Gli affari cinesi nel Mar Rosso e la crescita dell’economia Usa America-Cina di oggi

America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera
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Giovedì 25 gennaio 2024
Tranquille: le navi cinesi nel Mar Rosso
editorialista di michele farina

Se Pechino predicasse la pace e intanto facesse affari con le guerre, di certo a questo mondo sarebbe in buona (anzi cattiva) compagnia. Oggi cominciamo la newsletter seguendo le navi cinesi che, come quelle russe, passano placidamente attraverso il Mar Rosso, reso pericoloso dagli attacchi dei guerriglieri Houthi che mettono a rischio il commercio internazionale (ma non il loro). Ci trasferiamo negli Stati Uniti (dove anche Biden festeggia l’avanzata di Trump verso la nomination repubblicana) con un’intervista fuoriprogramma a Rudy Giuliani sull’Ucraina e una panoramica interessante sull’economia che cresce più del previsto (il paragone con l’Unione europea è disarmante).

Poi le notizie sul «fronte di Gaza», il «mondo capovolto» dell’Argentina, il primo negozio di alcolici aperto in Arabia Saudita, gli sforzi di Ursula von der Leyen per frenare la marcia dei «trattori arrabbiati» in giro per l’Europa. In fondo, la storia di un aereo nascosto in un Tir e l’isola di Tuvalu che va al voto: niente partiti, soltanto sedici posti in Parlamento, eppure gli occhi di Washington e di Pechino sono puntati su una manciata di urne sperdute nel Pacifico. Chissà perché.

Buona lettura.

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1. Emergenza Houthi, opportunità per Pechino
editorialista
di guido santevecchi

Pace e stabilità mondiale compaiono sempre negli auspici della politica estera di Xi Jinping. Ma poi, quando a Pechino viene chiesto di operare concretamente per disinnescare una crisi, la risposta è invariabilmente poco impegnata, se non ambigua. E magari si scopre che ci sono settori dell’economia cinese che traggono vantaggio dai «fronti caldi» (i grandi affari commerciali con la Russia sono la prova più scoperta). È successo di nuovo per il Mar Rosso. Gli Stati Uniti hanno sollecitato la Cina a usare la sua influenza sull’Iran affinché la teocrazia islamica prema a propria volta sugli Houthi dello Yemen e li convinca a fermare il tiro missilistico al bersaglio contro la flotta mondiale di navi portacontainer e petroliere. I cinesi non hanno dato molte speranze.

imageIl presidente cinese Xi Jinping

  • «Tutte le parti interessate dovrebbero assicurare la libera navigazione nel Mar Rosso», ha detto per settimane il Ministero degli Esteri cinese. Dopo la nuova richiesta ufficiale americana, comunicata dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e dal segretario di Stato Antony Blinken, Pechino ha un po’ rinvigorito la sua posizione, affermando che «le azioni di disturbo contro le navi civili» dovrebbero cessare. Poi però, i cinesi hanno sparato un paio di precisazioni polemiche contro l’Occidente: «Le parti interessate dovrebbero evitare di aggiungere benzina alle fiamme, visto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha mai autorizzato l’uso della forza in Yemen».
  • La precisazione è una critica agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna che hanno condotto azioni punitive nei confronti degli Houthi. In una seconda puntualizzazione critica verso l’America, i cinesi hanno ricordato che la crisi nel Mar Rosso è una «manifestazione dell’allargamento del conflitto a Gaza». C’è poi il versante commerciale della vicenda.
  • Mentre le grandi compagnie di navigazione girano al largo dal Mar Rosso per evitare i missili degli Houthi (già 33 cargo sono stati attaccati da novembre), a Londra la Lloyd’s List Intelligence ha rilevato che diversi piccoli armatori che battono bandiera cinese hanno cambiato rotta proprio per passare nel Mar Rosso, utilizzando in particolare gli scali di Doraleh a Gibuti, Hodeidah nello Yemen e Gedda in Arabia Saudita. La quota di portacontainer cinesi nel Mar Rosso nelle due prime settimane di gennaio è salita al 28% del totale, rispetto al 15% di prima della crisi. «La spiegazione più semplice di questa corsa dei cinesi nel Mar Rosso è che stanno cercando di sfruttare commercialmente la loro relativa invulnerabilità agli attacchi», ha detto al Financial Times Shen Cichen, esperto di intelligence dei Lloyd’s. L’immunità cinese alle imboscate degli Houthi sarebbe causata dal buon rapporto tra Pechino e Teheran, che è il grande protettore della fazione yemenita.
  • Un gioco remunerativo, perché le società cinesi godono dei prezzi maggiorati per il passaggio su una rotta calda. Ma una partita comunque pericolosa, alla quale partecipano compagnie di navigazione minori della Cina, come Transfar Shipping di Qingdao nello Shandong, CU Lines basata nell’isola di Hainan e Sea Legend ancora di Qingdao. In particolare, la Sea Legend, praticamente sconosciuta, ha lanciato a inizio gennaio un servizio regolare con sette portacontainer sulla rotta del Mar Rosso, dalla Cina alla Turchia. Sea Legend sostiene di avere garanzie di sicurezza fornite da unità della Marina militare di Pechino e a ogni buon conto i comandanti dei suoi cargo segnalano sui sistemi satellitari di essere cinesi di godere dunque della protezione iraniana. Un gioco comunque rischioso, perché nelle acque roventi del Mar Rosso il pericolo è elevato per tutti, amici, nemici, neutrali e opportunisti. I colossi cinesi come Cosco, che ha la quarta flotta mondiale per numero di navi, hanno deciso di girare al largo, allungando di un paio di settimane i tempi del viaggio dalla Cina all’Europa.
2. Le truppe americane se ne vanno dalla Siria?
editorialista
di guido olimpio

