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A Rafah senza via d’uscita: «Davanti un muro, dietro i tank»
Hanno bombardato? �Riuscite a farci uscire? Siamo in sei: io, mia moglie e i miei quattro figli�. Di dove siete? �Potete parlare con il vostro ministro degli Esteri e dirgli di portarci fuori?�.
Abed Zagout, 38 anni, fotografo di Gaz a, prima di raccontare, chiede aiuto. Benjamin Netanyahu ha rifiutato l’accordo di tregua con Hamas e ha dichiarato di voler avanzare proprio su Rafah, l’ultima citt� a Sud, a ridosso del muro che divide la Striscia dall’Egitto. �Siamo di Khan Younis, da due mesi viviamo in un una tenda. Ci avevano detto di fuggire qui perch� era un posto sicuro, l’unico luogo che non avrebbero bombardato�. E invece no. Anche l’ultimo �recinto di pace� rimasto a Gaza potrebbe diventare terreno di scontri delle truppe di Netanyahu impegnate a stanare i miliziani di Hamas. Ieri, in un bombardamento sono stati uccisi sedici palestinesi. �Potete fare qualcosa per noi?�, continua Zagout.
Lasciare Gaza � quasi impossibile senza doppio passaporto, l’unico altro modo per farlo � quello di pagare tangenti — spesso in contanti — ai cosiddetti �intermediari� che gestiscono il proficuo traffico delle uscite: il prezzo medio va dai cinque ai dieci mila dollari a persona.
Rafah � una distesa sterminata di tende, diventata casa per oltre un milione e mezzo di gazawi in cerca di rifugio. Ci sono quelle bianche delle Ong, e poi ci sono quelle colorate, sgangherate, che stanno in piedi grazie a dei bastoni ricavati dai rami degli alberi e dei cartoni malridotti. Zagout vive in una tenda colorata, costruita da lui. �Volete sapere che cosa succede a Rafah?�. Fa partire una videochiamata. La connessione va e viene ma quando riusciamo a collegarci veniamo catapultati su un altro pianeta. C’� il sole ma deve fare freddo. Le persone indossano sciarpe e giubbotti. Ci sono decine di uomini e donne che si muovono in uno spazio molto piccolo. Camminano freneticamente, urlano, stendono panni, cucinano all’aperto su fuochi che sembrano improvvisati. Ci sono bambini ovunque. Si sentono pianti in lontananza. C’� molta confusione che dallo schermo dello smartphone assomiglia a panico. �Siamo quasi due milioni di persone accatastate in un posto che in tempi di pace ne ospita poco pi� di centomila. In effetti oggi c’� pi� smarrimento del solito. Abbiamo paura di vedere arrivare da lontano i tank israeliani�. Sono abituati ai bombardamenti tutt’intorno, ma pensare di diventare il prossimo obiettivo di Netanyahu � un altro livello di terrore. Un amico di Zagout gli sfila il telefono dalle mani: �Se succede dove scappiamo? Dopo la mia fottuta tenda c’� un muro sempre pi� alto. Non possiamo tornare a casa perch� non ne abbiamo pi� una, non abbiamo pi� parenti. Saremo le prossime vittime�.
Mentre questi uomini disperarti chiedono aiuto, l’Egitto mette in chiaro: �Se Israele espande le operazioni a Rafah, non permetteremo un esodo di massa�. Gli ultimi degli ultimi, pigiati nell’ultimo fazzoletto di terra disponibile, si sentono senza via d’uscita e hanno domande che a guardare gli occhi di Zagout diventano ovvie: �Perch� non venite a liberarci? Perch� non chiedete il cessate il fuoco? I miei figli si addormentano piangendo dalla fame. Non vanno a scuola, non giocano pi�. Non pensavo che avrei vissuto questo dolore�.
Medici Senza Frontiere racconta che la popolazione a Rafah fatica a trovare acqua pulita per bere, cucinare o lavarsi. Tutti si ammalano di influenza, diarrea, malattie della pelle. Anche la moglie di Zagout non sta bene: �Seguitemi�, dice lui. Ci fa �entrare� nella sua tenda dove si trova la giovane sposa con un cappello di lana in testa. � un luogo buio, c’� un materasso a terra e dei sacchetti di plastica in un angolo. La ragazza tossisce. �Benvenuti nella mia cucina�, dice ridendo. Parla inglese meglio del marito: �Siamo disperati, voi potete tirarci fuori da qui?�.
