Mossa di Zelensky sui negoziati di pace: a novembre anche con la Russia

diLorenzo Cremonesi

Il no da Mosca. Sulle parole del presidente ucraino l’incognita del voto negli Stati Uniti

DAL NOSTRO INVIATO 
KIEV Volodymyr Zelensky parla di un «summit di pace con i russi entro novembre», ma anche delle necessità della guerra e che gli alleati continuino a sostenere militarmente gli ucraini, come se il conflitto dovesse continuare a lungo. Nella sua prima conferenza stampa a Kiev con i giornalisti locali, appena tornato dal vertice della Nato a Washington, il presidente ucraino non fatica a nascondere le complessità e incertezze del momento. Le sue prime dichiarazioni riguardano il progetto di una «seconda conferenza internazionale di pace, che segue quella di metà giugno in Svizzera, alla quale questa volta dovrebbe partecipare anche una delegazione russa». E aggiunge: «Mi sono fissato come obbiettivo di arrivare a novembre con un piano di pace pronto». 

Occorre chiarire che il progetto era già stato annunciato durante la due giorni svizzera. Allora il capo del suo ufficio, Andriy Yermak, a noi giornalisti stranieri in Ucraina aveva dedicato un briefing apposito per anticipare la «prossima conferenza con i russi», che a suo dire avrebbe potuto tenersi già a settembre. La novità adesso è però che Zelensky non pone più come precondizione il ritiro nemico dai territori occupati e neppure la caduta del regime di Putin, come invece aveva detto più volte dopo lo svolgimento dei referendum farsa voluti nel settembre 2022 dal dittatore russo nelle regioni ucraine invase dalle sue truppe.

A ben vedere, però, l’iniziativa di Zelensky si complica nella sua realizzazione pratica. In sostanza, la domanda ancora senza risposte è: cosa significa «novembre», prima o dopo le elezioni presidenziali americane? A Kiev nessuno chiarisce. Ma il commento più diffuso resta che nulla di concreto avverrà prima di sapere chi sarà il vincitore della sfida per la Casa Bianca. Il viceministro degli Esteri russo ha già dichiarato che il suo Paese non intende partecipare alla conferenza di Zelensky. I portavoce del Cremlino sono rimasti più vaghi, parlano di proposte ucraine «prive di peso». 

Putin ha ripetuto diverse volte di non considerare più Zelensky un partner alla pari: la sua è una sfida globale contro la Nato, intende essere trattato da leader di una superpotenza e dunque l’unico interlocutore legittimo, a suoi occhi, è il prossimo presidente Usa. Ne è più che consapevole anche Zelensky e infatti ieri ha dichiarato di essere «pronto a lavorare con Trump, nel caso venisse eletto». E ha aggiunto: «Non ne ho alcun timore, voglio dirvi che la maggioranza del Partito repubblicano sostiene l’Ucraina». Per cercare di tenere viva la strada diplomatica, si potrebbero intanto studiare iniziative parallele volte a garantire la sicurezza energetica ucraina, la libera navigazione sul Mar Nero e gli scambi di prigionieri tra Kiev e Mosca.

Le esigenze della guerra comunque bussano alla porta. Zelensky ripete che all’Ucraina sono necessarie con urgenza «almeno 25 batterie di missili terra aria Patriot» per fermare i bombardamenti russi. Anche i caccia F-16 promessi dagli alleati sono troppo pochi e arrivano a rilento. Sui campi di battaglia la situazione resta molto complicata. I soldati ucraini sono riusciti a fermare l’avanzata russa di fronte a Kharkiv, ma nel Donbass le cose vanno male. I russi bombardano a tappeto, hanno conquistato il villaggio di Urozhaine e premono su quello di Chasiv Yar.

15 luglio 2024

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