«Gli Stati Uniti a un passo dalla guerra civile»: come la Russia fomenta la secessione del Texas con bot e influencer

Bot, influencer e media pro-Cremlino enfatizzano la crisi dei migranti al confine con il Messico. Dietro c'è anche l'Internet Research Agency, la "fabbrica di troll" di Mosca fondata da Prigozhin

«Gli Stati Uniti a un passo dalla guerra civile»: come la Russia fomenta la secessione del Texas

L’obiettivo è interferire e fomentare divisioni, gli strumenti sono un esercito di bot, influencer e media statali. A nove mesi dal voto negli Stati Uniti, la Russia guarda al di là dello stretto di Bering e soffia sul fuoco delle tensioni interne alla democrazia americana. Mosca gioca da anni una guerra di disinformazione per cercare di indebolire Washington. Questo sforzo, come riporta Wired, si è intensificato da fine gennaio, da quando è riesplosa la crisi migratoria al confine tra Messico e Texas, diventata anche scontro tra governo federale e autorità texane: su X e su Telegram profili e canali russi diffondono la narrazione degli Usa a un passo dalla guerra civile e del Texas pronto a diventare uno Stato indipendente.

La crisi in Texas e lo scontro con Biden

Lo scorso 22 gennaio la Corte suprema degli Stati Uniti ha ordinato al governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, di consentire agli agenti federali di entrare a Eagle Pass, una cittadina al confine con il Messico in cui sono state schierate le guardie nazionali texane, e rimuovere i 48 chilometri di filo spinato che sono stati eretti per sbarrare il passaggio ai migranti che vogliono entrare nel Paese. Solo a dicembre il confine è stato attraversato da 225mila persone. Nelle ultime settimane la crisi migratoria è diventata anche uno scontro costituzionale: dopo la pronuncia della Corte suprema, il 4 febbraio Abbott ha organizzato una conferenza stampa, insieme ad altri 13 governatori repubblicani, rivendicando il controllo della frontiera e sfidando così l’amministrazione Biden.

La crisi migratoria e la situazione al confine con il Messico sono temi centrali della campagna elettorale, cavalcati da Trump e dai suoi sostenitori, ma sono diventati anche freni al supporto statunitense all’Ucraina, e anche per questo sono situazioni sfruttate dal Cremlino. Per settimane il Congresso a maggioranza repubblicana ha ostacolato l’approvazione di nuovi fondi per Kiev, chiedendo in cambio del via libera una stretta maggiore contro l’immigrazione. Oltre che primo approdo per migranti, il Texas è diventato nelle ultime settimane il punto di ritrovo di una variegata galassia di manifestanti di ultradestra – come il movimento Take our border back, che sabato scorso si è concentrato a qualche chilometro da Eagle Pass – che solidarizza con le politiche del governatore Abbott e contro le scelte dell’amministrazione Biden e della Corte suprema. E c’è anche chi, come il presidente del Texas nationalist movement Daniel Miller, ipotizza che una secessione dello Stato può essere «più vicina» di quanti si pensi. Nel frattempo, 140mila cittadini hanno firmato una petizione per chiedere un referendum consultivo sull’indipendenza texana.

«L’istituzione di una Repubblica del Texas è sempre più reale»

Da una parte ci sono gli Stati Uniti alle prese con difficoltà interne, dall’altra la Russia prova a sfruttarle con la speranza che queste tensioni distolgano l’attenzione del nemico americano da quel che avviene al di fuori del proprio cortile di casa. Il giornalista David Gilbert di Wired cita due diverse ricerche redatte da gruppi che monitorano la disinformazione online (Logically e Antibot4Navalny) che dimostrerebbero uno sforzo coordinato di Mosca per enfatizzare la narrazione degli Usa a un passo dalla guerra civile e dalla disgregazione interna.

Ad esprimersi in questo senso sono stati innanzitutto politici di primo piano, come l’ex presidente Dmitry Medvedev, che su X ha scritto che la crisi al confine con il Messico è un «altro vivido esempio di come l’egemonia statunitense si stia indebolendo» e che «l’istituzione di una Repubblica popolare del Texas è sempre più reale», aggiungendo che questa situazione «potrebbe portare a una sanguinosa guerra civile che costerebbe migliaia di vite». Gli ha fatto eco su Telegram anche la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: «È ora che il presidente americano, seguendo le orme del suo predecessore Obama, dichiari che "il Texas deve andarsene" e riunisca una coalizione internazionale per liberare i suoi abitanti in nome della democrazia».

Media statali, influencer e bot 

«L'idea di prendere di mira questioni interne agli Stati Uniti molto controverse e di amplificarle attraverso i propri canali è il manuale standard russo per la disinformazione», spiega a Wired Kyle Walter, direttore della ricerca di Logically. Dopo le affermazioni di Medvedev e di Zakharova si sono iniziati a muovere bot creati da società ad hoc, influencer e media statali, come Sputnik e Russia Today, già banditi dall’Unione europea dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Ci sono poi canali Telegram, tra tutti quello del conduttore televisivo vicino a Putin, Vladimir Solovyov, che conta più di 1,2 milioni di iscritti e che descrive gli Usa come «vicini alla guerra civile».

I ricercatori di Antibot4Navalny dimostrano come una rete di account bot, in precedenza collegati alla campagna di disinformazione Doppelganger, è stata messa online nell’ultima settimana per discutere della questione texana, spesso anche infiltrandosi nei canali di Take our border back o di altri movimenti statunitensi di protesta. Caroline Orr, ricercatrice dell’Università del Maryland che si occupa di disinformazione, ha scritto nella sua newsletter Weaponized che l’hashtag “Free Texas” è stato «usato ampiamente, e quasi esclusivamente, da account russi associati alla famigerata Internet Research Agency, che ha ospitato le operazioni di interferenza elettorale del 2016». Ci sono anche account gestiti da russi che si spacciano per gruppi a favore dell’autonomia del Texas, come i Texan Indipendence Supporters, in cui ci sono continui riferimenti a Russia e Ucraina.

L'Internet Research Agency

Se la guerra di disinformazione portata avanti dalla Russia non si è mai interrotta negli ultimi anni, secondo Kyle Walter di Logically lo sforzo di enfatizzare la crisi texana segna un’escalation di questo genere di operazioni. Già nelle scorse tornate elettorali Mosca aveva cercato di influenzare il voto negli Stati Uniti, e spesso dietro queste campagne ci sono gli stessi soggetti, come l’Internet Research Agency, definita “la fabbrica di troll del Cremlino”. Co-fondata dal capo della Wagner Evgenij Prigozhin, morto lo scorso agosto, ha uffici a Mosca e San Pietroburgo, ha sempre mantenuto il riserbo su tutto ciò che la riguardava e, secondo alcune inchieste giornalistiche, avrebbe più di mille dipendenti. Ha il compito di creare bot e profili falsi per diffondere fake news e inquinare il dibattito pubblico, americano e non solo. L'intelligence statunitense ha messo in guardia i Paesi dell’Unione europea, tra cui l’Italia, su possibili rischi di interferenze russe sulle elezioni di giugno 2024.

14 febbraio 2024 ( modifica il 14 febbraio 2024 | 17:06)

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