Quindicenne ucciso sulle strisce, il guidatore ubriaco «è collaborativo»: verso i 4 anni di pena. I genitori: «Pochi»
Il 15enne era stato travolto da Ionut Bogdan Pasca il 23 luglio 2023 a Garbagnate Milanese mentre era in sella a una bici. Ferita anche la coetanea Ambra Lopez, che ha subito tre operazioni. Procura e difesa si sono accordate, la parola spetta al giudice. Le famiglie: «Una pena troppo lieve»
La difesa dell’imputato e la Procura di Milano hanno concordato di fissare in 4 anni la proposta al giudice (che la valuterà venerdì) di patteggiamento della pena per Ionut Bogdan Pasca, il 33enne cittadino romeno in custodia cautelare in carcere da sette mesi perché il 17 luglio 2023, mentre era affidato in prova ai servizi sociali per scontare una condanna definitiva per furto, ricettazione e maltrattamenti in famiglia, senza patente valida, sotto effetto di un tasso alcolemico superiore al consentito, alla velocità di 80-85 km all’ora anziché di 50, e alla guida di un furgone della ditta per cui lavorava ma di cui il titolare dopo l’incidente aveva denunciato l’appropriazione indebita, a Garbagnate Milanese investì sulle strisce una bicicletta con due adolescenti, uccidendo il 15enne Serafino Valentino Colia e ferendo gravemente la coetanea Ambra Lopez.
Ambra rimasta ferita
Il reato colposo — cioè commesso non volontariamente ma per imprudenza — è l’omicidio stradale (da un minimo di 2 a un massimo di 7 anni), che in caso di stato di ebbrezza alcolica (qui 0,98 g/l) sale da un minimo di 5 a un massimo di 10 anni, ulteriormente aumentabile per l’assenza di patente, e ancora aumentabile fino al triplo (ma non oltre i 18 anni) se come conseguenza oltre ha provocato anche lesioni a un’altra persona: Ambra, la coetanea del morto, trauma toracico con intubazione, fratture del bacino, di gamba e spalla destre, di mandibola sinistra, tre operazioni, quattro mesi di riabilitazione, ad oggi ancora dieta liquida e movimenti solo con due stampelle.
«Collaborativo»
Determinante — per fissare in 6 anni la pena teorica e in 4 anni quella effettiva dopo la riduzione di un terzo prevista dalla legge per l’imputato che scelga il rito alternativo del patteggiamento — è che nell’istanza, presentata al giudice dall’avvocato Daniele Silvestre con il consenso del pm Mauro Clerici, la Procura aderisca alla concessione delle attenuanti generiche in misura equivalente alle contestate aggravanti. Questo pareggio, cruciale per gli effetti sulla pena altrimenti collocabile intorno ai 9 anni (e dunque non patteggiabile visto che al massimo per legge si possono patteggiare pene entro i 5 anni), viene giustificato «per il comportamento collaborativo tenuto dall’imputato nell’immediatezza dei fatti, per l’ampia ammissione delle proprie responsabilità, nonché per la sua scelta (nell’ambito del percorso di rielaborazione dei propria agìti) di essere preso in carico dal Servizio Dipendenze del carcere di San Vittore ai fini del superamento di ogni sua dipendenza».
Solo un telegramma
Le famiglie dei due ragazzi non hanno titolo giuridico per opporsi al patteggiamento, ma possono esprimere al giudice le proprie valutazioni. E in due memorie con gli avvocati Carlo Fontana e Andrea Lobascio additano entità, modalità e conseguenze del reato; ritengono non giustificabile l’equivalenza tra attenuanti «mere clausole di stile» e aggravanti; ricordano precedenti denunce per guida o in ebbrezza o senza patente; e segnalano che sinora nemmeno c’è stato alcun risarcimento dall’assicurazione né dall’investitore, ma solo un suo telegramma in cui dopo il rinvio a giudizio chiede scusa.
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