Il Libretto Rosso di Mao pagato 250 mila dollari America -Cina del 28 febbraio

America-Cina Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera
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Mercoledì 28 febbraio 2024
Un Libretto Rosso da 250 mila dollari
editorialista di michele farina

Nel menù di oggi: l’asta del Libretto Rosso di Mao, la spina araba nel fianco di Biden, la caduta di un altro colosso cinese, la stretta di Xi Jinping sulla sicurezza nazionale, il fronte del Mar Rosso, il palestinese di Gaza che ha perso 103 parenti, il conto delle vittime in Ucraina, le carte segrete sulle armi nucleari russe, la vedova di Aleksei Navalny annuncia il giorno del funerale, come spendono il tempo i tedeschi (orologio alla mano), perché Mary Poppins va visto con «i bambini accompagnati», il politico portoghese che vorrebbe far asportare le ovaie alle donne che abortiscono, la famiglia italiana liberata in Mali dopo due anni di prigionia nel deserto, il ripristino della natura in Europa, il ritorno in ufficio di Monica Lewinsky. E la storia del cuoco di George Washington, un ex schiavo che usava olio italiano.

Buona lettura.

America-Cina è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qui e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it

1. Il nuovo boom del Libretto di Mao Zedong
editorialista
di guido santevecchi

Mao Zedong, che lasciò la Cina povera e arretrata, quasi cinquant’anni dopo essere andato in cielo a incontrare Karl Marx sta facendo arricchire i collezionisti del mondo capitalista. Un’edizione in inglese del suo Libretto Rosso, con dedica autografa del Grande Timoniere, è stata appena venduta a Boston per 250 mila dollari. A Londra, una delle primissime copie originali, stampata in mandarino nel 1963, va all’asta domani partendo da 30 mila sterline.

  • Il valore di mercato attribuito oggi al vecchio volumetto con i pensieri di Mao è sorprendente, visto che fu stampato in almeno un miliardo di copie nel fatidico decennio della Rivoluzione culturale conclusa con la morte del Presidente nel 1976. Dall’università di Harvard, lo storico Rana Mitter ha spiegato con sense of humour al Guardian che il successo del «Little Red Book» dimostra che «l’ideologia conta» e «la politica è concreta». Ma che cosa rappresentava il Libretto Rosso? In cinese era intitolato «Máo Zhuxí Yulù», «Citazione dalle opere del presidente Mao». Era il 1963 quando l’ormai appannato rivoluzionario aggrappato al potere come un imperatore ordinò di raccogliere e dare alle stampe le sue frasi più istruttive.
  • Ne furono individuate 267, racchiuse in un volumetto adatto ad essere sempre portato dalle masse nella tasca sul petto della celeberrima «giacca alla Mao»; il colore della copertina era rosso e gli occidentali affascinati dal maoismo ribattezzarono l’opera «Little Red Book». Veniva agitato e letto pubblicamente dalla Guardie Rosse scatenate da Mao per mettere fuori gioco i rivali e i contestatori della sua linea durante la Rivoluzione Culturale. Ma l’onda di Libretti Rossi arrivò anche nelle piazze europee del 1968, dove nei cortei i ragazzi di Parigi, Berlino e Roma li impugnavano (magari senza averlo mai letto). Alcuni aforismi di Mao sono entrati nella storia e ancora oggi spiegano la politica cinese: «La rivoluzione non è una cena di gala, non è un dipinto o un ricamo, non si può fare con tanta eleganza e cortesia... la rivoluzione è un atto insurrezionale con il quale una classe ne rovescia un’altra». E ancora: «Il potere nasce dalla canna del fucile». «I reazionari imperialisti sono tigri di carta, sembrano terrificanti, ma in realtà non sono potenti».
  • Il primo stampatore dell’opera fu l’Esercito popolare di liberazione; negli anni a seguire furono costituite nuove case editrici in tutta la Cina per sfornare le copie a getto continuo. Veniamo alle due copie battute all’asta a Boston e Londra. Quella americana che ha fruttato 250 mila dollari è un pezzo unico: è la prima traduzione in inglese, che Mao donò nel 1966 al ministro degli Esteri pachistano Syed Sharifuddin Pirzada in visita a Pechino. Il leader cinese firmò la copia con inchiostro blu della sua penna stilografica e l’evento entrò nella storia perché fu ripreso dalle telecamere della tv statale. Pirzada è morto nel 2017, dopo una lunghissima carriera politica al servizio del Pakistan e delle Nazioni Unite: non è chiaro come la sua copia sia finita sul mercato del collezionismo. È nota invece la storia della copia in cinese che va all’asta domani da Chiswick Auctions di Londra per 30 mila sterline.
  • La sua rarità è dovuta al fatto che è una primissima edizione di prova del 1963, con copertina provvisoria chiara (la stampa di massa con copertina in vinile rosso cominciò nel 1964). Quella «copia staffetta» appartiene al libraio americano Justin Schiller, che ha messo insieme una delle più grandi collezioni di memorabilia della Rivoluzione culturale. Per conservare tutti gli oggetti che ha raccolto in trent’anni di viaggi in Cina utilizza 15 stanze della sua grande casa nello Stato di New York. Il suo colpo da maestro è stato l’acquisto in blocco di tutto il contenuto di un negozio di un rigattiere specializzato in «oggetti rivoluzionari» a Pechino, nel 2000, pagato 40 mila dollari: «Per mandare tutto in America ci sono voluti tre container e per sfuggire ai controlli li feci spedire da tre porti diversi», ricorda Mr Schiller. «Ora il governo cinese non permetterebbe mai l’esportazione di quei simboli della storia».
2. Biden e la protesta della comunità araba
editorialista
di viviana mazza
inviata a Dearborn (Michigan)