Per ora è solo uno scenario, si parla di discussioni in corso. Washington potrebbe ritirare le truppe presenti in alcune parti della Siria settentrionale e meridionale. Una partenza determinata dai continui attacchi da parte delle milizie allineate all’Iran, provocazioni alle quali gli Usa hanno risposto con numerosi raid. Probabilmente la Casa Bianca teme di essere risucchiata in un conflitto più ampio: l’anno di campagna presidenziale può rappresentare un incentivo ai suoi avversari, pronti a mettere in difficoltà Joe Biden.

  • La «musica» di guerra non cambia neppure in Mar Rosso. Un’unità americana ha intercettato due missili balistici lanciati dagli Houthi contro un cargo mentre un terzo ordigno è finito in mare. Il movimento, assieme alle mosse belliche, mantiene un tono minaccioso.
  • Una taglia consistente: 15 milioni di dollari. È stata messa dagli Stati Uniti sulla testa di Hossein Ardakani. Cittadino iraniano, con buoni contatti in Cina, è accusato di aver aiutato la Russia attraverso la fornitura di droni poi impiegati nel conflitto ucraino. I velivoli senza pilota si sono affermati uno dei sistemi più efficaci e temuti, spesso modelli studiati per il mercato civile e riconvertiti a quello bellico. Il ricercato avrebbe acquistato i prodotti da ditte della Repubblica popolare cinese per poi farli arrivare all’Armata di Putin.
3. Biden deplora l’attacco al rifugio dell’Onu

La Casa Bianca «deplora» l’attacco a una struttura delle Nazioni Unite dove si erano rifugiate ottocento persone nella cittadina di Khan Yunis a Gaza. Israele non ha ammesso la sua responsabilità nel raid, l’Onu accusa direttamente il governo Netanyahu: nove persone sono rimaste uccise e 75 ferite quando due proiettili di carro armato hanno colpito l’edificio.

imageGaza oggi: in cerca di sopravvissuti dopo un raid (Haitham Imad)

  • La nota dell’amministrazione Biden è uno di rari «rimproveri» pubblici mossi all’alleato dal 7 ottobre 2023, quando i terroristi di Hamas hanno ucciso 1.200 persone in un assalto in territorio israeliano. Washington spinge perché il premier Netanyahu accetti la prospettiva di un futuro che preveda uno Stato palestinese indipendente. A Gaza le persone rimaste uccise nell’offensiva israeliana sono più di 25 mila secondo i palestinesi: l’Onu denuncia che il 70% delle vittime sono donne e bambini (qui tutte le notizie in diretta sul conflitto in Medio Oriente, compresa la visita del ministro degli Esteri italiano oggi a Gerusalemme).
5. Qui festeggiano tutti
editorialista
di massimo gaggi
da New York