Abed Zagout, 38 anni, fotografo di Gaz a, prima di raccontare, chiede aiuto. Benjamin Netanyahu ha rifiutato l’accordo di tregua con Hamas e ha dichiarato di voler avanzare proprio su Rafah, l’ultima citt� a Sud, a ridosso del muro che divide la Striscia dall’Egitto. �Siamo di Khan Younis, da due mesi viviamo in un una tenda. Ci avevano detto di fuggire qui perch� era un posto sicuro, l’unico luogo che non avrebbero bombardato�. E invece no. Anche l’ultimo �recinto di pace� rimasto a Gaza potrebbe diventare terreno di scontri delle truppe di Netanyahu impegnate a stanare i miliziani di Hamas. Ieri, in un bombardamento sono stati uccisi sedici palestinesi. �Potete fare qualcosa per noi?�, continua Zagout.
Lasciare Gaza � quasi impossibile senza doppio passaporto, l’unico altro modo per farlo � quello di pagare tangenti — spesso in contanti — ai cosiddetti �intermediari� che gestiscono il proficuo traffico delle uscite: il prezzo medio va dai cinque ai dieci mila dollari a persona.
Rafah � una distesa sterminata di tende, diventata casa per oltre un milione e mezzo di gazawi in cerca di rifugio. Ci sono quelle bianche delle Ong, e poi ci sono quelle colorate, sgangherate, che stanno in piedi grazie a dei bastoni ricavati dai rami degli alberi e dei cartoni malridotti. Zagout vive in una tenda colorata, costruita da lui. �Volete sapere che cosa succede a Rafah?�. Fa partire una videochiamata. La connessione va e viene ma quando riusciamo a collegarci veniamo catapultati su un altro pianeta. C’� il sole ma deve fare freddo. Le persone indossano sciarpe e giubbotti. Ci sono decine di uomini e donne che si muovono in uno spazio molto piccolo. Camminano freneticamente, urlano, stendono panni, cucinano all’aperto su fuochi che sembrano improvvisati. Ci sono bambini ovunque. Si sentono pianti in lontananza. C’� molta confusione che dallo schermo dello smartphone assomiglia a panico. �Siamo quasi due milioni di persone accatastate in un posto che in tempi di pace ne ospita poco pi� di centomila. In effetti oggi c’� pi� smarrimento del solito. Abbiamo paura di vedere arrivare da lontano i tank israeliani�. Sono abituati ai bombardamenti tutt’intorno, ma pensare di diventare il prossimo obiettivo di Netanyahu � un altro livello di terrore. Un amico di Zagout gli sfila il telefono dalle mani: �Se succede dove scappiamo? Dopo la mia fottuta tenda c’� un muro sempre pi� alto. Non possiamo tornare a casa perch� non ne abbiamo pi� una, non abbiamo pi� parenti. Saremo le prossime vittime�.
Mentre questi uomini disperarti chiedono aiuto, l’Egitto mette in chiaro: �Se Israele espande le operazioni a Rafah, non permetteremo un esodo di massa�. Gli ultimi degli ultimi, pigiati nell’ultimo fazzoletto di terra disponibile, si sentono senza via d’uscita e hanno domande che a guardare gli occhi di Zagout diventano ovvie: �Perch� non venite a liberarci? Perch� non chiedete il cessate il fuoco? I miei figli si addormentano piangendo dalla fame. Non vanno a scuola, non giocano pi�. Non pensavo che avrei vissuto questo dolore�.
Medici Senza Frontiere racconta che la popolazione a Rafah fatica a trovare acqua pulita per bere, cucinare o lavarsi. Tutti si ammalano di influenza, diarrea, malattie della pelle. Anche la moglie di Zagout non sta bene: �Seguitemi�, dice lui. Ci fa �entrare� nella sua tenda dove si trova la giovane sposa con un cappello di lana in testa. � un luogo buio, c’� un materasso a terra e dei sacchetti di plastica in un angolo. La ragazza tossisce. �Benvenuti nella mia cucina�, dice ridendo. Parla inglese meglio del marito: �Siamo disperati, voi potete tirarci fuori da qui?�.