
Pnrr, Italia indietro con i progetti. L’Upb certifica: spesa ferma al 14%
ROMA – L’Italia ha speso fin qui 28,1 miliardi dei fondi Pnrr, il 14,7% appena del totale assegnato al Paese. Spicca il ritardo accumulato quest’anno, con appena 2,5 miliardi spesi: il 7% di quanto programmato.

Il collo di bottiglia e i dati sballati
A fare il quadro, aggiornato al 26 novembre, è l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’authority dei conti pubblici. Il problema non sono le gare deserte o annullate, appena lo 0,54% di quelle fatte. E neanche il massimo ribasso (15%) in linea con altri appalti pubblici. Un terzo dei ritardi si accumula nella fase di progettazione esecutiva e poi nell’assegnazione dei progetti alle imprese, «un vero collo di bottiglia».
L’Upb prende i dati da Regis, la banca dati ufficiale del Pnrr, integrata con i dati delle gare registrati da Anac, l’Autorità anticorruzione. Li definisce dati «non esaustivi né tempestivi». Nota ad esempio che Anac calcola 20 miliardi di gare che Regis non vede. Come pure segnala il ritardo con cui vengono registrati nella piattaforma «i piccoli progetti», molto numerosi.

Si spiega anche così l’apparente difformità nel totale della spesa – 28,1 miliardi – calcolata da Upb rispetto ai 42 miliardi segnalati qualche giorno fa dal Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta. Il sistema Regis non vede tutti gli incentivi e i crediti di imposta che invece la Ragioneria può aggiungere in tempo quasi reale al calcolo finale, grazie alle banche dati dell’Agenzia delle entrate.
Per la sanità speso solo l’1%
Sia come sia, l’Italia è indietro. Se si escludono le agevolazioni fiscali e gli incentivi, i progetti avviati sono 231.140 per 66,4 miliardi. Ma quelli conclusi sono solo il 6%, pari a 14.631: il 9% al Nord, il 5,3% al Centro e il 5% al Sud. Il Mezzogiorno è l’area più in ritardo con la spesa, con le gare avviate e con quelle aggiudicate. Ma nella ripartizione dei progetti assegnati, segnala Upb, «riceve una quota comparabile con il Nord e pari al 38%».
Ancora da spendere rimangono ben 163,4 miliardi. Per la sanità ad esempio ci sono ancora 15,5 miliardi che farebbero un gran bene a un settore messo in ginocchio dalla pandemia, dall’esplosione delle liste di attesa e dal sovraccarico di lavoro che ha portato i sanitari a scioperare martedì. Eppure proprio la sanità è il capitolo in cui si è speso meno: appena l’1%.
I due terzi delle risorse del Pnrr – che Upb calcola ancora in 191,5 miliardi, diventati 194,4 miliardi dopo la revisione operata dal governo Meloni e appena approvata dall’Ue – sono stati tutti assegnati. «È stato deciso cosa fare, ma il tasso di pagamento dei lavori è basso», osserva Upb. I progetti ci sono, i soldi pure, ma non arrivano a terra. E questo non può non essere un problema per un esecutivo che ha legato gran parte della crescita del prossimo anno (+1,2%) alla spinta del Pnrr.
Il “buco” di 11 miliardi
E invece, nota Upb, la rimodulazione voluta da Palazzo Chigi e approvata dalla Commissione Ue il 24 novembre sposta sugli ultimi due anni molti progetti e anche risorse. Le due rate del 2024 – la quinta e la sesta – ad esempio sono più basse di 11 miliardi, finiti tutti sulla decima rata, l’ultima del 2026. Ebbene questo “buco” dovrà essere colmato, o meglio anticipato “via cassa”, attingendo – scrive Upb – al Fondo sviluppo e coesione e al Piano nazionale complementare del Pnrr. In mancanza, «dati gli importi in gioco», avverte Upb, «si potrebbe rendere necessario un maggior ricorso al mercato, a meno di riduzioni compensative di spese in altre voci del bilancio dello Stato».

Tradotto: maggior deficit o taglio della spesa. Proprio quanto teme il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, non proprio in linea con le rassicurazioni che invece il ministro per il Pnrr Raffaele Fitto spende a piene mani soprattutto con gli enti locali, rassicurando che «nessun progetto andrà perso, non definanziamo niente». Entro questo mese ci dovrebbe essere un tavolo con le Regioni.
La Cgil intanto denuncia i tagli proprio agli enti locali, in particolare sulla sanità (30% di obiettivi in meno), sul dissesto idrogeologico, sul sistema di sicurezza dei treni, sugli asili nido.