
Cop28, l’Opec fa muro per evitare l’uscita dai combustibili fossili. La Ue: “Disgustoso”
DUBAI – I petrolieri cominciano ad avere paura. E l’Opec, l’organizzazione che raccoglie 13 Paesi produttori (tra i quali Arabia Saudita, Iran ed Emirati Arabi Uniti), invita a serrare i ranghi per evitare che la Cop28 sancisca l’uscita, seppur graduale, dai combustibili fossili. Durissima la reazione di Teresa Ribera Rodríguez, vicepremier e ministro alla Transizione ecologica del governo spagnolo, che a Dubai rappresenta i 27 governi dell’Unione europea: “Disgustoso”.
Repubblica ha chiesto una reazione all’Agenzia internazionale dell’energia, guidata da Fatih Birol e nata durante la crisi petrolifera degli anni Settanta per evitare futuri shock petroliferi: “Non commentiamo”, la risposta dagli uffici Iea di Parigi.

La lettera firmata da Haitham Al-Ghais, segretario generale dell’Organizzazione dei Peasi esportatori di petrolio, è datata 6 dicembre, ma è stata resa nota ieri dall’Agenzia Reuters nelle stesse ore in cui alla 28esima Conferenza Onu sul clima di Dubai veniva diffuso un nuovo testo su cui sono al lavoro le delegazioni delle 196 nazioni partecipanti.
Pur essendo ancora una bozza, quasi una lista dei desideri, tutti i commentatori sono stati colpiti dal fatto che ci fosse, in tutte e quattro le opzioni messe sul tavolo, un riferimento esplicito al “phase out” (uscita graduale) dai combustibili fossili.
Ecco le quattro ipotesi:
- eliminazione graduale dei combustibili fossili in linea con la migliore scienza disponibile;
- eliminazione graduale dei combustibili fossili in linea con la migliore scienza disponibile, secondo il percorso indicato dall’Ilcc per restare entro gli 1.5 gradi di riscaldamento;
- eliminazione progressiva dei combustibili fossili, picco dei consumi entro il 2030, settore energetico “prevalentemente” libero dai combustibili fossili ben prima del 2050;
- eliminazione progressiva dei combustibili fossili in modo da raggiungere l'azzeramento netto delle emissioni di CO2 nei sistemi energetici intorno al 2050.
Se una qualsiasi di queste formulazioni dovesse sopravvivere anche nel testo finale sarebbe una svolta storica e un riconoscimento di quanto gli scienziati ripetono da decenni: solo abbandonando la combustione di gas, carbone e petrolio possiamo ridurre le emissioni di Co2 e frenare il riscaldamento globale.
Nonostante le critiche per il suo ruolo di amministratore delegato di Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, sembra esserne consapevole anche Sultan Al Jaber, il presidente di Cop28, che ieri, senza citare il fase out combustibili fossili, ha però confermato che “il declino nel loro uso nel tempo è irreversibile” che “l’obiettivo degli 1,5 gradi è la mia stella polare, farlo tutto il necessario per raggiungerlo”.
Parole che sommate ai quattro possibili “phase out” contenuti nel testo e alla presenza nella stessa bozza della triplicazione delle energie rinnovabili e del raddoppio delle rinnovabili, hanno confermato i peggiori timori dell’Oil&Gas: che questa Cop28 possa davvero sancire l’inizio della fine del loro business. Si potrebbe spiegare anche così la presenza in massa a Dubai dei lobbisti del petrolio, oltre 2400, solo il Brasile ha una delegazione più nutrita. Di sicuro c’è questa paura dietro la lettera scritta da Al-Ghais ai leader di Algeria, Angola, Guinea Equatorial, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Repubblica del Congo, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela, perché a Dubai “rifiutino qualsiasi testo o formula che abbia come obiettivo l'energia, per esempio i combustibili fossili, piuttosto che le emissioni”. Secondo il segretario generale dell’Opec sarebbe in corso “una campagna politica" contro le nazioni ricche di petrolio che potrebbe “mettere a rischio la prosperità e il futuro dei nostri popoli”.
Anche Al Jaber sa che in molti Paesi, nel suo certamente, è in gioco la ricchezza derivata dal petrolio. E infatti nelle sue comunicazioni ufficiali non parla di “transizione energetica” o “ecologica”, ma di un “cambiamento paradigmatico” che deve condurre a una “transizione economica”.
In una conferenza stampa improvvisata la vicepremier spagnola Ribera ha condannato senza mezzi termini la lettera dell’Opec: “È quasi disgustoso il pressing dei Paesi Opec. Non non chiediamo di eliminare i combustibili fossili domani. Dobbiamo creare invece le condizioni per una uscita graduale. E su questo l’Unione europea è chiarissima e in linea con la grande maggioranza dei Paesi presenti a Cop28 che vogliono il “phase out” (oltre un centinaio su 196, ndr). Ci stiamo battendo per eliminare i sussidi ai combustibili fossili e per fare in modo che al massimo nel 2025 si raggiunga il picco delle emissioni”.
La Ue è dunque schierata con le decine di nazioni pronte a dare battaglia, perché rischiano di essere devastati dai cambiamenti climatici, tra siccità, alluvioni, innalzamenti dei mari, con costi, non solo economici, assai più gravosi di quelli che preoccupano petrolieri e PetroStati. Sarà questa partita sull’uscita dai combustibili fossili a segnare il destino di Cop28. E forse del Pianeta.