Il messaggio alla Casa Bianca è stato mandato forte e chiaro: la comunità araba americana è furiosa per la guerra di Israele a Gaza e che, se il presidente non appoggerà un cessate il fuoco permanente e smetterà di finanziare il conflitto, rischia di perdere le elezioni in questo Stato che potrebbe costargli la presidenza a novembre.

imageAlla primarie in Michigan il voto dei «non schierati»

  • È stato Biden — come atteso — a vincere le primarie democratiche di ieri in Michigan, ma il voto è stato un trionfo per la campagna Listen to Michigan che aveva chiesto agli elettori democratici di votare «uncommitted» (non impegnati, non schierati) anziché scegliere Biden. Il risultato ha superato le aspettative. Con il 95% delle schede elettorali scrutinate, i voti «uncommitted» sono oltre 100 mila (il 13,3%). Questo significa che il movimento di protesta manderà i suoi delegati alla convention del partito democratico a Chicago ad agosto. E movimenti simili a Listen to Michigan in altri due Stati — Minnesota e Washington, dove si vota rispettivamente il 5 e il 12 marzo — hanno contattato gli organizzatori per cercare di seguirne le orme.
  • Il ristorante Adonis di Dearborn (qui il reportage sulla città), dove si mangia cucina araba e si fuma lo shisha, era stato trasformato ieri sera nella sede del watch party di Listen to Michigan... (qui l’articolo completo).
3. Il crac del colosso Country Garden

(Guido Santevecchi) La caduta al rallentatore del settore immobiliare cinese schiacciato dai debiti prosegue con un altro crac annunciato: un creditore di Hong Kong ha presentato in tribunale istanza di liquidazione per il costruttore del Guangdong Country Garden, che non ha rimborsato un prestito da 1,6 miliardi di dollari hongkonghesi (circa 200 milioni di euro). L’udienza fallimentare è stata fissata per maggio. Fino al 2021 Country Garden era stato il primo venditore di appartamenti nella Repubblica popolare cinese, testa a testa con Evergrande. Poi la sua attività è stata colpita dalla stretta sul credito ai costruttori operata dal governo di Pechino: il gruppo, con un debito di 1.430 miliardi di yuan (quasi 200 miliardi di euro dei quali 10 in dollari americani) non ha più onorato gli interessi su diverse obbligazioni collocate offshore. Di qui la causa intentata da un creditore a Hong Kong.

  • È lo stesso percorso seguito con Evergrande, l’altro colosso immobiliare per il quale a gennaio l’Alta Corte di Hong Kong, dopo molti rinvii, ha ordinato la liquidazione. La crisi del mercato immobiliare è uno dei problemi più seri per i pianificatori dell’economia cinese: il settore era arrivato a contare per circa il 30 per cento sul Pil (tra edilizia e indotto). Decine di migliaia di cantieri sono rimasti incompiuti, con gli appartamenti già pagati da gente che ha investito i risparmi nell’acquisto. Per questo, mentre le procedure di liquidazione giudiziaria si accumulano, il primo obiettivo del governo è consentire il completamento e la consegna delle case, per evitare un impatto sociale e possibili disordini. Country Garden ha reagito all’apertura della procedura di liquidazione dicendo che continuerà a lavorare per un piano di ristrutturazione del debito.
4. Xi fa allargare la legge di sicurezza nazionale: rischi per gli stranieri

