle di Los Angeles del 1984 avevano dovuto subire il boicottaggio dell’Unione Sovietica e del blocco di Paesi a lei legati) la prima vetrina americana di uno sport veramente globale fu dunque nel 1994 quel Mondiale che fece scoprire agli stessi yankee il fascino del calcio. Una candidatura e una scommessa vinta, ricoprendo poi anche il ruolo di presidente onorario del comitato organizzatore di quel torneo, anche grazie ai rapporti diplomatici con la Fifa e alle relazioni cordiali con l’allora numero 1 del calcio mondiale, il brasiliano Joao Havalange. Grazie a lui vennero tutti convinti che gli Stati Uniti potevano essere la migliore vetrina possibile per il calcio e il calcio il maggiore strumento possibile per diffondere i valori americani negli anni Novanta. Un seme dal quale sarebbe negli anni successivi cresciuto il movimento (maschile) della Mls, mentre le donne gi� erano salite sul tetto del mondo, nel 1991, perch� protagoniste grazie ai college e al fenomeno delle cosiddette �soccer moms� di uno sport che oltre oceano sembrava all’epoca unicamente riservato a loro.

Il soft power del pallone

Kissinger, a dire il vero, aveva gi� sostenuto il Mondiale del 1978 in Argentina, un Paese allora governato dai dittatori militari e proprio per questo il ruolo del diplomatico nell’avventura del 1994 venne pi� volte criticato. L’ex Segretario di Stato Usa vantava per� anche forti legami personali con Giovanni Agnelli, proprietario della Fiat e della Juventus (era infatti anche un fan dei bianconeri), e tanti altri magnati del mondo del calcio non ultimo Bernard Tapie presidente allora dell’Olympique Marsiglia, vincitore della Coppa dei Campioni del 1993. Punt� poi sull’appoggio dell’uomo giusto all’interno dell’organizzazione-guida del calcio mondiale: Sepp Blatter, che ai tempi ricopriva il ruolo di segretario di Havelange, apprezzato per le cinque lingue (tedesco, francese, inglese, spagnolo e italiano) parlate alla perfezione. Una scelta quella di Kissinger che, come detto, precorse i tempi. Da quel momento in poi il calcio avrebbe assunto sempre maggiore rilevanza politica, dai Mondiali 2002 in Corea e Giappone a quelli sudafricani nel 2010, fino a quelli russi nel 2018, con il presidente Vladimir Putin in prima linea. Qualcosa che appare scontato in un’epoca come quella attuale condizionata dai petrodollari che vengono dall’Arabia Saudita, in cui c’� stato gi� un Mondiale organizzato con successo in Qatar (2022). Senza contare le orde di investitori che in ogni parte del mondo hanno compreso la popolarit� del calcio, come quella di singoli campioni dalla visibilit� globale come Lionel Messi e Cristiano Ronaldo (non a caso protagonisti sul finire delle loro carriere rispettivamente negli Stati Uniti e in Arabia). Ma che allora non veniva ancora del tutto capita, almeno negli ambienti della politica Usa.

L’appoggio decisivo ai Mondiali del 2026

Si � detto e scritto molto del rapporto, non sempre sano, tra politica e calcio ma, se i Mondiali 2026 torneranno negli Usa (congiuntamente a Messico e Canada, a dispetto degli spostamenti non proprio agevoli), questo merito � dovuto, ancora una volta, al carisma di Kissinger. Proprio lui, a 90 anni gi� compiuti, ha pi� volte fatto capolino tra le fila del comitato promotore, riportando di fatto i Mondiali di calcio negli Usa per la seconda volta. Questa volta con un obiettivo di geopolitica �locale� . Sar� infatti la prima edizione organizzata in tre Paesi diversi, utile a rafforzare la coesione di un blocco geopolitico e geoeconomico, determinante per lo sviluppo del continente nordamericano. Una mossa che riflette l’arte diplomatica di chi, per quanto figura spesso divisiva, ha saputo, anche attraverso il calcio, includere mondi lontani. Grazie a lui gli stessi Stati Uniti, fedeli per oltre un secolo alle loro tre discipline tradizionali, baseball, football e basket (non ce ne voglia l’hockey su ghiaccio) negli ultimi 30 anni non hanno pi� potuto ignorare il calcio.


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30 novembre 2023 (modifica il 30 novembre 2023 | 13:35)

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