Chi appoggia Kamala Harris (e chi manca ancora all'appello). Barack Obama:«Il partito democratico ora naviga in acque sconosciute»
Il sostegno alla vice di Joe Biden appare massiccio: ci sono la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, la senatrice Elizabeth Warren e alcuni governatori. C’è anche chi vede disegni sotterranei dietro i silenzi di Barack Obama e Nancy Pelosi (con l’eterna suggestione di Michelle che riemerge)
NEW YORK – I presidenti del partito democratico di tutti i 50 Stati dell’Unione, Bill e Hillary Clinton, Jim Clyburn (influente parlamentare del South Carolina e, soprattutto, leader della comunità afroamericana). E anche la sinistra radicale che sembrava perplessa, temendo uno spostamento al centro del partito: si sono schierati a favore della nomination di Kamala Harris per la Casa Bianca la deputata Alexandria Ocasio-Cortez, la senatrice Elizabeth Warren e Pramila Jayapal, presidente del caucus dei parlamentari progressisti.
A un primo sguardo il sostegno alla vice di Biden appare massiccio: hanno dato il loro endorsement alla Harris anche quasi tutti i politici considerati possibili alternative a lei per la presidenza (tutti, meno uno, ora potrebbero entrare nel ticket come vice): il giovane governatore del Kentucky Andy Beshear e il governatore (67enne, uscente) del North Carolina Roy Cooper (Kamala ieri ha avuto conversazioni con tutti e due). E poi la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, quello della Pennsylvania Josh Shapiro, il ministro dei Trasporti Pete Buttigieg, la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar.
E anche il governatore della California Gavin Newsom. Probabilmente il più amareggiato: qualche mese fa era considerato la principale alternativa a Biden e lui aveva cominciato a costruirsi un’immagine politica nazionale, anche con la sfida televisiva con Ron DeSantis quando il governatore della Florida stava cercando di contendere la nomination repubblicana a Donald Trump. Ora, invece, l’ascesa di Kamala gli preclude anche la strada della vicepresidenza (troppi due californiani progressisti nello stesso ticket). Per le sue ambizioni presidenziali dovrà aspettare altri 4 (o 8) anni.
Chi manca all’appello? I capi democratici di Camera e Senato, Hakeem Jeffries e Chuck Schumer, la ex speaker della Camera, Nancy Pelosi e, soprattutto, Barack Obama.
Per Schumer e Jeffires la spiegazione è semplice: anche se c’è l’indicazione di Biden e un ampio consenso su di lei, la designazione della Harris non è scontata. C’è, almeno formalmente, un processo di selezione che deve essere portato avanti dal partito democratico, anche se l’esito appare, ai più, scontato. Ne è consapevole la stessa vicepresidente che, ringraziando Biden per l’endorsement, ha aggiunto: «Ora questa nomination me la devo guadagnare». I capi di Camera e Senato si tengono, quindi, un passo indietro, visto il loro ruolo istituzionale.
Infine Pelosi e Obama: c’è chi vede disegni sotterranei dietro i loro silenzi (con l’eterna suggestione di Michelle riemerge di tanto in tanto), ma è più probabile che i due si sentano delle istituzioni di fatto, anche se non hanno più incarichi formali.
Certo che il comunicato di Obama che elogia Biden senza mai citare Kamala Harris ha fatto un certo rumore. Anche perché l’ex presidente ha scritto che «il partito democratico ora naviga in acque sconosciute».