Dove investono i giovani fra 18 e 34 anni? Piani di accumulo, Etf e sostenibilità
di Redazione Economia
E se gli alberi avessero una voce? Allora sarebbe possibile evitare tragedie come quelle della xylella che ha sterminato nel 2020 gli uliveti di Puglia, causando un danno da 1,6 miliardi di euro. Sarebbe possibile, anche, aumentare la produttività delle coltivazioni, riducendo a zero lo spreco di acqua e limitando l’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti. Perché se potessero parlare le piante direbbero subito a chi le coltiva che c’è un problema e il problema potrebbe essere risolto. È per dare il dono della parola alle piante che nasce, lo scorso ottobre, Plantvoice, startup fondata da Matteo Beccatelli, un chimico trentenne con esperienza negli Stati Uniti, e Tommaso Beccatelli, tecnico elettronico ed imprenditore agricolo, che hanno scelto di rimette le mani nella terra per conservare un territorio. Il territorio è l’Alto Adige: l’azienda ha la sua sede nel NOI Techpark Südtirol/Alto Adige, il parco scientifico e tecnologico della Provincia autonoma di Bolzano che ospita 3 Istituti di ricerca, 4 Facoltà della Libera Università di Bolzano, 45 laboratori scientifici, 90 fra aziende e start-up e diverse altre istituzioni italiane e straniere, tutte impegnate in attività di ricerca e sviluppo. Beccatelli è il simbolo del nuovo imprenditore innovatore italiano, che usa le tecnologie più disruptive per ridare slancio a settori basati su logiche iper-tradizionali che però oggi non funzionano più.
di Redazione Economia
«Si parla della necessità di normare eticamente l’A.I. – dice Beccatelli al Corriere della Sera – io direi che dovremmo parlare di più anche degli usi virtuosi che se ne può fare: uno è senz’altro ottimizzare l’agricoltura. I pesticidi hanno impatti su ambiente e salute umana, i fertilizzanti hanno effetti in termini di impoverimento del territorio: noi abbiamo creato un dispositivo, della dimensione e della forma di uno stuzzicadenti, che rende possibile ridurne l’utilizzo». Il dispositivo, un sensore in un supporto fitocompatibile, si inserisce nel tronco e funziona come una sentinella che legge i parametri vitali dell’albero e aiuta chi lo coltiva a prevedere e prevenire le malattie, a valutare le precise quantità di acqua e fertilizzanti che servono, ad aumentare la produttività con costi e chimica ridotti all’osso. Una volta captati i dati, il sensore li invia in cloud a un software di AI che li analizza.
Plantvoice, inoltre, è nativamente integrato nel software EsgMax, grazie ad una partnership strategica avviata con la startup milanese fondata da Massimo Ferri e Startup Bakery che ha sviluppato una piattaforma volta ad agevolare la raccolta dati e la redazione del bilancio di sostenibilità Esg, anche per le Pmi. Sistemi diversi per il monitoraggio dei campi esistevano già. Ma questo si distingue da tutti gli altri perché effettua il monitoraggio, con AI e sensoristica integrata, direttamente nel fusto della singola pianta. «La differenza è sostanziale – spiega Beccatelli – Le tecnologie esistenti sono in grado di dire se l’ambiente è adatto a una determinata coltura, la nostra sa se la singola pianta sta bene. Può succedere che l’ambiente sia corretto ma arrivi un fungo: di cui ci si accorge solo se la foglia ingiallisce, ma a quel punto per la cura può essere tardi. Far parlare la pianta permette di capire dove e quando intervenire, spesso ai primi sintomi in caso di malattia, e di farlo con precisione chirurgica».
di Alice Scaglioni
Tecnicamente il campo viene diviso in rettangoli: ogni sonda monitora circa un ettaro. Laddove arrivi un problema di infestazione, Plantvoice lo rileva immediatamente e tratta solo la parte relativa. «Con un sistema del genere la xylella in Puglia non si sarebbe potuta estendere distruggendo gli ulivi: avremmo visto un elettrocardiogramma in tempo reale della pianta e saremmo intervenuti al primo accenno di infezione, arginandola. In generale ogni volta che interviene un fenomeno esterno, per esempio cambia la temperatura o l’umidità, la pianta lo rileva e riceviamo un alert».
Un’altra grande novità è la capacità di analizzare non solo quanta linfa passa nella pianta (abilità già presente in altre soluzioni, comunque molto più costose) ma anche la sua composizione. «In questo modo siamo in grado di rilevare se sono necessari fertilizzanti solo in una zona e usarli solo là», continua Beccatelli. E dunque in condizioni normali, aumentare, a costi inferiori, la produttività dei campi. Secondo i calcoli che la stessa startup ha realizzato direttamente sui campi dove i dispositivi sono all’operaPlantvoice consente di aumentare la produttività dal 10 al 20% con un risparmio fino al 40% di acqua e lo fa «prevenendo le malattie e massimizziamo la produzione o anche evitando lavorazioni meccaniche di sostituzione delle piante che muoiono nel campo. In termini di fertilizzanti si risparmia dal 5 al 10% e fino al 15% per quanto riguarda gli insetticidi».
di Redazione Economia
«Plantvoice nasce dall’osservazione dei due principali problemi in agricoltura – dice Beccatelli – il consumo idrico, il 70% di quello mondiale dipende dall’agricoltura, e lo sfruttamento del suolo. Sappiamo che nel 2050 un’ulteriore area come il Brasile sarà coltivata ex novo per soddisfare la crescente richiesta di cibo da parte di una popolazione che allora sarà di 10 miliardi di persone. Problema aggravato dal fatto che siccità e infestazioni sottraggono alimenti a 3 milioni di persone all‘anno. Io avevo in mente di risolvere questi problemi. E ho iniziato con uno strumento che non invade la natura, non la modifica, cerca solo di gestire al meglio tutte le risorse. È la strada maestra, l’unica che abbiamo: nel nostro piccolo stiamo salvando il pianeta».
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