(Guido Santevecchi) Ci sono anche «i segreti del lavoro» sotto la lente della legge cinese appena modificata per meglio difendere la sicurezza nazionale. Il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo (il Parlamento di Pechino) ieri ha allargato il campo di applicazione delle norme sul Segreto di Stato e Xi Jinping le ha subito controfirmate, ha annunciato l’agenzia Xinhua in una notizia con il titolo: «La revisione della legge sulla tutela dei Segreti di Stato risponde alle esigenze dei nostri tempi».

  • L’inclusione dei «segreti sul lavoro», non meglio specificati, preoccupa in particolare i manager delle aziende straniere che operano in Cina. Raccolta e diffusione di dati sulla produzione industriale cinese e sulla situazione del suo mercato potrebbero ricadere nell’ambito della «sicurezza nazionale» che Xi ha promesso di rafforzare, mettendola al primo posto davanti allo sviluppo economico. Già l’anno scorso, sulla base della legge anti-spionaggio, sono stati arrestati cinque dipendenti cinesi della sede pechinese di Mintz Group, specializzata in due diligence; a Shanghai sono stati perquisiti gli uffici di Bain & Company, società di consulenza strategica; stesso trattamento intimidatorio per Capvision. La tv di Pechino in un servizio sui raid della polizia ha suonato il tamburo di guerra, sostenendo che gli americani cercano di rubare intelligence su industrie chiave del sistema produttivo cinese, dati finanziari, sull’energia, anche sulla sanità, il tutto in base al «noto piano di contenimento e soffocamento dell’ascesa cinese». Ora, l’inclusione dei non meglio definiti «segreti sul lavoro» nella normativa sulla sicurezza nazionale, creano ulteriore incertezza nella business community straniera in Cina.
5. Bilancio in Ucraina: una bandiera, un morto
editorialista
di lorenzo cremonesi
inviato a Kiev

Le truppe russe stanno cercando di approfittare della recente cattura della cittadina di Avdiivka per conquistare nuovo territorio. La richiesta arriva direttamente dal Cremlino. Vladimir Putin è interessato a propagandare le vittorie nel Donbass in vista dell’appuntamento elettorale di metà marzo. Nonostante la cronica mancanza di munizioni, specie per le artiglierie pesanti, gli ucraini si stanno invece gradualmente ritirando e lo ammettono anche i media e blogger locali. Lo Institute for the Study of War di Washington conferma che si tratta per ora di un lento ridispiegamento delle forze, che nel prossimo futuro dovrebbero riposizionarsi sulla linea di alture situate una decina di chilometri a ovest di Avdiivka, dove dai primi di novembre hanno costruito la nuova linea di bunker e trincee. I comandi ucraini contano quindi di poter resistere sfruttando la zona di piccoli laghi, acquitrini e fiumi lungo i villaggi di Berdychi, Semenivka e Orlivka.

  • Ma il tributo di sangue resta alto. Secondo i blogger russi, le perdite dei loro soldati negli ultimi tempi attorno ad Avdiivka superano i 16.000 morti. Nel frattempo, gli ucraini sono riusciti ad abbattere diversi aerei nemici. Ma anche gli ucraini hanno perso oltre 7.000 soldati per difendere la regione. Il numero delle bandierine che simbolicamente marcano i caduti e sono piantate nelle aiuole di Maidan, nel cuore di Kiev, cresce di giorno in giorno. In rete circolano i video impietosi ripresi dal cielo con i droni in cui si vedono soldati russi fucilare a sangue freddo gli ucraini che vorrebbero arrendersi tra le trincee sconvolte dalle bombe (qui tutti gli aggiornamenti sulla guerra in Ucraina).
6. Macron fa un favore a Vladimir Putin

(Lorenzo Cremonesi) Vogliamo fare un favore a Vladimir Putin? Accettiamo la proposta di Macron e mandiamo truppe Nato in Ucraina. Una pazzia suicida per il fronte occidentale, totalmente slegata dalla realtà e invece rispondente agli interessi di piccolo cabotaggio del capo dell’Eliseo preoccupato dalla crescita della destra francese, oltreché dal bisogno di rilanciarsi da leader europeo dopo il successo del viaggio di Giorgia Meloni a Kiev in veste di presidente di turno del G7.

