Benetton su Edizione: «In due anni 3,5 miliardi investiti in sostenibilità e innovazione»

Benetton su Edizione: «In due anni 3,5 miliardi investiti in sostenibilità e innovazione» Benetton su Edizione: «In due anni 3,5 miliardi investiti in sostenibilità e innovazione»

Discontinuità, proiezione internazionale, capacità di attrarre capitali, seguendo il filo rosso della sostenibilità sociale e ambientale. Tutto in meno di tre anni. É la rivoluzione del presidente di Edizione Alessandro Benetton che ieri a New York alla Maison Cipriani è stato premiato come Global advocate of the year 2023. Un riconoscimento giunto dall’Onu attraverso l’Associazione dei corrispondenti delle Nazioni Unite (Unca).

Antonio Guterres premia Alessandro Benetton, a sinistra

Lo ha consegnato il segretario Antonio Guterres. «Alla fine c’è sempre una punta di orgoglio italiano, anche se negli Stati Uniti ho vissuto e trovato ispirazione iniziando con 21 Invest. Però volevo fare qualche cosa anche da italiano nel mio Paese. In questo senso sento questo premio anche come un riconoscimento per tanti anni di lavoro», dice l’imprenditore che si spinge oltre e anticipa nuovi progetti nella prima intervista da quando è stato nominato presidente di Edizione. «Nel 2024 lavoreremo a una Fondazione internazionale con un comitato fatto di soli giovani che potranno in questo modo dire la loro».

Qual è la missione della nuova Fondazione?
«Siamo in un ciclo geopolitico di recessione e le difficoltà per tanti aumentano. Servono istituzioni e realtà nuove in grado di misurare l’impatto di un’impresa su società e ambiente. Questo sarà il nostro punto di partenza per intervenire in contesti sociali mirati. Ma la generosità da sola non basta, va strutturata a seconda delle specificità di ogni contesto».

Cosa significa questo riconoscimento per lei?
«Il premio ricevuto da Guterres ha valutato il nostro impegno nel costruire progetti di sviluppo industriale e finanziario basati sulla creazione di valore condiviso e nel promuovere la cultura Esg dell’Onu all’interno di un portafoglio di aziende dove lavorano oltre 70 mila persone in oltre 65 Paesi. Ma quello di ieri si può dire che è anche un premio al percorso iniziato nel ‘92 con la piattaforma 21 Invest e che ha avuto un’accelerazione in Edizione, la holding di famiglia, con il rilancio del polo delle infrastrutture che fa capo a Mundys e la nascita di Avolta dopo la fusione tra Autogril e Dufry. Oggi siamo un gruppo fortemente diversificato, che ha la responsabilità di gestire attività strategiche, con obiettivi ambiziosi di crescita sostenibile. Il premio ci dice che siamo sulla strada giusta».

La rivoluzione è stata radicale e realizzata in poco tempo...
«L’abbiamo potuta attuare grazie alla convinzione piena e profonda di tutti gli azionisti. Nella mia storia come molti sanno ci sono stati anche passaggi in dissonanza. Ho avuto una carriera autonoma con la 21 Invest. Eravamo partiti all’inizio degli anni ’90 quando solo i grandi capitali americani facevano private equity in Italia. La stessa visione innovativa, assieme ai miei cugini, l’abbiamo applicata anche in Edizione. Ci siamo sempre riconosciuti in un Dna che vuole fare impresa, mettersi in gioco, sviluppare delle piattaforme internazionali. In casa avevamo ‘ingredienti’ importanti e ora siamo orgogliosi di essere ancora apprezzati come gruppo nel mondo».

Quale è stata la ricetta?
«Abbiamo profondamente rinnovato ma mantenendo salde le tradizioni su come fare impresa, abbiamo provato a esplorare tenendo salde le radici. Una delle innovazioni più forti è l’aver reso strategiche innovazione e sostenibilità in business molto diversi tra loro, dalle infrastrutture, alla moda, al food and beverage. Poi gli investimenti, 3,5 miliardi in quest’ultimo biennio. Ho sempre avuto al mio fianco la lezione dell’economista Michael Porter che è stato il mio mentore ad Harvard. Mi ha insegnato a valutare gli effetti sulla società delle iniziative imprenditoriali. Un’impresa che non agisce in modo responsabile avrà vita breve. Il mercato vede una rivoluzione veloce in Edizione, ma l’impegno è iniziato trent’anni fa proprio con 21Invest che ha investito in aziende che sono cresciute e divenute competitive, anche migliorando le condizioni economiche e sociali delle comunità in cui operano. Nella holding di famiglia abbiamo poi introdotto una nuova cultura di impresa sostenibile attraverso iniziative portate avanti dalle società partecipate».

Non è stato facile arrivare a un accordo alla Cop28..
«Però nessuno si è alzato dal tavolo ed è stata trovata un’intesa comune sull’abbandono dei fossili al 2050 e questo è un passo avanti. In momento in cui si parla anche di Intelligenza artificiale e delle sue applicazioni lo sforzo deve essere collettivo. Noi siamo fieri di Mundys, che ha pianificato di raggiungere quegli obiettivi con dieci anni di anticipo. Le sue controllate, con al centro Aeroporti di Roma, dimezzeranno le emissioni dirette entro il 2030, per azzerarle al più tardi entro il 2040. Fiumicino è diventato un biglietto da visita per l’Italia e il turismo, ma è diventato anche un luogo di innovazione. È anche per questo che abbiamo attratto capitali internazionali come quelli di Blackstone. Proprio a Mundys il World Economic Forum ha affidato la leadership del tavolo per indirizzare il processo di decarbonizzazione del trasporto aereo mondiale».

Ci saranno altri cambiamenti nel 2024?
«Abbiamo raggiunto un valore netto del patrimonio di 13 miliardi, ora bisogna che le società partecipate continuino a crescere. Ci sono tutti i presupposti».

Cercherete altre opportunità?
«Se anche in questo contesto di recessione geopolitica ci saranno delle nuove opportunità, sicuramente non ci tireremo indietro. Ma sempre vivendo la sostenibilità non come un costo ma come un’opportunità».

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