Il 2024 sarà migliore della nostra giovinezza
Caro Aldo,
ho quasi 78 anni e spero di andarmene presto: la Cina vuole Taiwan, Kim Jong-un la Corea del Sud, la Russia l’Ucraina, Israele vuole ammazzare tutti, tutti i palestinesi, l’Iran vuole annientare Israele e poi il Sudan etc etc. A me sembra veramente troppo, non le pare?
Beppe Selva
Caro Beppe,
Quando lei aveva vent’anni, cioè mezzo secolo fa, la situazione non era molto diversa, anzi per molti aspetti era peggiore. Il mondo era diviso in due blocchi che si combattevano per interposto popolo, dall’Angola al Vietnam, dalla Cambogia al Mozambico, e che per due volte — a Cuba nel ’62 e in Medio Oriente nel ’73 — erano arrivati a un passo dalla guerra nucleare. Un mondo infinitamente più povero di beni e di opportunità rispetto a quello di oggi: la Spagna non era il paradiso delle vacanze ma una dittatura dove gli oppositori finivano alla garrota o al muro; mezza Africa alla fame, il Sud Africa oppresso dall’apartheid, l’India misera, la Cina abitata da 600 milioni non di consumatori avidi di nostri prodotti (come adesso) ma di contadini sudditi di Mao, per i quali un piatto di riso era una conquista. Neppure l’Italia era migliore di adesso. Era un Paese scosso da tensioni, talora da tragedie. Era un Paese più inquinato: fabbriche in città, acciaierie in riva al mare, nubi tossiche, ciminiere, smog. Era un Paese più violento: scoppiavano bombe fasciste nelle banche e sui treni; brigate comuniste sparavano a politici, magistrati, poliziotti, giornalisti, operai; la borghesia era terrorizzata dai sequestri di persona. Era un Paese decisamente più maschilista, in cui i «femminicidi» non facevano notizia: chi trovava la moglie con un altro e la ammazzava non commetteva un crimine ma un «delitto d’onore», spesso non finiva neppure in galera. Sa qual è la vera differenza, gentile signor Selva? Che lei aveva vent’anni, e tutto le pareva — e per lei era — intero. Vedrà che il 2024 potrà riservarle qualche sorpresa, non necessariamente negativa.
LE ALTRE LETTERE DI OGGI
L'ingiustizia
«Noi dipendenti postali, la buonuscita è ferma al 1998»
Sono un ex dipendente postale. Condivido la lettera di Sergio Seghetti (Corriere, 27 dicembre) sull’ingiusto differimento nell’erogazione del Tfs (trattamento di fine servizio) per i pubblici dipendenti, mentre il Tfr dei «privati» viene pagato 30-60 giorni dopo. Il pronunciamento della Corte Costituzionale del 23 giugno 2023 contenente un «pressante invito al legislatore per rimuovere gradualmente» questa penalizzazione, a oggi è totalmente ignorato. Nel caso dei dipendenti postali è peggio: la buonuscita, il nostro Tfs, è stata «congelata» al 28 febbraio 1998, prima della privatizzazione di Poste. Significa che i 219.601 dipendenti postali, a quella data, hanno maturato un diritto e la cifra stabilita viene erogata senza alcuna forma di rivalutazione, coi tempi dei pubblici dipendenti, che però decorrono dalla cessazione del rapporto di lavoro con Poste Spa. Per esempio: un postale assunto nel 1985 che si è dimesso il 31 dicembre 2023, riceverà quell’importo fissato il 28 febbraio 1998 — poniamo 10.000 euro — almeno 24+3 mesi dopo, cioè nell’aprile 2026 non rivalutato. Il legislatore sa cosa significa in termini di potere d’acquisto, ma non vi pone rimedio. Su questo si sono espresse la Cassazione e la Corte Costituzionale, dicendo sostanzialmente che non c’è danno per questi lavoratori. Eppure è la stessa Corte Costituzionale che sei mesi fa ha ritenuto «incongruo» il differimento del Tfs dei pubblici dipendenti, nell’indifferenza del legislatore.
Giuseppe Zani, Brescia
MACRON
«Riarmo e fierezza: parole complicate per gli italiani
Enzo CucciaROMA
«Le carrozzelle e i cavalli nel centro trafficato»
Mario BianchiCASO POZZOLO
«I personaggi che deturpano l’immagine della destra»
Pietro ManciniGIGI GANAPINI
«Il mio ricordo negli anni del giornale del liceo»
Umberto Melotti Tutte le lettere
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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.
MARTEDI - IL CURRICULUM
Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino
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Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai.
Invia l'offertaGIOVEDI - L'INGIUSTIZIA
Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica
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