Donald Trump festeggia un’altra vittoria schiacciante tra gli elettori repubblicani circondato dagli ex rivali Tim Scott e Vivek Ramaswamy osannanti nei pochi secondi che concede loro sul podio. E spara a zero sulla «impostora» Nikki Halley che parla come se avesse vinto.

imageNikki Haley, l’unica avversaria di Trump

  • Festeggia anche Joe Biden convinto, a dispetto dei sondaggi negativi, di poter battere l’ex presidente: il materializzarsi dello spettro di un Trump 2 dovrebbe spingere tanti che oggi lo criticano e gli negano il voto, a cambiare registro. E il New Hampshire ha detto che Trump ha un controllo totale sul suo partito, ma piace poco agli elettori indipendenti. Biden mette, poi, fine (per ora) alle ipotesi di un suo possibile ritiro alla vigilia dell’incoronazione democratica (la convention di agosto a Chicago), mandando i suoi più importanti collaboratori alla Casa Bianca a gestire la campagna elettorale. Festeggia, a suo modo, anche Wall Street: non sa chi vincerà a novembre... (qui l’articolo completo).
6. Alina la furbina
editorialista
di viviana mazza
inviata a Nashua (New Hampshire)

La presenza di Alina Habba alla festa della vittoria di Donald Trump in New Hampshire, dove ha cenato con i consiglieri della campagna elettorale del tycoon e poi si è intrattenuta con il figlio Eric e sua moglie Lara (come abbiamo raccontato nel pezzo uscito oggi), ha sollevato dubbi sulla veridicità delle sue dichiarazioni al giudice Lewis Kaplan di New York. Habba rappresenta Trump nel caso per aggressione sessuale e diffamazione della giornalista E.Jean Carroll.

  • L’avvocata aveva detto al giudice Kaplan, lunedì scorso, di essere stata esposta al Covid, e di avere avuto la febbre nelle 48 ore precedenti. Il giudice aveva rimandato la ripresa del processo a oggi, dopo le primarie in New Hampshire.
7. «Scusi Rudy, Trump andrà in Ucraina?»

(Viviana Mazza) Il presidente Trump è stato invitato in Ucraina da Zelensky. Ci andrebbe? «Non lo so, è davvero una domanda delicata nel bel mezzo di una elezione presidenziale — ci dice Rudy Giuliani, ex avvocato di Trump quando era presidente alla Casa Bianca —. Non so davvero la risposta, va oltre le conoscenze che ho. Se lo facesse, certamente lo appoggerei. Adoro l’Ucraina. Ci ho passato più tempo probabilmente della maggioranza degli americani. Ho aiutato la città di Kharkiv a pianificare la loro difesa e sono così orgoglioso di loro perché hanno cacciato via i russi. Quindi se (Trump) volesse andare sarebbe grandioso. Ma è una cosa molto delicata» (qui il video dell’incontro con Giuliani). Il tema è delicato perché Trump fu messo sotto impeachment per le sue pressioni sul presidente Zelensky a lavorare con Giuliani e l’allora ministro della Giustizia William Barr per trovare informazioni compromettenti su Hunter Biden, che era membro del consiglio di amministrazione dell’azienda Burisma, e su Joe Biden prima delle elezioni del 2020.

  • Agenti dell’Fbi avevano fatto irruzione nella casa e negli uffici di Giuliani a Manhattan ad aprile del 2021 e avevano sequestrato computer e cellulari in una indagine che esaminava se avesse tentato di esercitare pressione su funzionari ucraini, in particolare un alto procuratore e l’ex presidente Petro Poroshenko. L’ex sindaco di New York ha negato di aver commesso alcun crimine. Nel 2022 è stato prosciolto dal procuratore del distretto meridionale di New York dalle accuse di aver tramato in Ucraina cercando prove contro Joe Biden e il figlio Hunter durante la presidenza di Trump. L’ex sindaco resta invece uno dei coimputati di Trump nel processo in Georgia per interferenze elettorali nel 2020.
7. E intanto, chiunque vinca, l’economia cresce
editorialista
di danilo taino

Non sono più i tempi in cui era praticamente solo l’economia a certificare l’egemonia di un Paese. Se però guardiamo alla forza dell’attività degli Stati Uniti dobbiamo dire che il loro molto citato declino è piuttosto relativo. Il dato che sarà reso noto oggi dal governo sulla crescita dell’ultimo trimestre del 2023 certificherà probabilmente un più 2% o qualcosa del genere. Il che porterà la crescita per l’intero anno scorso attorno al 2,5%: se si considera che un anno fa si parlava di una probabile, quasi inevitabile recessione dell’economia americana, si ha il senso della forza intrinseca del sistema economico del Paese.

