Biancavilla, il paese contaminato dall'amianto. Dal 1988 oltre settanta morti
Un caso unico nel suo genere in Italia. Si tratta, infatti, di una contaminazione provocata da una fibra non industriale, la fluoro-edenite, proveniente da una cava della zona
Una storia che unisce aspetti paradossali e drammatici. Un caso unico nel suo genere in Italia, una città in gran parte costruita con materiali contenenti «minerali di amianto» -che non provengono da siti industriali-. Nello specifico si tratta di fluoro-edenite che ha effetti molto negativi sul piano della salute degli esseri umani. A Biancavilla (centro di quasi 23 mila abitanti), in provincia di Catania, sono molti i casi di malati affetti da mesotelioma pleurico.
Dal 1988, da quando vi sono statistiche ufficiali in questo ambito specifico, nel comune etneo i morti per mesotelioma sono stati oltre 70 (purtroppo i dati vengono continuamente aggiornati). Una media 5 volte più alta di quella siciliana e tra le più alte d'Italia. L'aspetto paradossale di Biancavilla, che la rende un caso unico in Italia, come ha osservato “L'Osservatorio Nazionale Amianto” è che le fibre d'amianto non sono scaturite da produzioni industriali di lavorazione dell'Eternit (come in altri siti nazionali) ma da una cava ricavata da una montagna vicina alla città, Monte Calvario.
Biancavilla è geograficamente posta in una zona etnea nota per la produzione delle arance rosse e i vigneti (nelle aree più alte), così come altri comuni del Parco dell'Etna vi sono meraviglie naturalistiche. A Biancavilla però l'azione degli esseri umani che hanno sventrato il Monte Calvario ha prodotto conseguenze gravi e inimmaginabili. La cava si trova a pochi chilometri dal centro storico. Nella fretta di costruire nuove abitazioni a partire dagli '50 e '60 del Novecento, in una fase di ricchezza agricola e di espansione dell'edilizia, il Monte fu sventrato e fu avviata l'estrazione di materiale. Vennero ricavati i materiali edili per strade ed edifici realizzati in molte zone di Biancavilla, dal centro alle periferie.
Da successive analisi e verifiche scientifiche è emerso che le polveri della cava erano costituite da un materiale fino ad allora poco conosciuto, ma «con palesi capacità asbestiformi», venne poi definito come fluoro-edenite. Si tratta di un minerale di origine vulcanica. Solo dopo parecchi lustri dallo sventramento del Monte Calvario è stata vietata l'estrazione di materiale dalla cava ma il dramma era già in fieri, in divenire progressivo. Intere generazioni di abitanti hanno respirato (e in parte rischiano ancora di inalare) aria con fibre di fluoro-edenite.
Nel 1998 il sindaco Pietro Manna con un'ordinanza diede lo stop ai lavori di estrazione dalla cava. Nel corso del primo decennio degli anni 2000 sono stati fatti i primi interventi di bonifica in città. Vennero asfaltate le strade con un materiale che non permette il rilascio delle polveri pericolose. Sono stati effettuati interventi negli edifici le cui facciate cominciavano a sgretolarsi. I primi interventi sono stati effettuati negli edifici pubblici. È evidente che non è semplice bonificare una città con molte abitazioni, strade, piazze, terreni, dove è presente la fluoro-edenite. I cittadini debbono sempre fare attenzione che non si aprano buchi nei muri che sono stati ricoperti, oppure che l'asfalto nelle strade non si usuri, altrimenti rischiano di inalare fibre di fluoro-edenite.
Un impegno importante nella sensibilizzazione di questa problematica e nella difesa dei cittadini è stato e viene svolto anche dall'Osservatorio Nazionale Amianto. Vanno citati l'avvocato Ezio Bonanni e il coordinatore regionale Calogero Vicario. Bonanni, oltre al ruolo della presidenza nazionale di ONA, ha contribuito con la sua battaglia sul campo in difesa dei cittadini e con una pubblicazione: «Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Ed. 2022».
Cos'è la fluoro-edenite? Lo spiega così l'ONA: «Si tratta di un minerale, un anfibolo, classificato in base alla revisione del 2012 (IMA 2012) come appartenente al sottogruppo degli anfiboli di calcio. Prima della scoperta e analisi di questo minerale presso la cava del Monte Calvario a Biancavilla, era stata segnalata la presenza in Giappone e descritti campioni corrispondenti alla definizione di fluoro-edenite». Vi è fluoro-edenite «anche nel complesso vulcanico Monte Somma-Vesuvio». Si tratta di fibre molto leggere e sottili che si disperdono facilmente nell’ambiente e sono facilmente inalabili o ingeribili. Spiegano gli esperti che «il mesotelioma è una patologia con tempi di latenza estremamente lunghi, che toccano picchi di 40 anni». Dunque secondo queste premesse scientifiche, il picco di morti per mesotelioma a Biancavilla non è ancora stato raggiunto. Gli studi hanno mostrato che a essere maggiormente colpiti sono i giovani, cioè coloro che sono stati esposti alla fluoro-edenite sin dalla fase infantile. I governi cittadini che si sono succeduti, di diverso colore politico (Biancavilla è stato per lungo tempo un feudo rosso poi espugnato dalla destra), hanno lavorato con costanza per porre la questione in primo piano alle istituzioni competenti. E sono giunti importanti finanziamenti.
Nel 1997 l’ISS ha istituito un gruppo di lavoro in collaborazione con la Regione Sicilia, il Comune di Biancavilla e l'Azienda sanitaria provinciale di Catania (Asp) con lo scopo di individuare la fonte di contaminazione. Un lavoro importante che ha permesso di comprendere aspetti rilevanti del fenomeno. La bonifica del territorio di Biancavilla deve ancora essere portata a termine. La cava del Monte Calvario dovrebbe essere bonificata, con uno specifico finanziamento giunto, entro il 2026 con la nascita di un parco verde simbolo di una lunga battaglia e di nuova speranza. Il campo di calcio è stato interamente rivestito con erba sintetica, per evitare l’innalzamento di polveri. Per molti anni vi hanno giocato anche tanti ragazzini inalando le polveri del terreno. Alcuni cittadini raccontano che vi è presente il timore che si apra un buco nel muro delle abitazioni e possano sprigionarsi le «fibre killer» della fluoro-edenite oppure quello di respirare all'aria aperta in alcuni terreni non sospetti ma che potrebbero contenerla.