Elezioni Usa - I momenti storici dei dibattiti presidenziali, in attesa di Biden-Trump
Quest'anno il primo confronto arriva mesi in anticipo rispetto al passato. Raramente i dibattiti hanno influito sul risultato del voto, ma qualche volta è successo: alcuni sono passati alla storia
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — È raro che i dibattiti cambino il corso delle elezioni, a maggior ragione quest’anno che arrivando mesi prima rispetto ai tradizionali appuntamenti autunnali. Eppure è successo: una battuta eccezionale, il linguaggio del corpo, un passo falso memorabile e il vento gira all’improvviso.
Kennedy vs Nixon: il primo dibattito in assoluto
Il caso più celebre è quello del primo dibattito assoluto, disputato il 26 settembre 1960 a Chicago da John Kennedy e Richard Nixon. A chi lo seguiva in televisione il giovane senatore democratico del Massachusetts, che all’epoca aveva 43 anni, appariva abbronzato e rilassato, mentre l’allora vice di Dwight Eisenhower sudava e indossava un abito chiaro, colore che lo faceva confondere con lo sfondo ed evidenziava i postumi dell’influenza: per i 70 milioni di telespettatori fu un trionfo di Kennedy, ma per chi ascoltò il confronto in radio l’affermazione non fu così netta.
I confronti passati alla storia
Nel 1976 il presidente in carica Gerald Ford – l’unico a essere stato alla Casa Bianca senza mai essere stato eletto neanche come vice – scivolò sulla politica estera. Durante il confronto con Jimmy Carter arrivò a dire che durante la sua amministrazione non c’era “alcun dominio sovietico nell’Est Europa”, lasciando senza parole il moderatore. Nel 1980 Ronald Reagan – ex attore – s’impose con grande abilità contro Carter, ormai presidente. Prima ne smorzò gli attacchi con il celebre «there you again» — ecco che torni sempre là — poi concluse il dibattito con una domanda agli elettori entrata nella storia della politica americana: «State meglio oggi di come stavate quattro anni fa?». La risposta — no — arrivò a novembre, e a valanga.
Quattro anni dopo Reagan incespicò nel primo dibattito contro lo sfidante democratico Walter Mondale, rispetto al quale appariva anziano e confuso: secondo il figlio all’epoca aveva già i primi segni dell’Alzheimer. Nel secondo confronto, però, arrivo la domanda sull’età e lui si fece trovare pronto: «Non sfrutterò per motivi politici la giovinezza e l’inesperienza del mio sfidante». Sarebbe rimasto lo stesso alla Casa Bianca, ma così mise il punto esclamativo sulla vittoria.
Allora il suo vice era George Bush padre, eletto a valanga nel 1988 contro il governatore del Massachusetts Michael Dukakis. A frenare Dukakis fu una domanda sulla pena di morte: gli chiesero se sarebbe stato favorevole nel caso sua moglie fosse stata stuprata e uccisa, e lui rispose di no. Salvo poi inerpicarsi in una risposta troppo analitica e poco umana. Probabilmente avrebbe perso lo stesso.
Quattro anni Bush più tardi si trovò ad affrontare il giovane Bill Clinton, governatore dell’Arkansas, e fu tradito dalle occhiate furtive che dava all’orologio in diretta tv: uno spettatore stava facendo una domanda sul debito pubblico e lui sembrava annoiato e disinteressato. Nel 1996 Clinton, che era alla Casa Bianca, sfruttò la carta dell’età a suo favore contro il 73enne Bob Dole. «Non penso che il senatore Dole sia troppo vecchio per diventare presidente», disse il 50enne Clinton «Metto in dubbio la vecchiaia delle sue idee». Un’altra frase che è entrata nei libri di storia.
Nel 2012, la strada di Barack Obama verso la rielezione fu spianata invece da una gaffe di Mitt Romney. Per dimostrare di averne assunte molte quando era governatore del Massachusetts, disse che aveva «raccoglitori pieni di donne»: doveva essere uno slogan delle sue politiche inclusive, invece le fece passare per figurine e fu uno scivolone devastante, divenuto un meme prima ancora della fine del confronto.
Ci sono poi i dibattiti di Trump, ben cinque, che sono un caso a parte. Nel 2016 sfidò tre volte Hillary Clinton arrivando quasi a intimidirla fisicamente: fu definito il predatore che punta la preda. Nel 2020 i confronti con Joe Biden furono solo due – il terzo saltò perché l’allora presidente aveva il Covid – e si trasformarono in una rissa verbale, una sequela di insulti e interruzioni. A un certo punto Biden, esasperato, lo apostrofò: “Ma te ne stai zitto?”. Quel confronto è considerato il peggior dibattito della storia, ed è per questo che stasera i due contendenti avranno il microfono spento mentre parla il rivale.