  • A dare un’idea di come stanno evolvendo gli andamenti economici transatlantici, cioè quelli delle due grandi economie più simili, è il confronto delle crescite di Stati Uniti ed Eurozona dopo la crisi finanziaria del 2008. Al tempo, i Pil erano praticamente della stessa dimensione: 14.200 miliardi di dollari quello americano, 14.800 quello dell’area euro. Oggi sono poco sopra ai 15 mila miliardi quello dell’Eurozona e attorno ai 27 mila miliardi quello americano. Nonostante che i tassi d’interesse siano stati alzati in modo aggressivo dalla Federal Reserve, nel 2023 i consumi degli americani hanno continuato a essere robusti. La disoccupazione è ai minimi e i salari sono saliti. Anche le Borse americane sono state positive. Gli Stati Uniti continuano a essere uno dei grandi motori dell’economia mondiale.
  • Molti economisti ora prevedono una frenata dell’attività nel 2024 ma pochi si avventurano a prevedere una caduta massiccia. Preferiscono parlare di soft-landing, rallentamento senza grandi traumi. Le aspettative per una riduzione dei tassi d’interesse già in primavera, che avrebbe dato una spinta all’economia, si sono attenuate a causa del possibile aumento dell’inflazione provocato dalle distruzioni delle catene di fornitura nel Mar Rosso e nel Canale di Panama (queste ultime in riduzione). Naturalmente, anche l’economia sarà interessata dalla campagna presidenziale per il voto di novembre.
  • Chiunque sia il prossimo presidente, comunque, inizierà il suo mandato solo tra un anno; quindi, conteranno più le aspettative che le decisioni vere e proprie. Il grande business di Wall Street sta segnalando di non essere troppo preoccupato per una possibile vittoria di Donald Trump. Vero che Trump ribadirebbe le sue scelte protezioniste (però quelle di Joe Biden non sono state diverse) ma probabilmente cercherebbe di ridurre la pressione fiscale e limiterebbe il ruolo, spesso frenante, delle agenzie di regolamentazione. Non è comunque detto che l’ex presidente vinca e, in fondo, non è nemmeno sicurissimo che ottenga la nomination del partito repubblicano.
  • Se l’economia americana continuerà a crescere a questi livelli, il famoso sorpasso cinese (del Pil nominale) non avverrà a breve. E forse mai, vista la situazione nel gigante asiatico. L’economia non è più il solo «game in town», sono arrivate le guerre e il confronto tra potenze. Ma continua a essere la base della forza di un Paese.
8. Mondo Capovolto: cosa succede in Argentina con Milei
editorialista
di sara gandolfi

Il presidente argentino Javier Milei ha affrontato ieri il primo sciopero nazionale, dopo appena 45 giorni di governo, indetto dai sindacati per protestare contro il suo piano draconiano di aggiustamento fiscale e una mega-riforma che prevede la modifica di oltre mille leggi e regolamenti. La Confederazione generale del lavoro (CGT) respinge, in particolare, il decreto che limita il diritto di sciopero e il finanziamento dei sindacati.

  • A Buenos Aires decine di migliaia di persone si sono radunate ieri davanti al Congresso dove oggi è previsto il voto sulla cosiddetta legge Omnibus, su cui si fonda l’impianto della «rivoluzione» economica e fiscale del neo-presidente. Milei ha già accettato di fare marcia indietro su alcuni dei punti più controversi. Lo sciopero generale si è chiuso con uno strascico penale... (l’articolo completo nella nuova puntata di Mondo Capovolto, la newsletter del Corriere della Sera che racconta il Sud del pianeta).
9. Meglio poveri che disuguali?

