Blair come Sunak ma 20 anni prima: da premier tentò di deportare i migranti all’estero

LONDRA – Due decenni prima che il primo ministro conservatore Rishi Sunak provasse a mandarli in Ruanda, anche Tony Blair considerò la possibilità di deportare gli immigrati illegali in Paesi lontani. Su suggerimento del suo ministero degli Esteri, l’allora premier laburista valutò varie opzioni, tra cui Turchia, Somalia, Kenya e Tanzania, per rispondere alle crescenti preoccupazioni popolari davanti all’aumento dei migranti clandestini e delle richieste di asilo: che nel 2002 furono più di 84 mila, un record non più superato.

Blair esaminò anche l’ipotesi di aprire un centro di smistamento per gli immigrati illeciti sull’isola di Mull, nell’arcipelago scozzese delle Ebridi. Ma poi tutti i progetti di questo genere vennero abbandonati, anche perché altri problemi, in primo luogo la controversa decisione del Regno Unito di partecipare alla guerra in Iraq, presero il sopravvento e non se ne parlò più.

La rivelazione, parte di alcuni documenti d’archivio declassificati e pubblicati dai giornali di Londra, dimostra che la questione dei migranti ha preoccupato non solo l’attuale governo Sunak e dei suoi predecessori conservatori, ma pure il partito laburista quando era al governo. Del resto, anche l’attuale leader del Labour, Keir Starmer, non ha escluso soluzioni analoghe per fare fronte al problema dei sempre più numerosi immigrati che attraversano la Manica illegalmente su gommoni o imbarcazioni di fortuna.

Una migrazione che rappresenta soltanto una piccola percentuale dell’immigrazione totale e legale nel Regno Unito, ma che è diventata il simbolo di paure popolari sul peso che il fenomeno può avere sulle casse dello stato e sull’occupazione, per quanto non suffragate da fatti, e dunque in grado di influenzare le elezioni del prossimo anno, in cui secondo tutte le previsioni i laburisti torneranno al potere. Sunak si è impegnato a realizzare il programma di deportazioni in Ruanda, ma finora non ne ha potuto deportare nemmeno uno a causa di una sentenza della Corte Suprema britannica e di altri ostacoli politici e tecnici.

Secondo quanto emerge dai documenti d’archivio, Blair considerò anche la possibilità di un contenzioso con la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Al di là dei risultati concentri di iniziative per la deportazione dei migranti, il premier laburista voleva inviare “un segnale forte” e sperava che la discussione di misure del genere avesse un effetto deterrente, diminuendo il numero di migranti.

All’epoca si era formato un grosso campo di immigrati a Calais, sulla sponda francese della Manica, da dove molti tentavano di attraversare il canale per mare o lungo il tunnel ferroviario dell’Eurostar. Uno dei documenti declassificati si intitola: “Asilo politico – l’opzione nucleare”, allusione appunto alla deportazione all’estero. E in uno dei rapporti presentati a Downing Street, Blair aveva aggiunto a mano di suo pugno questa notazione: “Dobbiamo cercare misure anche più radicali”.