imageAl Cremlino due anni fa

  • Per nostra fortuna, il rifiuto alleato è corale per quattro argomenti: 1) Grazie all’esternazione solitaria di Macron, Putin può adesso ribadire la sua falsa affermazione di due anni fa, quando l’offensiva iniziale contro Kiev gli andò male e passò dal propagandare che era una «operazione speciale per denazificare l’Ucraina» all’altrettanto infondato pretesto della guerra di difesa contro «l’aggressione della Nato». 2) Joe Biden è sempre stato attento a non coinvolgere direttamente la Nato nello scontro con Putin per tenere lontano il rischio di guerra nucleare. Persino i Paesi baltici sono contrari a inviare i loro soldati in Ucraina. 3) Morire per Kramatorsk? Le opinioni pubbliche europee non sono pronte: il rischio è lo scontro interno e che battaglioni di pacifisti diventino putiniani. 4) In Afghanistan le truppe occidentali hanno clamorosamente fallito: perché dovrebbero riuscire contro la Russia? Molto meglio mandare subito armi e munizioni agli ucraini, che si sono dimostrati motivati e coraggiosi combattenti .
7. Il palestinese che ha perso 103 parenti
editorialista
di irene soave

L’esercito di Israele ha smentito, in mattinata, i blocchi all’aiuto a Gaza: solo nella notte, scrivono i portavoce, sono arrivati trentun camion, e in tutto cinquanta camion negli ultimi tre giorni. Per le Nazioni Unite, però, gli sfollati accalcati nella Striscia hanno bisogno di cento camion al giorno, e solo per le urgenze.

  • Un bambino su sei sotto i due anni a Gaza soffre di «malnutrizione acuta», secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, e un quarto della popolazione è in stato di inedia. Calche di palestinesi disperatamente affamati bloccano le strade, affollano le spiagge: virale sui social è un video di aiuti giordani, i primi mandati per via aerea sulla Striscia, che per errore vengono paracadutati in mare. Le immagini: la corsa di chi può a procurarsi un’imbarcazione, anche solo una tavola di fortuna, per andare a recuperarli. Chi si butta in acqua vestito e va a cercarli a nuoto. I bastoni con cui chi ha trovato i pacchi in acqua scaccia le centinaia di altri che lo assediano. Sempre sui social fanno il giro le foto di «pagnotte» impastate con poca farina, erba secca e mangime per animali. E la storia di un uomo, incontrato dalla Bbc, Ahmed al-Ghuferi: aveva tre figlie e una famiglia di centodieci parenti, tra cugini, nonni, nipoti, bisnipoti... tutti, tranne lui e altri sei che come lui lavoravano a Tel Aviv, sono morti sotto le bombe. Il più vecchio aveva 98 anni, il più giovane nove giorni. «Non ho più nessuno che mi chiami papà, e mi sembra che tutto questo non sia vero».
8. Fronte Gaza, fronte Mar Rosso
editorialista
di guido olimpio

La fregata tedesca Hessen ha intercettato due droni kamikaze lanciati dagli Houthi. La nave fa parte della missione europea Aspides in Mar Rosso guidata dall’Italia. L’azione di difesa allarga il numero di paesi occidentali che partecipano concretamente alle operazioni di contrasto. La Francia ha già distrutto velivoli senza pilota della milizia mentre Usa e Gran Bretagna agiscono in modo separato con ripetuti raid. Uno schieramento in ordine sparso nonostante la gravità della minaccia.

image Madre e figlio in fuga da un rifugio la notte scorsa a Deir al-Balah, Striscia di Gaza (Mohammed Saber)

  • I negoziati per una tregua a Gaza potrebbero avere riflessi positivi sul fronte yemenita. I militanti filoiraniani — secondo news rilanciate da fonti russe — potrebbero sospendere gli attacchi al naviglio. Sarebbe un risultato positivo, anche se il movimento usa la crisi palestinese per promuovere la propria agenda regionale e dunque cerca di avere sempre un margine di manovra. Ma forse potrebbe avere influenza una pressione di Teheran. Fonti statunitensi hanno «trasmesso» un doppio messaggio. 1. L’Iran ha chiesto alle fazioni amiche in Medio Oriente uno stop agli strike sulle posizioni statunitensi in Siria e Iraq: la notizia già uscita nelle scorse settimane è ribadita da un lungo articolo del New York Times. 2. Da Washington hanno ribadito come pasdaran iraniani e Hezbollah libanesi stiano aiutando gli Houthi nelle incursioni. L’accusa è un modo per richiamare gli ayatollah alle loro responsabilità e frenare le aggressioni al trasporto marittimo (qui tutti gli aggiornamenti sulla guerra).
9. Russia, le carte segrete sulle armi nucleari
editorialista
di fabrizio dragosei

