Governo, la prova dei conti: tensione sul Def Giorgetti: non ci sarà la manovra correttiva
Roma - Arriva il Def e infiamma lo scontro politico. Per il governo presentare stamattina in Consiglio dei ministri un documento di economia e finanza «snello e assai asciutto» è l’unica scelta possibile, perché le nuove regole del patto di Stabilità Ue impongono, come dicono a Palazzo Chigi, «nuove tempistiche». Per le opposizioni invece la mossa di Giorgetti e Meloni di rendere note le cifre tendenziali dei conti pubblici, rinviando il quadro programmatico, è un «bluff» che preluderebbe a una manovra economica tutta «tagli e sacrifici».
Le previsioni su deficit e debito
Il documento con le previsioni su deficit e debito è una prova decisiva e il governo ci arriva con la zavorra del Superbonus, già costato allo Stato 122 miliardi. «Una eredità pesantissima per i conti pubblici e quindi per tutti gli italiani», chiede indulgenza Giancarlo Giorgetti, consapevole che negli anni gli esecutivi dovranno «farsi carico di pagare questo debito che è stato fatto».
«Una manovra correttiva? No»
Eppure il ministro dell’Economia, interpellato a Trieste, esclude per ora l’ipotesi di aggiustamenti in corsa: «Una manovra correttiva? No. Vogliamo rispettare esattamente gli obiettivi della Nadef presentata in autunno, per una questione di credibilità». Eppure, a voler soppesare le parole del ministro, futuri rattoppi non sembrano del tutto esclusi: «Se c’è qualcosa da correggere la correggeremo, ma sostanzialmente siamo in linea».
Le stime del sottosegretario Federico Freni
Dalle stime del sottosegretario Federico Freni il debito è in aumento rispetto al 137,3% del 2023, ma dovrebbe restare sotto il 140%. La crescita dovrebbe avvicinarsi all’1%, in ribasso rispetto alle previsioni autunnali dell’1,2%. È la prima volta che si lavora a un Def «monco», senza gli obiettivi programmatici su deficit e debito e senza l’impatto e i numeri delle misure che il governo ha in cantiere in vista della manovra. Un documento con il solo quadro tendenziale è per il Pd «un pessimo segnale», che preluderebbe a un’impennata delle tasse e sarebbe, come accusa la ex viceministra Cecilia Guerra, «semplicemente contro la legge». E Angelo Bonelli denuncia la «grave irresponsabilità del governo».
Il vertice di venerdì
Nel vertice di venerdì con Meloni, Giorgetti e Mantovano si è in sostanza deciso di prendere tempo e rimandare la tessitura della strategia di politica economica. A sera Palazzo Chigi fa informalmente sapere che il governo non darà numeri «gonfiati, né troppo impostati alla prudenza», ma solo «realistici», che terranno conto della «congiuntura internazionale volatile» determinata dai conflitti. Quasi un mettere le mani avanti rispetto alla possibilità, a dir poco remota, di spendere 20 miliardi anche il prossimo anno per tagli all’Irpef e al cuneo fiscale.
Con il nuovo patto di Stabilità il Piano fiscale-strutturale di medio termine va presentato entro il 30 aprile, ma poiché questo è un anno di transizione il piano dovrà arrivare alla commissione Ue entro il 20 settembre. Ed è in quel documento che il governo «fornirà tutti gli elementi utili alla costruzione della nuova manovra». E oggi in Cdm arrivano anche le nuove regole sulle tasse di successione e sulle imposte di bollo.
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