(Danilo Taino) Ci sarebbe un modo semplice per eliminare le disuguaglianze: eliminare i ricchi e rendere tutti poveri.

imageLeonardo DiCaprio nei panni del Grande Gatsby (2013)

  • L’esperimento è stato tentato in passato, ad esempio nell’Unione Sovietica: senza successo perché i dirigenti del Partito Comunista e le loro famiglie non erano esattamente uguali agli altri; e perché la gran parte della popolazione era più triste a causa della povertà che felice dell’uguaglianza (imposta ai molti).
  • Nonostante questo, da un po’ di anni si è diffusa l’idea che siano i troppo ricchi a costringere grandi masse di popolazione mondiale in uno stato di indigenza. La realtà sembra piuttosto diversa. Le disuguaglianze globali di reddito sono in calo... (qui l’articolo completo).
10. Dialogo strategico tra Ursula e gli agricoltori
editorialista
di francesca basso
corrispondente da Bruxelles

Gli agricoltori europei sono sul piede di guerra, insoddisfatti delle politiche di Bruxelles nei loro confronti, derivate dal Green Deal: si stanno moltiplicando le manifestazioni nei Paesi Ue e i partiti di destra ed estrema destra soffiano sul fuoco. I trattori hanno invaso strade e piazze in Germania, Polonia, Romania, Francia. A meno di sei mesi dalle elezioni europee la Commissione Ue cerca di correre ai ripari.

  • Oggi si tiene il primo incontro del «Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Ue», un’iniziativa promessa dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione a settembre. Il timing non va sottovalutato: prima della pausa estiva i malumori del mondo agricolo erano stati abbracciati al Parlamento europeo dal Ppe, che ha tentato di far naufragare la legge sul ripristino della natura fortemente sostenuta da Frans Timmermans, il «padre» del Green Deal che in agosto ha lasciato la Commissione Ue per correre alle elezioni politiche in Olanda. Era evidente che si era creata una frattura tra il mondo agricolo e la Commissione.
  • Il Dialogo strategico, che sarà aperto da von der Leyen e a cui partecipano le organizzazioni europee del settore agricolo — una trentina tra associazioni di categoria e Ong — vuole affrontare temi rilevanti come garantire un tenore di vita equo per gli agricoltori e le comunità rurali, l’agricoltura sostenibile, l’innovazione e la competitività del sistema alimentare dell’Ue. Il Dialogo è presieduto da un tedesco, Peter Strohschneider, scelto per la sua esperienza di presidente della Commissione per il futuro dell’agricoltura del governo tedesco. I maliziosi vi hanno visto una nomina un po’ di parte. La situazione è delicata, come spiegava ieri l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro, punto di riferimento a Bruxelles delle imprese agroalimentari: «La Commissione deve prendersi le sue responsabilità e ammettere gli errori».
11. Il primo negozio di alcolici in Arabia Saudita (vietato entrare con lo smartphone)
editorialista
di alessandra muglia

Per la prima volta in oltre 70 anni, in Arabia Saudita è stato aperto un negozio che vende alcolici. Si trova nel quartiere delle ambasciate di Riad ma solo i diplomatici non musulmani possono accedervi. La notizia è stata rivelata proprio da un diplomatico che ha parlato con l’Associated Press in forma anonima vista la delicatezza dell’argomento nel regno che ospita i luoghi più sacri dell’Islam dove l’alcol è severamente bandito. Tale è la sensibilità – e la paura – che circonda questo tema tabù.