Documenti segreti di dieci anni fa ottenuti dal Financial Times sembrano indicare che la Russia prevedeva la possibilità di ricorrere ad armi nucleari tattiche non solamente in risposta ad un attacco atomico, ma pure in caso di grosse difficoltà del suo esercito. Anche nell’eventualità di un’invasione del suo territorio o della perdita del 20 per cento dei sottomarini armati di missili balistici.

imagePutin con il ministro della Difesa Shoigu

  • I dossier, che soprattutto erano indicazioni per l’esercitazione delle unità militari interessate, sono certamente superati, ma indicano una cosa che gli esperti giudicano assai preoccupante. Al di là delle linee fissate dalla dottrina di Difesa, viene confermata una particolare «disinvoltura» dei vertici russi a ricorrere a qualsiasi strumento ritenuto utile per raggiungere i propri scopi... (qui l’articolo completo).
10. Il funerale di Navalny

«Pensavo che nei dodici giorni trascorsi dalla morte di Aleksei avrei avuto il tempo di preparare questo discorso — ha detto Yulia Navalnaya all’assemblea plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo questa mattina —. Ma prima abbiamo passato una settimana a cercare di avere il corpo e a organizzare il funerale. Poi ho scelto il cimitero e la bara. Il funerale si svolgerà dopodomani e non so ancora se sarà pacifico o se la polizia arresterà coloro che verranno a salutare Aleksei».

imageYulia Navalnaya questa mattina all’Europarlamento

  • «Nella lotta contro Putin avete alleati affidabili: ci sono decine di milioni di russi che sono contro Putin, contro la guerra, contro il male che porta. Non dovete perseguitarli, al contrario, dovete lavorare con loro e con noi».
11. Lo schiavo Ercole che cucinò per Washington (con olio italiano)
editorialista
di matteo persivale

Per molti anni, gli storici pensavano che il quadro che raffigura un uomo di colore vestito da cuoco e esposto al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid fosse il suo ritratto: fu uno dei primi «celebrity chef» della storia Hercules Posey (1747?-1812), responsabile della brigade de cuisine di George Washington che durante gli anni della sua presidenza — la Casa Bianca non esisteva ancora, la capitale era inizialmente New York e poi Philadelphia — creò cene rimaste nella memoria dei partecipanti per la qualità dei piatti e la ricchezza degli ingredienti (il primo presidente e leader rivoluzionario insisteva sull’identità americana della cucina ma amava rifornirsi di olio italiano e vini francesi e portoghesi).

imageIl quadro di Eastman Johnson intitolato «La cucina di Washington a Mount Vernon» è del 1864

  • Il quadro di Madrid, conclusero però gli storici di Mount Vernon, residenza di Washington, non raffigura Posey: non conosciamo il volto di quel grande chef al quale il New York Times ha dedicato un lungo ritratto. Posey, come tutto lo staff domestico di Washington, era uno schiavo, nato in schiavitù e poi fuggito verso la libertà — sia il Times sia il museo di Mount Vernon usano il più anodino vocabolo «auto-emancipato» — ora finalmente i suoi contributi all’alta cucina americana cominciano a emergere dai meandri della storia. «Un piccolo gruppo di storici sta lavorando insieme per ricercare scrupolosamente l’avvincente storia dell’ascesa, della caduta e della definitiva reinvenzione di Posey come uomo libero», spiega il Times.
  • Microstoria? Non esattamente. Kelley Fanto Deetz, autrice di «Bound to the Fire: How Virginia’s Enslaved Cooks Helped Invent American Cuisine» sostiene che «il cibo è una delle espressioni più influenti nella società e nella cultura. Quando si aggiungono le dinamiche di potere della schiavitù e del razzismo, rintracciare queste espressioni diventa una lente d’importanza vitale attraverso la quale comprendere la perseveranza e la creatività degli chef schiavi. È un elemento importante della nostra storia».
12. Come impieghiamo il nostro tempo? Uno studio tedesco dice che...
editorialista
di mara gergolet
corrispondente da Berlino

Ogni dieci anni la Germania fa un grande studio sociale: misura come impieghiamo il tempo. I dati sono usciti stamattina, e andranno analizzati e studiati nei vari capitoli. Ma c’è qualcosa che racconta i nostri cambiamenti meglio del modo in cui usiamo quella straordinaria e misurabile risorsa che è il tempo? Come diceva Borges, «l’uomo, quest’essere fatto di polvere e di tempo...».

