Emma Bonino: «Presto per dare giudizi sulla richiesta del procuratore Khan, lasciamo finire l’indagine»

diClara Valenzani

L'ex ministro degli Esteri si esprime invece a favore della soluzione dei due Stati: «Unica strada percorribile per fermare la violenza»

Emma Bonino sulla richiesta della Corte Penale: «Presto per dare giudizi, lasciamo finire l’indagine»

L'ex senatrice Emma Bonino

Emma Bonino, ex ministro degli Esteri, ha contribuito a scrivere lo Statuto di Roma, il trattato che definisce i principi alla base della Corte penale internazionale dell’Aia. 
Due giorni fa Karim Ahmad Khan, il procuratore capo dell’istituzione, ha emesso richiesta per dei mandati di arresto verso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e tre capi di Hamas. L’accusa è di aver compiuto crimini di guerra: i primi per aver affamato e ucciso i civili palestinesi; i secondi per omicidi, stupri e violenze indiscriminate.

Come valuta la richiesta di arresto? La ritiene una misura eccessiva? Di fatto, equipara Israele ai terroristi di Hamas.
«Io dovrei, come tutti peraltro, aspettare i risultati dell’indagine ordinata da Khan, che è un ottimo presidente della Corte penale. Lui ha incriminato entrambe le parti, ma è necessario attendere che ci siano dei referti. Fermi tutti e lasciamoli lavorare».

La richiesta della Corte è divisiva, a livello di opinione pubblica potrebbe rappresentare una scommessa: gioverà all’immagine di questa istituzione o rischia di inimicarsi una fetta di Occidente?
«Non so perché tutti pensino di avere già pronto un giudizio: calmi, il presidente Khan ha emesso insieme alla Corte le richieste per i mandati, a mio parere bisogna prima avere l’esito dell’indagine».

Ha qualche idea su quale potrebbe essere?

«No, non voglio avere idee preconcette».

Gli Usa si sono invece espressi negativamente. Questo evento potrebbe influenzare le relazioni Usa-Israele, magari favorirne un riavvicinamento?
«Questo è quello che possiamo sperare, poi bisogna vedere i fatti».

C’è una situazione precedente, in cui è intervenuta la Corte, che può essere considerata vicina all’attuale?
«Forse in qualche modo il caso del dittatore Bashar al-Assad in Siria, Stato che però come Israele non è non firmatario dello Statuto di Roma».

Dopo il 7 ottobre, c’è ancora spazio per la soluzione dei due Stati? Come evolverà il conflitto?
«Credo che arrivati a questo punto il tentativo dei due Stati possa essere resuscitato. Non vedo altra soluzione, è l’unica strada, se non si vuole una continuazione violenta e impietosa della guerra. Se 100 mila israeliani scendono a protestare in piazza contro Netanyahu, è un segnale da non sottovalutare. Per il resto, è una situazione complessa, nemmeno chi la vive riesce a descriverla in modo compiuto».

22 maggio 2024

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