Il caso delle 4 stazioni di spionaggio cinesi a Cuba. L'accusa Usa (respinta da Pechino): «Per monitorare Guantanamo»
A sostenerlo un rapporto dell’istituto statunitense CSIS basato su foto satellitari, dettagli e informazioni fino a comporre un mosaico preliminare
I cinesi avrebbero quattro “stazioni” di spionaggio a Cuba: a sostenerlo un rapporto dell’istituto statunitense CSIS rilanciato martedì dal Wall Street Journal. Un’accusa respinta dalla Cina.
Gli esperti del centro studi hanno “lavorato” su foto satellitari, dettagli e informazioni fino a comporre un mosaico preliminare. Secondo i ricercatori sono almeno quattro possibili “centri”: Bejucal (vicino alla capitale), Wajay (a circa 100 chilometri più a nord) El Salao (sud est) e Calabazar (nord ovest). Gli impianti ospitano antenne ed altri apparati con i quali è possibile captare segnali a migliaia di chilometri di distanza. Basta guardare una mappa per comprendere quali possano essere gli obiettivi del setaccio elettronico. Intanto Guantanamo, l’enclave occupata dagli americani nella parte orientale dell’isola dove sorge una grande installazione (oltre al campo di prigionia per un pugno di qaedisti). Poi diverse basi sul territorio statunitense, dalla punta meridionale fino al nord ovest, una fascia che comprende anche il sito spaziale della Nasa a Cape Canaveral.

I possibili target
L’attività della Cina nell’avamposto caraibico non rappresenta una novità. Fino a ieri era nota l’esistenza di almeno una postazione ma il report del CS sembra indicare un ampliamento dell’azione nel quadrante che si apre davanti alle coste degli Stati Uniti. Un programma di lungo termine parte della sfida globale combattuta tra le superpotenze dove tutti vanno a caccia di segreti. Con missioni di flotte, pattugliamenti nei cieli, manovre e, ovviamente, spie.
Poche settimane fa ha fatto notizia la visita di una piccola task force russa all’Avana guidata da un sottomarino nucleare. Oggi un paio di quelle unità sono arrivate in visita in Venezuela, paese pronto a firmare un nuovo accordo di collaborazione con Mosca. Segnali d’allarme sono poi trapelati dall’Europa. Parigi ha ordinato la partenza (discreta) di due diplomatici cinesi ritenuti i rappresentanti dell’intelligence in Francia. Misura decisa dopo che i servizi hanno sventato il rimpatrio forzato di due oppositori, persone sottoposte a pressioni costanti. A Oslo, invece, è stato arrestato un norvegese sospettato di raccogliere informazioni riservate per conto di Pechino. Pochi, per ora, i dettagli.