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Cervelli in fuga, tasse dimezzate per chi rientra: ma solo se ha laurea, le nuove regole
Alla fine, gli expat italiani senza laurea hanno perso la battaglia. Se vorranno tornare nel loro Paese d’origine dovranno farlo senza sconti fiscali. Si “salvano” invece i nostri cervelli in fuga con almeno una laurea triennale: se nel 2024 decideranno di impatriare, per loro le imposte saranno dimezzate per 4 anni (finora lo sconto era del 70%) e fino al tetto di 600 mila euro. Finisce così, con l’approvazione il 19 dicembre del decreto attuativo della riforma della fiscalità «internazionale», il caso scoppiato nell’ottobre scorso all’annuncio del governo Meloni di far calare la mannaia sul cosiddetto «regime degli impatriati», un meccanismo che negli anni aveva funzionato, riportando - grazie agli incentivi fiscali - molti dei troppi italiani che hanno lasciato il Bel Paese nell’ultimo decennio, depauperandolo di competenze e potenzialità. La comunità degli italiani espatriati era insorta: «Abbiamo scommesso sull’Italia e siamo stati traditi», avevano raccontato molti di loro al Corriere. Le opposizioni avevano accusato il governo di aver deciso una misura «boomerang», un altro modo, insomma, per favorire l’industria straniera, grazie ai nostri talenti espatriati, e sabotare quella italiana, che da tempo lamenta una grave carenza di expertise in molti settori strategici. Ma il governo non ha fatto il passo indietro totale che la petizione lanciata dagli expat, e rivolta a tutti i parlamentari, aveva chiesto. Di fatto, si torna grosso modo all’idea iniziale del regime che era, appunto, rivolto solo a ricercatori e laureati (negli anni, allargandosi, l’agevolazione è andata a beneficio di 24.450 expat italiani di cui solo 1.800 ricercatori). Vediamo allora come cambia lo strumento e quali nostri connazionali ne potranno beneficiare.