Stoltenberg vede Meloni: il richiamo sulle spese e l’impegno sul fianco sud
A Palazzo Chigi un incontro durato più di un'ora tra elogi e moniti sugli «oneri da condividere»
ROMA - Giorgia Meloni chiede un impegno maggiore alla Nato sul fianco Sud dell’Alleanza atlantica, cioè una presenza militare più robusta nelle acque del Mediterraneo e negli Stati del Nord Africa. Jens Stoltenberg, il segretario generale che ieri mattina si è intrattenuto per quasi un’ora nello studio della presidente del Consiglio, a Palazzo Chigi, a tu per tu, chiede invece che l’Italia contribuisca in modo maggiore alle spese dell’organizzazione e ringrazia per la decisione di inviare un secondo sistema di artiglieria italo francese, Samp T, alla forze di resistenza ucraine.
È la cornice del confronto fra i due leader, che hanno anche discusso della preparazione del vertice della Nato a luglio a Washington. Diversi i punti toccati dai due oltre ovviamente alle informazioni di intelligence sull’Ucraina, sui possibili scenari di breve e medio periodo, sulla difficile ricomposizione della situazione in Medio Oriente, sul contributo finanziario di Roma all’Alleanza, che chiede di arrivare al 2% del Pil speso nella difesa (con l’Italia ferma da anni sotto l’1,5%).
«L’attenzione del nostro governo al fianco meridionale della Nato, vista la crescente presenza di altri attori di fronte alle nostre acque territoriali e nei Paesi con cui stiamo cercando di sviluppare il Piano Mattei, a cominciare dai russi», è stata ribadita da Meloni con una nota in cui ha rimarcato «l’aspettativa italiana che a Washington possano essere adottate decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l’approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica previsto dal Concetto Strategico della Nato».
Stoltenberg ha dettato una dichiarazione in cui elogia «il sostegno dell’Italia all’Ucraina, inclusa la fornitura di un sistema di difesa aerea Samp T con la Francia» che dovrebbe essere incluso nel prossimo pacchetto di aiuti militari. E ha anche ringraziato la premier «per i numerosi contributi dell’Italia all’Alleanza, inclusa la leadership del gruppo tattico della Nato in Bulgaria e il contributo delle forze ai gruppi tattici in Ungheria e Lettonia» ma anche per la partecipazione al «Baltic Air Policing» e alle missioni in Kosovo e in Iraq.
Ma i complimenti non hanno impedito a Stoltenberg di ricordare all’Italia, anche pubblicamente, il dovere di garantire «una più equa condivisione degli oneri», rispetto agli altri Paesi dell’Alleanza. Tradotto: l’Italia deve incrementare i propri investimenti per raggiungere la soglia stabilita del 2%. Un’operazione che però sembra assai difficile nell’attuale condizione dei conti pubblici.
Ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha risposto alle proteste e alle critiche delle opposizioni garantendo che «non manderemo nessun militare italiano in Ucraina». «Ho appena terminato una riunione con tutti i nostri ambasciatori delle aree di crisi: Ucraina, Medio Oriente, Mar Rosso. Ho ribadito la nostra posizione in difesa dell’indipendenza territoriale dell’Ucraina ma non siamo in guerra con la Russia», ha detto il ministro, anche in merito alle dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini contro le posizioni del presidente francese Macron sul conflitto. «Anche tutte le armi che abbiamo — ha spiegato Tajani — non possono essere usate al di là del confine ucraino».
Ieri mattina alla Camera è passato il voto in aula sulle risoluzioni del governo che autorizzano la prosecuzione delle missioni militari internazionali (dal Libano all’Iraq), compreso l’addestramento di militari ucraini su suolo europeo.