imageRiad, 8 milioni di abitanti, un negozio di alcolici

  • L’inaugurazione del locale è stata considerata da alcuni come in linea con gli ambiziosi piani del principe ereditario Mohammed bin Salman di trasformare l’Arabia Saudita in un fiorente centro turistico e commerciale, per diversificare l’economia e smarcarsi dalla dipendenza dal petrolio. In realtà l’apertura del negozio segue di pochi giorni l’annuncio di nuove norme sulla vendita di alcolici ai diplomatici apparso sul quotidiano Arab News, affiliato allo stato. In una dichiarazione, il governo rende noto che le autorità stanno introducendo «un nuovo quadro normativo... per contrastare il commercio illecito di beni e prodotti alcolici ricevuti dalle missioni diplomatiche». Quindi, più che di una misura tesa ad allentare il proibizionismo si tratterebbe di un tentativo di frenare e controllare il crescente mercato nero degli alcolici: il whisky può essere venduto per centinaia di sterline a bottiglia, soprattutto nel periodo che precede le vacanze.
  • Partecipare ai ricevimenti diplomatici è uno dei pochi modi per spillare da bere in modo lecito. Diversamente si rischiano pene detentive, pesanti multe, fustigazioni pubbliche e deportazione. Per una manciata di diplomatici fortunati, l’apertura del negozio segna dunque la fine della necessità di ricorrere a una valigetta diplomatica o un pacco ufficiale sigillato per importare alcolici. In ogni caso fare compere qui non è semplicissimo. Occorre prima richiedere l’autorizzazione tramite un’app gestita da funzionari sauditi, ci sono dei limiti sul numero di acquisti ed è richiesto consegnare gli smartphone: ai clienti non è consentito scattare foto all’interno del negozio.
  • Occorre richiedere prima l’autorizzazione tramite un’app gestita da funzionari sauditi, ci sono dei limiti sugli acquisti mensili ed è richiesto consegnare gli smartphone: ai clienti non è consentito scattare foto all’interno del negozio. E pensare che Riad fino al 1952 aveva un atteggiamento conciliante verso l’alcol. La situazione cambiò dopo che il principe Mishari uccise a colpi di arma da fuoco Cyril Ousman, il viceconsole britannico a Gedda, per essersi rifiutato di versargli un altro drink a una festa. Era il 1951. Mishari fu condannato per omicidio e un anno dopo il re Abdulaziz impose il divieto totale dell’alcol. Se con questa apertura l’alcol tornerà a far parte della vita di Riad è troppo presto per dirlo.
12. Cinque cadaveri nel deserto a El Mirage

(Guido Olimpio) El Mirage, un minuscolo punto nella Contea di San Bernardino, a 50 miglia da Los Angeles. Attorno alle 20 una chiamata telefonica ha segnalato una sparatoria in una zona desertica, all’incrocio tra strade sterrate. Qui la polizia ha rinvenuto un veicolo «traforato» di proiettili e cinque cadaveri, con segni di ferite d’arma da fuoco mentre alcuni dei corpi apparivano carbonizzati.

  • Una successiva ricognizione ha permesso il recupero di una sesta vittima poco distante. Molti i bossoli sul terreno. Al momento gli investigatori hanno mantenuto il riserbo, senza precisare identità degli uccisi ed eventuale movente di un episodio avvenuto in un’area remota. Tra le ipotesi c’è quella di un agguato legato a traffici illeciti, tuttavia non vanno esclusi scenari diversi.
13. Un aereo nascosto in un Tir al confine turco

(Guido Olimpio) Non solo droga. Turchia, dogana di Kapikule, al confine con la Bulgaria. Gli agenti turchi hanno scoperto all’interno di un Tir un velivolo Cessna smontato. In arresto il guidatore di nazionalità serba accusato di contrabbando. Al momento non è chiaro a chi fosse destinato il velivolo.

14. Anche Tuvalu si tuffa nelle braccia della Cina?

(GuidoSantevecchi) La popolazione di Tuvalu va alle urne domani per rinnovare il Parlamento. Non ci sarebbe molto da dire, visto che gli abitanti dei nove atolli in mezzo al Pacifico sono solo 11 mila, i seggi in palio 16 e non esistono partiti: i candidati si presentano da indipendenti e dopo le elezioni negoziano tra di loro per formare alleanze tattiche. E qui viene l’interesse geopolitico per questo voto. Tuvalu è uno dei 12 governi mondiali che riconoscono Taiwan come Stato; la vicina Nauru la settimana scorsa ha tagliato le relazioni diplomatiche con Taipei e ora, dalle urne di Funafuti (capitale tuvaluana) potrebbe emergere un capo del governo che fatti i conti ritenga più vantaggiosa un’alleanza con la Cina.

  • La campagna acquisti condotta da Pechino negli ultimi dieci anni ha convinto uno ad uno dieci governi (da Panama all’Honduras a Nauru) a troncare i rapporti con Taipei per abbracciare la Cina e la sua contropartita di massicci investimenti in yuan. I due candidati più noti delle elezioni di Tuvalu sono l’attuale premier Kausea Natano e il ministro delle Finanze Seve Paeniu. Natano è stato in visita ufficiale a Taipei nel 2022 e ha rivelato di avere ricevuto offerte dalla Cina che ha rifiutato. Paeniu dice che la questione delle relazioni con Taiwan e Cina è da «riconsiderare» e anche all’interno del governo sono emerse nei quattro anni dell’ultima legislatura «posizioni differenti».

Grazie. A domani. Cuntrastamu.

Michele Farina


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