  • L’impalcabile ufficio statistico tedesco, in modo meticoloso e prosaico, misura numerosi trend. E dice che il gender gap si assottiglia. Se dieci anni fa le donne dedicavano ai lavori di casa 2 ore, e i maschi 52 minuti, e sempre le donne ai figli 2 ore contro i 50 minuti quotidiani degli uomini, queste differenze — lentamente — diminuiscono. Il dato di oggi dice che le donne fanno 77 minuti «di lavoro non pagato» al giorno in più dei maschi, mentre dieci anni fa era 87. Se vi sembra poco, sappiate che per le donne sono 30 ore settimanali e per gli uomini 21.
  • La misurazione della solitudine: un cittadino su 6 si sente «spesso» solo, e tra i 18 e i 29 anni lo è uno su quattro; così come si sente solo «per la maggior parte del tempo» il 42% dei genitori single. Nello studio c’è una miniera di altri dettagli. Ci siamo abituati tutti a misurare, e rivalutare il tempo in modo preciso. Sbirciamo di continuo il «tempo di utilizzo» sugli smartphone, sperando che i dati siano scesi, promettendoci di fare, almeno oggi, un uso più sensato dello schermo, sotto le 4 ore, o almeno le 5, o almeno le 6. Quello del tempo perduto — proprio mentre le possibilità si allargano in teoria — quello del tempo evaporato, e sparito in niente, mentre veniamo trascinati in tutte le direzioni da mille richieste d’attenzione, è una delle grandi ossessioni e dannazioni del nostro tempo. Se ne discute dalla Silicon valley alle serate milanesi o berlinesi tra amici. Ci promettiamo tutti di recuperare un po’ di ore per riservarle a noi stessi. O come dice Jenny Odell — artista, filosofa di Standford e autrice cult degli ultimi anni — di «non fare niente», che poi sarebbe vivere «oltre l’orologio».
13. Mary Poppins e gli ottentotti
editorialista
di luigi ippolito
corrispondente da Londra

Mary Poppins è razzista? Così sembrano pensarla al Consiglio Britannico per la Classificazione dei Film, che ha appena cambiato le linee-guida per il grande classico del 1964 da «per tutti» a «bambini accompagnati». E qual è il motivo per cui i pargoli devono essere supervisionati mentre si stupiscono alle fantastiche imprese della bambinaia impersonata da Julie Andrews?

  • La parola «ottentotti», che viene pronunciata due volte nel corso della pellicola, in particolare dall’Ammiraglio quando si trova di fronte i due piccoli protagonisti col volto sporco di fuliggine. Perché quel termine, a quanto pare, è datato e offensivo e addirittura ha «il potenziale di esporre i bambini a un linguaggio discriminatorio o a un comportamento che potrebbero trovare stressante o da ripetere senza rendersi conto del suo potenziale di offesa». Se quella parola fosse stata chiaramente condannata, spiegano al Consiglio, sarebbero stati più clementi nella classificazione: ma dato che non è così, la povera Mary Poppins è incorsa nelle ire dei moderni custodi del politicamente corretto. La nuova classificazione è stata emanata in coincidenza con la riprogrammazione di Mary Poppins nei cinema in occasione del 60esimo anniversario: ma stavolta anche con un po’ di zucchero la pillola non va giù.
14. L’estrema destra in Portogallo, Ventura ci riprova con Chega!

(Irene Soave) Ogni candidato dell’estrema destra che tenta di espugnare l’Europa alza di un po’ l’asticella della sospensione d’incredulità richiesta leggendo i sondaggi, e André Ventura, giovane e brillante minaccia dell’ultradestra portoghese col suo partito Chega!, non fa eccezione. Nel suo curriculum politico brilla una mozione presentata a un’assemblea del suo partito, e da lui approvata con entusiasmo, per scrivere una proposta di legge che imponga alle donne che abortiscono di farsi asportare le ovaie. Era il 2020.

