"Prendi il cavo e tiralo”. Così Alex Baiocco e i suoi complici hanno organizzato la folle bravata in viale Toscana

“Era un gioco senza regole, non c’era un’altezza prestabilita alla quale intendevamo mettere il cavo, in generale non c’è stata una programmazione della cosa, ma solo: prendi il cavo e tiralo”. La racconta così Alex Baiocco, interrogato a San Vittore per rispondere dell’accusa di strage, ipotizzata dal pm Enrico Pavone al momento dell’arresto eseguito dai carabinieri del Radiomobile. Uno scherzo, dice il 24enne assistito dall’avvocato Dario Antonello Trovato, in cura al San Paolo per problemi psichiatrici e tossico, “una caz… ta” per vincere la noia in una serata ubriaca.

Una tesi che convince il gip Domenico Santoro, che nell’ordinanza di convalida (con misura cautelare) esclude “il dolo specifico di uccidere” - quel "coefficiente psicologico” tipico del reato di strage (che non prevede dolo eventuale) - e ritiene non provato “che, con quel mezzo, si sia voluto in realtà attentare alla vita di più persone”. Certo, “sembra effettivamente difficile individuare un termine diverso dall’aggettivo assurda per poter definire la condotta del Baiocco e dei due complici”, ragiona il gip, “allo stato degli atti, tuttavia, non è dato evincere che quella condotta (assurda: si ribadisce) sia stata accompagnata dal fine di uccidere. E questo nonostante le parole dell’arrestato “non solo appaiono prive di credibilità ma appaiono anche logicamente incoerenti”.

Rileggiamole. La serata comincia in zona Porta Romana sotto casa del 24enne, che è in compagnia di “Michele” ed “Emanuele”, i giovani di cui fornirà i profili Instagram ai carabinieri, “due amici conosciuti da poco”: uno dei due risulterebbe già identificato per aver noleggiato uno scooter elettrico, sul secondo gli investigatori hanno già elementi solidi. Dunque, “quella sera abbiamo bevuto”, prosegue il giovane, “una bottiglia che avevo portato da casa, un amaro, da lì ci siamo spostati in zona Ripamonti”. Lì, all’incrocio con viale Toscana, “vicino ad un cantiere di un edificio che stanno ristrutturando, io e i miei amici abbiamo trovato questa bobina da cantiere e abbiamo iniziato a giocare con questo oggetto per fare il salto della corda”.

La rubano. Non basta: “Eravamo ubriachi, ribadisco. A qualcuno, non mi ricordo a chi, è venuta questa idea stupida di legare la corda da un lato all’altro della strada. Non ricordo se l’idea è venuta a Michele o Emanuele, non posso escludere che sia venuta a me, ripeto ero molto ubriaco. L’idea era di capire quanto fosse lungo il cavo, non di bloccare la strada”. Ne fissano i due capi a un palo stradale e alla pensilina del filobus, anche se Baiocco dirà di averlo legato ad un albero. C’è ilarità. “Eravamo molto scherzosi, continuavamo a ridere, io ho ritenuto di seguire il gruppo”. Solo che a quell’ora, le 2.30 del 4 gennaio, non passa nessuno per lunghi minuti. Per fortuna.

E l’ilarità finisce. “Ci siamo resi conto che qualcuno ci osservava dalla finestra, ci siamo spaventati e siamo corsi via”, prosegue Baiocco. È il testimone Nicola Ricciardelli ad accorgersi della follia e a chiamare il 112:sarà decisiva la sua testimonianza per arrestare il 24enne. “Questo è quello di cui io mi pento maggiormente - dice a verbale Baiocco - perché mi sono reso conto che andava tolto il cavo dalla strada. Ho detto: cavolo devo tornare indietro a togliere il cavo. E ho detto ai ragazzi: torniamo indietro. Anzi preciso che è stato Michele che mi diceva di tornare indietro e io ho appoggiato la sua idea”.

Troppo tardi: “Tornando indietro dal ponte di Ripamonti, abbiamo sentito un boato, un’auto era passata danneggiandosi contro il cavo, che si è rotto. L’automobilista si è fermato, tornando indietro per recuperare i pezzi dell’auto che riusciva a recuperare. Anche in questa occasione mi sono pentito perché sarei dovuto tornare indietro e soccorrere l’automobilista”. Invece il trio fugge e Baiocco viene rintracciato in viale Sabotino, grazie alla descrizione di Ricciardelli. “Sicuramente non ho pensato che qualcuno poteva morire”, insiste il ragazzo col gip, “tanto è vero che quando il Carabiniere mi ha detto che qualcuno passando in moto si poteva tranciare a metà, ho detto: impossibile. Solo qui, quando ero in cella, ho riflettuto e capito che qualcuno poteva morire”.

Giura: “Non doveva essere una trappola, era il nostro gioco che non doveva coinvolgere altri”. SI difende: “Quella sera io stavo come facendo il pagliaccio per assecondare i miei amici che ad esempio mi avevano chiesto di entrare a casa mia dalla finestra”, dice rivolto al suo legale, “mi sentivo partecipe del gruppo ed avevo bisogno di approvazione”. Viene esibita al magistrato la documentazione medica sui problemi psichici di Baiocco - già preso in carico da un Cos e da una struttura assistenziale dopo un trattamento sanitario volontario - che ammette l’uso di hashish, cocaina e droghe sintetiche. “Ero a casa, un po’ triste, con l’umore basso”, ribadisce, “quando è arrivato il mio amico ho pensato che uscire mi avrebbe fatto bene”.

Dunque, per il gip Santoro, non si tratterebbe di strage e rigettata è anche contestazione della ricettazione del cavo prelevato dal cantiere, visto che l’arrestato ne ha ammesso il furto. Arriva la convalida, invece, dell’arresto per blocco stradale in concorso, reato che prevede condanna da due a dodici anni. Il 24enne resta a San Vittore per gesti “particolarmente allarmanti”, come ribadisce il magistrato, una “scellerata condotta posta in essere dal Baiocco e dai complici”, e per i suoi precedenti di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e ricettazione che consolidano “il concreto ed attuale pericolo che, ove non sottoposto a misura, l’indagato possa commettere ulteriori reati della stessa specie di quelli per cui si procede”. Infine, Santoro chiede alla direzione di San Vittore una “dettagliata ed approfondita relazione sanitaria” sullo stato di salute del 24enne, per poi rivalutare eventuali concessioni di domiciliari o braccialetto elettronico.