  • Quarantun anni, fuoruscito dal Partito socialdemocratico, nel 2019 ha fondato Chega! per partecipare alle europee di giugno, dove non prese abbastanza voti, e alle legislative di ottobre, che invece diedero al suo partito un seggio in Parlamento, riportandoci la destra estrema che non si vedeva in quelle aule dalla fine della dittatura salazarista nel 1974. Un tabù nazionale. Che Ventura mira a infrangere. Nel 2021 si è candidato presidente, e non è arrivato neppure male: terzo, con il 21 per cento. Ora la campagna elettorale si è avviata da pochi giorni, si vota il 10 marzo e i sondaggi mostrano che Ventura, ex commentatore sportivo, può arrivare serenamente al 20 per cento, quota che gli garantirebbe — perlomeno — un ruolo di ago della bilancia.
  • Il governo socialista è caduto a novembre con le indagini a carico del premier Antònio Costa, la cui casa è stata perquisita, come quelle dei due ministri dell’Ambiente e delle Infrastrutture. Il suo braccio destro è stato arrestato, ma Costa non è accusato formalmente di nulla. Tanto basta, però, a togliere fiducia a sinistra e portarla dove sta andando in tutta Europa: a destra. Chega! è un nome che ha un doppio senso, voluto. Significa “Basta!”, con gli immigrati naturalmente, e con gli «zingari», termine di cui spesso André Ventura si è riempito la bocca. Ma anche «Arriviamo!». Le urne del 10 marzo gli attribuiranno un significato più chiaro.
15. Il ritorno in ufficio di Monica Lewinsky

(Irene Soave) Blazer, abiti castigati e look da ufficio, per dire alle consumatrici/elettrici «You have the power». Tu hai il potere. Sembra una testimonial improbabile, per questa campagna, Monica Lewinsky. In un ufficio particolarmente prestigioso, ventotto anni fa, la sua vita cambiò radicalmente per effetto di quello che lei, oggi, a cinquant’anni, sa definire «un bello squilibrio di potere», cioè una relazione sessuale iniziata nel 1996 con il presidente Clinton. Ma che nel 1998 fu solo uno scandalo, il Sex-gate.

  • Bill Clinton rischiò il mandato e la carriera, Monica Lewinsky dovette reinventarsi un’identità. Quasi tre decenni dopo eccola qui, attivista contro il cyberbullismo, «essendone stata praticamente una prima vittima», e in forma smagliante. La campagna del marchio — Reformation, etichetta losangelina specializzata in moda sostenibile — è un invito ad andare a votare, a novembre, reclamando il proprio potere di cambiare le cose e la testimonial Lewinsky sembra sapere quello che dice.
16. Ripristino della natura, l’Europarlamento approva

Nonostante un tentativo della destra — tra Popolari (Ppe), Conservatori (Ecr) e Identità e democrazia (Id) — di sabotarla in extremis, il Parlamento europeo ha approvato la legge sul ripristino della natura con 329 voti a favore e 275 contro. La portata del provvedimento era già stata ridimensionata (ora manca solo l’ok del Consiglio europeo) proprio per l’insistenza del Ppe, conferendo agli Stati membri una certa flessibilità nell’applicazione delle regole.

  • Oltre l’80% degli habitat europei è in cattivo stato: i Paesi dovranno ripristinare il 30% dei loro ecosistemi (come foreste e laghi) entro il 2030; il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. «Un grande giorno per l’Europa», l’ha definito il relatore César Luena.
17. La famiglia italiana liberata dopo due anni nel deserto del Mali

(Fabrizio Caccia) Appena toccato il suolo italiano dopo due anni di assenza forzata, causa rapimento in Mali, Rocco Langone, 66 anni, sua moglie Maria Donata Caivano di 63 e il figlio Giovanni di 44, Testimoni di Geova, si siedono su un divanetto insieme con Antonio Tajani, il ministro degli Esteri, che è andato ad accoglierli all’aeroporto di Ciampino. Sono le 4 di ieri pomeriggio e all’interno della base militare la signora Maria Donata, che malgrado due anni di prigionia ha conservato tutto lo spirito della sua Lucania, rompe il ghiaccio a suo modo con Tajani: «Lo sa ministro, cosa vorrei tanto? Un bel caffè...». (qui l’articolo completo).

Grazie. A domani. Cuntrastamu.

Michele Farina


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